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Perché l’Europa ha bisogno dell’Est

di Massimo Cacciari - 06/09/2025

Perché l’Europa ha bisogno dell’Est

Fonte: La Stampa

Per intendere il significato di momenti così tragici come quelli che viviamo è forse necessario almeno cercare di staccarsi dal rumore della cronaca quotidiana e dalle grida propagandistiche dei nostri effimeri leader politici. Le nazioni hanno destini che le trascendono – lo storico lo verifica continuamente nel suo lavoro – e il vero politico dovrebbe sempre tenerlo presente. In ogni sua azione, di fronte a ogni decisione da assumere, egli dovrebbe sempre chiedersi: è qualcosa che contraddice la storia, il carattere, lo spirito della mia nazione e perciò qualcosa che rischia di guidarla verso scopi impossibili o contrari ai suoi vitali interessi?
Che gli Stati Uniti operino per mantenere il proprio ruolo primario negli equilibri internazionali non solo è ovvio, ma del tutto corrispondente alla natura di una potenza imperiale, che in tale ruolo si è affermata attraverso due guerre mondiali e una “fredda”, tutte vittoriose. Il problema è: come essere fedeli a questo destino nell’epoca che conosce il crollo della centralità europea, la de-colonizzazione, i più sconvolgenti mutamenti demografici, la crescita di nuove potenze globali? Quel ruolo che la storia assegnava agli Stati Uniti dopo la seconda grande guerra non poteva essere svolto che nel senso della grande potenza federatrice.
Proprio nel senso del progetto di “pace perpetua” di Kant! Essere la guida di un processo di federazione tra gli Stati. Un’egemonia repubblicana e non monarchica! Ogni idea diversa di affermazione della propria leadership non avrebbe potuto durare, e così non è durata. Avrebbe prodotto insicurezza, reso sempre più arduo il compito degli organismi sovra-nazionali, moltiplicato i conflitti locali. Credo che Roosevelt e l’élite politica intorno a lui avessero ben presente questa alternativa. Certo, la “guerra fredda”, la competizione strategica con l’Urss ha radicalmente condizionato la possibile scelta americana per assumere il ruolo di grande Federatore.
La possibilità tuttavia si ripresenta alla caduta del Muro, in condizioni geopolitiche che la renderebbero ancora più necessaria e proprio in difesa degli interessi strategici americani. Come immaginare, alla fine del Millennio, un ordine della Terra se non in termini multipolari? Come sognare che esso possa imporsi da un solo Campidoglio? Ci sarà una Roma? Può darsi – ma sarà soltanto quella che preparerà la pace dopo tante guerre.
Se credo che gli Stati Uniti non abbiano saputo svolgere nell’unico senso che l’epoca rendeva possibile la propria vocazione egemonica, è chiaro che questo discorso vale all’ennesima potenza per la Russia. Il suo destino sta scritto a cubitali lettere di fuoco: la Rus’ (il suo nome, cancellato in Urss) può valere come potenza globale soltanto nella misura in cui è fondamento di un’alleanza, di una grande federazione delle nazioni slave. Altro che espansionismo zarista, altro che “socialismo reale” contrario a tutta la storia di questi popoli!
In Occidente si continua a confondere la Rus’ con la tragica vicenda dei suoi regimi politici. Ma l’inverno russo non era zarista con Napoleone e non era bolscevico con Hitler. Poteva risorgere la Rus’ custode e federatrice dei popoli slavi dopo la caduta del Muro? Troppo tardi? Forse – ma certo non era necessario lavorare alacremente perché accadesse l’opposto: perché al posto di uno pseudo-Impero che si è suicidato si moltiplicassero gli staterelli ultra-nazionalisti. Tutto potranno diventare costoro fuorché araldi di equilibrio e di pace. E l’ultimo passo verso il definitivo, temo, tradimento della missione e degli interessi strategici della Rus’ è stato commesso con l’invasione dell’Ucraina, comunque la tragedia si concluda.
E l’Europa? Quale destino? L’unità economica e monetaria era, dopo le grandi guerre, figlia della necessità più che di decisione politica. Averlo capito è certo un merito della sua élite, ma quell’unità non basterà mai a farne una protagonista sulla scena mondiale. Che cosa, a difesa degli interessi di tutti i suoi Stati, dovrebbe fare l’Europa era ed è dettato dalla geografia! La politica avrà sempre a che fare con Madre Terra, a dispetto dei Musk!
L’Europa esiste se è l’Occidente che attraverso il Mediterraneo guarda alle immani trasformazioni del continente africano, moltiplica relazioni e scambi su basi eque, fa concreta azione di pace nei conflitti tra le etnie che lo compongono. E come sa che il suo futuro è legato alle condizioni sociali e politiche che si determineranno in questo grande Sud, così sa anche che l’altra faccia del suo destino riguarda la relazione con l’Europa dell’Est. Può piacere o meno, ma è verum-factum: l’Europa potrà essere una potenza globale soltanto unendo le sue due storiche dimensioni, abbattendo definitivamente trincee e cortine di ferro che le avevano divise. Ciò vale ovviamente per entrambe.
Non esiste Europa occidentale capace di difendere efficacemente i suoi stessi interessi materiali se non federata alla orientale – e così non esisterà mai più una potenza effettiva della Rus’ contrapposta all’Occidente europeo. Di questo sono state coscienti tutte le più grandi anime europee, del mondo occidentale e di quello slavo, già da prima della grande guerra civile del “secolo breve”. E oggi ciò risulta tanto evidente, quanto lontanissimo, forse ormai impossibile da raggiungere ci appare questo fine. L’effetto di questo fallimento è chiaro a tutti: l’Europa solo occidentale non può che perdere ogni autonomia e ridursi alla sua sponda atlantica, e quella orientale finire schiacciata nello stonatissimo coro delle potenze asiatiche. Un vero europeo dovrebbe piangere nel vedere un leader russo alla corte dell’osceno dittatore della Corea del Nord.
Una leadership autentica può anche trovarsi in frangenti storici nei quali è impotente a svolgere la propria missione. E però è tenuta a conoscerla e a ribadirla nonostante tutte le difficoltà, a operare per riprenderne il filo. È responsabilità gravissima affermare invece, mentendo, di difenderla e con essa i propri interessi quando si procede lungo la direzione opposta. Può essere che a volte ci appaia insperabile realizzare ciò che riconosciamo come il nostro più autentico fine, e con esso una pace che non somigli al deserto, ma a questo proposito vale sempre il detto dell’antico sapiente (qui liberamente tradotto): chi non spera l’insperabile non troverà la via neppure per realizzare ciò che è sperabile.