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Non si può far finta che Israele non pratichi l’apartheid

di Lawrence Davidson - 25/03/2017

Non si può far finta che Israele non pratichi l’apartheid

Fonte: SakerItalia

Senza dubbio Israele pratica l’apartheid contro i Palestinesi, ai quali vengono ampiamente negati i diritti umani, ma il peso politico di Israele è tale che negli USA e nelle Nazioni Unite la realtà deve essere negata, come spiega Lawrence Davidson.

Il 15 marzo, la Commissione Economica e Sociale per l’Asia Occidentale delle Nazioni Unite (ESCWA) ha pubblicato un rapporto [in Inglese] sulle pratiche israeliane e le politiche nei confronti dei Palestinesi. Utilizzando il diritto internazionale [in Inglese] come criterio di confronto, il rapporto è arrivato alla “conclusione definitiva” che “Israele è colpevole di pratiche di Apartheid” [in Inglese].

Una sezione della barriera eretta dagli Israeliani per impedire il passaggio dei Palestinesi con un graffito che cita la famosa frase del Presidente John F. Kennedy davanti al Muro di Berlino, “Ich bin ein berliner”. (Foto di Marc Venezia).

Il termine Apartheid non è stato utilizzato nel rapporto solo in modo “peggiorativo”. È stato utilizzato per descrivere un fatto basato sulle prove e secondo il significato giuridico accettato del termine.

Tale è stato il clamore immediato da parte degli Stati Uniti e Israele, che il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres, dimostrando un totale fallimento morale, ha ordinato il ritiro del rapporto. Il capo dell’ESCWA, la diplomatica giordana Rima Khalaf, ha deciso che, in tutta coscienza, non poteva farlo, ed  ha rassegnato le dimissioni [in Inglese].

La copertura iniziale dell’incidente ad opera del New York Times ha prestato poca attenzione alla precisione del rapporto, un approccio che, se perseguito, avrebbe perlomeno informato i lettori delle reali condizioni dei Palestinesi sotto il governo israeliano. Invece ha definito il rapporto, e coloro che sono coinvolti nella sua compilazione, discutibili.

Per esempio, il NYT ci ha detto che “il rapporto ha provocato l’indignazione di Israele e degli Stati Uniti”. L’Ambasciatrice degli Stati Uniti alle Nazioni Unite, Nikki R. Haley, avrebbe dichiarato che, “quando qualcuno pubblica una relazione falsa e diffamatoria nel nome delle Nazioni Unite, è opportuno che questa persona dia le dimissioni”. In nessun punto della storia il NYT ha fatto notare che le accuse di falsità del rapporto della Signora Haley erano false a loro volta. Gli altri servizi [in Inglese] del New York Times sono stati solo leggermente migliori.

Il NYT ha posto l’attenzione sul fatto che, tra di gli autori del rapporto, c’era l’ex ricercatore sui diritti umani delle Nazioni Unita Richard Falk [in Inglese]. Falk ha trascorso sei anni come Relatore Speciale delle Nazioni Unite per i Territori Occupati. Secondo il NYT, la sua presenza “ha irritato molti sostenitori di Israele, che lo considerano un antisemita”. C’è qualcosa di inquietante nel fatto che un giornale che pretende di rappresentare l’epitome del giornalismo professionale riporti insulti del genere senza valutarli in modo adeguato.

Richard Falk, che è Ebreo, ha un registro impeccabile di successi sia accademici che politici. La sua reputazione di onestà e dedizione alla causa dei diritti umani esemplifica la migliore pratica dei valori Ebraici. Perciò egli ha tutto il diritto di dire: “Sono stato diffamato da questo sforzo di screditare il rapporto” – uno studio che “fa del suo meglio per osservare le prove e analizzare la legge applicabile in modo professionale”.

Il comportamento di Israele

Una considerazione obiettiva del comportamento di Israele rende difficile sfuggire alla brutale realtà delle sue pratiche, ufficialmente condonate.

Il Presidente Donald Trump e il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu alla conferenza stampa congiunta del 15 febbraio 2017. (Foto ufficiale della Casa Bianca).

Il 17 marzo, nello stesso momento del ritiro forzato del rapporto dell’ESCWA, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha pubblicato un rapporto sulle “gravi violazioni contro i bambini palestinesi [in Inglese] che vivono sotto l’occupazione militare israeliana”. Questo rapporto faceva parte dei “rapporti sulla pratica dei diritti umani nei vari paesi” stilati annualmente dal Dipartimento. Tra i problemi citati c’erano le pratiche israeliane della detenzione illegale, delle confessioni estorte e dell’uso eccessivo della forza, comprendente torture e uccisioni.

Di solito, queste relazioni annuali sui diritti umani vengono rese pubbliche dal Segretario di Stato. Quest’anno Rex Tillerson, che detiene attualmente la carica, non si è visto da nessuna parte. E, naturalmente, il presidente Trump non ha rilasciato nessuno dei suoi caratteristici tweet in riferimento al comportamento barbaro di Israele.

In precedenza, l’8 febbraio, è stato riferito che “Israele ha vietato l’entrata nella Striscia di Gaza dei gas necessari per le anestesie” [in Inglese]. Attualmente ci sono circa 200 pazienti di Gaza che necessitano di cure chirurgiche, e alcuni moriranno a causa del divieto di Israele.

Una settimana dopo, il 14 febbraio, è stato riferito che i funzionari israeliani ricattavano i pazienti palestinesi che cercavano il permesso di entrare in Israele per le necessarie cure mediche. Ad un 17enne di Gaza che soffriva di una cardiopatia congenita e aveva bisogno di una sostituzione della valvola cardiaca “è stato esplicitamente detto che al fine di [lasciare la Striscia di Gaza e] avere la sua operazione, avrebbe dovuto collaborare con le forze di sicurezza e diventare una spia israeliana. Si è rifiutato e successivamente è morto. Questa non è una tattica nuova o inusuale per gli Israeliani [in Inglese].

Ricatti ovunque

Il fallimento morale dell’ONU, rappresentato dal ritiro della relazione dell’ESCWA, è il risultato della decisione del Segretario Generale Guterres di accettare un rifiuto della realtà – la realtà che Israele pratica l’apartheid.

D’altra parte, ciò deriva probabilmente anche dall’accettazione di Guterres della realtà della leva finanziaria degli Stati Uniti, insieme alla loro apparente minaccia di mandare in bancarotta le Nazioni Unite [in Inglese]. Questa è, ovviamente, una forma di ricatto. Significativamente, l’uso che fanno gli Stati Uniti del loro potere economico contro l’ONU imita la stessa pratica dalla lobby Sionista nelle sale del Congresso.

Ovviamente le Nazioni Unite, per non parlare dei politici americani, hanno bisogno di fonti di reddito alternative. Mia moglie Janet ha suggerito una volta che all’ONU venga assegnato il diritto di sfruttare e trarre profitto da tutte le risorse sottomarine. Non è una cattiva idea. Allo stesso modo, i politici degli Stati Uniti dovrebbero accettare di, o essere costretti a, fare affidamento su campagne di finanziamento su base governativa piuttosto che essere spinti a mettersi in vendita.

Tuttavia, cambiamenti del genere non sembrano imminente. Allo stato attuale, la realtà in Palestina è quella che affermano gli Americani e gli Israeliani, perché i politici e i leader internazionali letteralmente non possono permettersi di sfidare il loro punto di vista corrotto.

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Articolo di Lawrence Davidson pubblicato su Consortium News il 24 marzo 2017.

Traduzione in Italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.