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Russia, Cina e Iran sono degli Stati-Civiltà. I poteri egemonici occidentali stanno perdendo il confronto con la Storia, ma proprio oggi sono più pericolosi che mai

di Pepe Escobar - 24/05/2024

Russia, Cina e Iran sono degli Stati-Civiltà.  I poteri egemonici occidentali stanno perdendo il confronto con la Storia, ma proprio oggi sono più pericolosi che mai

Fonte: Come Don Chisciotte

Mentre lavoriamo per l’uscita di questa intervista apprendiamo dell’incidente che ha coivolto l’elicottero dove viaggiavano il Presidente iraniano Ebrahim Raisi, il ministro degli Esteri Hossein Amir-Abdollahian ed il governatore dell’Azerbaigian orientale Malek Rahmati. Erano con loro, il generale Mehdi Mousavi ed il leader della preghiera del venerdì di Tabriz Mohammadali Al-Hashem. Tutti hanno perso la vita. Le indagini sono in corso.
Proprio di Raisi e di molto altro, poche ore prima, avevamo parlato in esclusiva col giornalista e analista geopolitico Pepe Escobar, in visita in Italia per la presentazione del suo ultimo libro “I ruggenti anni venti – la politica delle grandi potenze incontra il tecno-feudalesimo”, appena uscito nel Belpaese (Anteo Edizioni, 2024).
Raisi ed il ruolo centrale dell’Iran assieme a Russia e Cina nel blocco che fronteggia il potere globalista angloamericano. Vi proponiamo il testo integrale, arricchito dalla presentazione del libro  – a cura del Prof. Lorenzo Maria Pacini, filosofo ed esperto di geopolitica e relazioni internazionali – tenutasi il 17 maggio scorso a Bologna presso la Casa di Quartiere Villa Paradiso, alla presenza dallo stesso Escobar.
Da dove viene il mondo che stiamo subendo? Ci sono alternative all’impoverimento diffuso e sistematico e alla guerra?
Secondo Escobar stiamo attraversando un tornante della Storia, il più pericoloso. Perché i poteri dominanti in Occidente non accettano il loro tramonto sulla presa del globo e non hanno un piano B, ma soltanto il piano A: che è contro di noi. Ecco perché è importante guardare e capire come si muovono gli Stati – Civiltà, che nella loro diversità puntano ad un mondo multipolare. Cosa significa? Escobar ci aiuterà a scoprirlo.
Cina, Russia, Iran. Conoscerli meglio per provare a decifrare il futuro, perché – piaccia o non piaccia – sarà anche il nostro.

Benvenuto in Italia Sig. Escobar, e grazie per aver accettato questa intervista per ComeDonChisciotte. Andiamo subito al sodo: 1991/2021 – Cosa hanno significato per il mondo e per le società trenta anni di unipolarismo angloamericano?
“Crollata l’Unione Sovietica avevano un progetto chiarissimo ed era il progetto della “nazione indispensabile”, con un mondo di relazioni internazionali completamente unipolare, teoricamente e accademicamente con una nozione mediocre di “Fine della Storia” e il neoliberalismo in stato di esacerbazione totale e una mercificazione totale della vita. Questo è il progetto dagli anni ’90, già dagli anni di Clinton, chiamiamola della “go-go Clinton Era”, una “go go”, una danza, con un personaggio molto popolare e molto seducente, con politiche estremamente vigorose e anti – popolo, soprattutto. Nel mezzo del progetto, nell’inizio del millennio, abbiamo avuto l’11 settembre che – come l’omicidio di Kennedy – è una storia di cui non sapremo mai la verità; quello che sappiamo è che la versione ufficiale è completamente assurda.
Però l’11 settembre, dal punto di vista di una nuova Pearl Harbor era stata pianificata, avevano già il Piano A per tutta la storia, ossia eliminare gli avversari di Israele nell’Ovest dell’Asia, come diceva Paul Wolfowitz all’epoca: “siamo la nuova OPEC”. Il che significava arrivare a controllare il petrolio del Golfo Persico e dell’Ovest dell’Asia, non avendo di fatto altri competitor. Perché Russia e Cina, al tempo, erano indietro.
All’inizio del millennio Pechino procedeva a tassi di sviluppo impressionanti: 10, 12, 14% all’anno; poi l’ingresso nell’Organizzazione Mondiale del Commercio, nel 2001, un po’ prima dell’11 settembre. In Russia, Putin è stato eletto nel 2000. Il suo complicatissimo progetto di sanare l’economia e la società russa era solamente al primo anno.
I Neocon erano il governo americano, ma è più adeguato chiamarlo “regime Cheney”, perché il grande decisore a Washington, all’epoca, era Dick Cheney, non era Bush,  Bush non aveva una visione, nemmeno tattica, per non dire strategica di questo progetto, però Cheney era uno di loro, i Neocon: Paul Wolfowitz, John Bolton, Robert Kagan una specie di grande teorico.
Fin dall’inizio, dopo l’11 settembre, questi soggetti svelarono la loro strategia dal bombardamento dell’Afghanistan nell’ottobre 2001 – me lo ricordo visto che ero lì, eravamo obbligati a passare da Washington – e poi già a novembre al Pentagono stavano discutendo l’invasione dell’Iraq. E a dicembre avevano già preso la decisione: “andiamo a invadere l’Iraq“.
L’Iraq è stato il primo tassello di questo domino.  L’Afghanistan era un pretesto, l’Iraq no. L’Iraq era nella lista: Iraq, Siria, Libia, Somalia e questo è stato già il primo grande errore strategico. Non conoscevano la complessa organizzazione sociale e antropologica dell’Iraq, non immaginavano che si sarebbe creata un’opposizione ad una occupazione americana e questo non l’hanno visto neppure all’inizio, qualche giorno dopo la caduta di Saddam e della sua statua in Piazza Firdos. La prima grande manifestazione a Baghdad fu una manifestazione sunnita e sciita congiunta. Tutti insieme dicevano: “Americans out!”. E questo evidentemente non se lo aspettavano i Neocon di Washington: fin dall’inizio incontrarono un’opposizione popolare civile, ma anche una opposizione militare sunnita e dopo anche sciita.
Quella sciita direttamente dopo il 2004 con l’Ayatollah Ay Aal-Sistani come grande leader. Aal-Sistani disse agli americani: “Se venite qui a cacciare i miei comandanti, io metto 100.000 persone in strada.. così, in un attimo, e sarete cacciati fuori!”. Gli americani capirono che erano stati presi in trappola, dalla resistenza e dalla guerriglia sunnita nel triangolo della morte – come lo chiamavano all’epoca – ossia Ramadi, Falluja e Baghdad e, allo stesso tempo, dalla resistenza sciita.
Si può dire, che il crollo del progetto di dominazione totale, unilaterale, è cominciato già nel 2003/2004, dopo evidentemente qualche altra avventura in Siria, in Libia .. . La Libia è stata un’avventura sostanzialmente della NATO; i tentativi di destabilizzare tutto questo asse incluso Hezbollah in Libano, gli attacchi contro l’Iran, attacchi almeno retorici che erano praticamente quotidiani a quell’epoca, quando Rumsfeld (Sottosegretario alla Difesa sotto Bush jr., ndr) diceva “gli uomini veri vanno a Teheran” e tutto questo era verso il 2005/2006.
Con l’arrivo di Obama hanno ricalibrato il processo. Tutti noi pensavamo che Obama fosse realmente un progressista, un liberale, un antiguerra e uno che potesse condurre un governo diretto verso i bisogni delle masse, delle classi medie americane. No. Il suo primo atto come presidente, ad inizio del 2009, fu: più truppe, più armi, più soldati in Afghanistan. Questo fu il suo primo atto in politica estera. E qualche mese dopo, già nel 2010, un altro ricalibrare: hanno elaborato un concetto chiamato Pivot to Asia, che non è stata un’ idea di Hillary Clinton, ma di un membro del Dipartimento di Stato. E che oggi è ritornato proprio lì: Kurt Campbell. L’ assurdo di questo concetto era il nodo principale di questa Via della Seta americana: l’Afghanistan. Un paese occupato ed in guerra come fulcro dell’Eurasia. Com’era sostenibile una cosa del genere? Per loro era tutto normale, almeno nel 2010/2011.
Nel frattempo, la Russia e la Cina stavano già ad uno stadio superiore in termini di riorganizzazione generale, e – soprattutto in Russia – di sviluppo economico e di forza interna ritrovata: una riforma nell’esercito, migliori salari, minore disoccupazione. Sono gli anni dopo il famoso discorso di Putin a Monaco, nel 2007, quando disse al gotha dell’atlantismo che questa storia del mondo unipolare per noi non va, abbiamo bisogno di sedersi insieme, discutere nuove relazioni internazionali di potere.
Tra il 2013/2014, le Nuove rotte della Seta che sono state lanciate da Xi Jinping ad Astana, in Kazakistan, e dopo a Giakarta: ciò non significa solamente una riorganizzazione commerciale della Cina coi vicini di casa, ma un vero e proprio programma geopolitico; si può dire che la Nuova Via della Seta (BRI) è stata, è – e sarà – la politica estera della Cina per i prossimi decenni.
Gli americani non capiscono niente di questo concetto della Via della Seta, che è un concetto di aggregazione, senza voler imporre i propri valori ai propri partner commerciali; significa fare business con tutti, più stile cinese di questo cosa c’è?
Quindi, senza fare pressioni e senza fare interferenze interne: dai paesi africani ai paesi dell’ Asia centrale, a quelli dell’Ovest dell’Asia ecc.. .
E nel 2014 le solite mosse dall’Impero: Piazza Maidan a Kiev era un qualcosa in gestazione da qualche anno, l’idea originale si può dire sia stata di Brzezinski negli anni ’90: se attacchiamo l’Ucraina e la dividiamo dalla Russia, Mosca mai sarà una grande potenza – e tutti – a Washington – hanno assorbito questo concetto che fondamentalmente è errato, perché – per esempio –  non fa distinzione tra le varie Ucraine esistenti. Brzezinski non prendeva in considerazione le terre della Nuova Russia, dell’est Ucraina, pensava all’Ucraina di Kiev.
I russi, all’epoca, non avevano ancora il potere di fuoco adeguato per andare contro Maidan e tutto il colpo di stato del 2014, avevano bisogno di aspettare le condizioni ideali, non avevano un’economia così forte, come invece lo sarebbe diventata quella del 2022. Obbligati ad aspettare, per otto anni.
In origine, non volevano: alla base del concetto dell’operazione militare speciale, ossia rientrare in Ucraina e rioccupare terre russe.. Putin è un legalitario, non gli piaceva l’idea, è stato forzato, ed è esattamente questo che ha detto a Xi Jinping quando si incontrarono prima dell’operazione militare speciale, quando Putin personalmente disse a Xi: “Mi stanno forzando la mano, sono obbligato a intervenire o ci sarà una blitzkrieg. 10.000 soldati ucraini con le armi della NATO e sarà un bagno di sangue nella Nuova Russia. Non lo posso permettere”.
Xi non è che disse di sì, non disse che era d’accordo con lui, ma comprese la motivazione ed il complicatissimo gioco geopolitico che Putin era obbligato a fare.
Quindi, otto anni per aspettare le condizioni ideali per entrare in Ucraina, con un’idea molto precisa e non un’idea espansiva. L’idea originale era: abbiamo uno Stato nocivo alle nostre frontiere che è contro i nostri valori, che costantemente uccide cittadini russofoni da anni, abbiamo bisogno di un processo di denazificazione e di demilitarizzazione e poi di collocarli vicino alla frontiera con la Polonia, lontano dalla Federazione Russa.
Questa era l’idea originale. I russi c’hanno messo almeno un anno per capire che era assolutamente impossibile realizzarla, perché alla fine non era più un’operazione militare: era una guerra. Una guerra degli Stati Uniti e di tutta la NATO – utilizzando gli ucraini –  contro la Russia e contro anche l’Europa in termini di vassallizzare completamente l’Europa,  e poi contro la Cina perchè è una guerra contro i corridoi commerciali delle Nuove rotte della Seta.
E adesso possiamo dire che ci sarà forse una nuova data per il crollo definitivo del progetto unilaterale, perchè oggi abbiamo uno scontro diretto sul campo di battaglia tra l’esercito Non NATO però NATO, il più potente, contro l’esercito russo. E la NATO sta perdendo.
Tutti sanno che è una questione di tempo, fino a dove i russi vorranno arrivare.. Odessa, la Transnistria.. no no no.. recuperiamo Cherson e Zaporižžja, ma questo lo sa solo Putin.
La differenza, a confronto con l’inizio dell’operazione militare speciale, è che per tutto quello che gli occidentali hanno lanciato contro la Russia, si può dire che il contraccolpo è stato intergalattico: non avevano un piano B, il piano A era sempre lo stesso. Andiamo a cacciare la Russia dallo Swift, facciamo crollare l’economia russa, il nostro super esercito ucraino -NATO va a vincere l’esercito russo, andiamo a isolare la Russia da tutto il pianeta.
Non pensavano al resto del pianeta, stavano pensando all’ Occidente, alla sfera di influenza della NATO.
Ed è evidentemente che il contraccolpo è stato assolutamente enorme e questa è la situazione dove siamo adesso: non hanno ancora un piano B, soltanto attentati terroristici e attacchi a target civili nella Federazione Russa.
Internamente, i russi dominano tutto e dominano il tempo e cosa vogliono fare e l’osservazione, per esempio, del rappresentante russo all’Onu la dice lunga: l’unica cosa che vogliamo negoziare è la modalità della resa, non c’è altro da negoziare e Lavrov che è un gentleman della diplomazia ed il diplomatico più competente del pianeta, già sta dicendo esattamente lo stesso, che è impossibile un dialogo con gli americani.
L’unica cosa che gli americani comprendono è una sconfitta plateale. Non c’è niente da negoziare”.

Pur di non perdere, gli Usa cosa sono e saranno disposti a fare?
“E’ esattamente questo il nostro grande dilemma, è il dilemma di tutto il pianeta. Perchè abbiamo un attore razionale che è l’attore russo, come lo sono gli attori cinesi, come lo sono gli attori iraniani e – dall’altra parte –  abbiamo psicopatici, lunatici, irrazionali di tutti i generi, in tutte queste organizzazioni del sistema di Washington, della Virginia, il complesso industriale militare, l’Accademia, i think tank .. la loro è una visione completamente unilaterale, incapace di ammettere errori tattici e strategici enormi che hanno commesso fin dall’inizio del millennio.
È questo il problema, adesso sono dei leoni che sono circondati e quindi sono molto più pericolosi.  Questo è il vero nostro problema, quello della maggioranza globale, perchè questi leoni possono scatenarsi da un momento all’altro, sono una fazione irrazionale che non ha un calcolo politico, strategico, diplomatico, soprattutto la gente dentro l’amministrazione Biden che ha ancora 6 mesi di potere davanti a sè”.

Un’amministrazione Trump avrebbe, secondo lei, un atteggiamento diverso?
“Con Trump l’atteggiamento sarà diverso, se Trump sarà eletto: avremo una riduzione enorme della pressione e dei pericoli attuali, però si può dire che l’enfasi dell’amministrazione americana passerà dalla Russia alla Cina; non sarà guerriera come l’amministrazione attuale, sarà un gendarme geoeconomico e l’unica tattica e strategia dell’impero sarà lanciare un pacchetto gigantesco di sanzioni contro la Cina, da subito.
I cinesi sono preparati, lo sanno perfettamente che sono loro il prossimo grande target di un probabile governo Trump. E questo giustamente è quello che Putin e Xi hanno discusso pochi giorni fa: sui problemi più grandi del pianeta e dopo, nel finale della notte, hanno avuto un incontro specifico sull’Ucraina e su tutte le conseguenze e gli scenari legati al conflitto in corso. E dal nostro punto di vista di Sud globale, della maggioranza globale, almeno abbiamo due soggetti statuali estremamente razionali, preparati, adulti, che comprendono la difficoltà e la pericolosità del momento storico e la pericolosità della gente che attualmente guida Washington. Trump è un affarista, una speranza per tutti, ma non sappiamo se ciò sarà sufficiente”.

Recentemente gli Usa hanno stanziato ben 95 miliardi di dollari per l’Ucraina (61 miliardi), Israele e Taiwan. Queste sono le linee rosse per fermare il nuovo mondo multipolare. Quindi se il bersaglio grosso è la Cina, si rischia un conflitto verso Taiwan?
“No. Prima di tutto la gente a Washington – soprattutto i think tank – non comprendono il fenomeno Taiwan e non comprendono il legame interdipendente tra Taiwan e la Cina continentale. Queste economie sono completamente interdipendenti a livello tecnologico, a livello di scambi di ingegneri.. parlano la stessa lingua, hanno la stessa cultura, tutto.
La questione fondamentale riguarda evidentemente l’ossessione americana con la loro democrazia ed i cosiddetti diritti umani, che ormai sono soltanto uno slogan.
Si può parlare di democrazia e di diritti umani anche in Cina, però i cinesi hanno una loro versione di democrazia e di diritti umani, ma gli Usa non la rispettano, perché deve essere la democrazia neoliberale occidentale che si deve applicare a tutto il pianeta. E la Russia, o la Cina, o l’Iran che seguono i propri modelli, che implicano anche la partecipazione popolare, non vengono rispettati.
Gli americani non capiscono che, fin dall’inizio, per la leadership cinese – ossia con Deng Xiaoping – da fine ‘70/ inizio ‘80 – il progetto legato a Taiwan è un progetto a lungo termine, una riunificazione pacifica con una data simbolica: 2049.  Non hanno alcuna fretta; potrebbe diventare una grande autonomia come Hong Kong o Macao, ad esempio. A Hong Kong si dice “un paese, due sistemi”. Taiwan magari potrà diventare un paese a tre sistemi. Però, per le grandi decisioni di politica militare e politica estera, le decisioni arriveranno da Pechino e non saranno di Taipei, questa è la differenza. La vita, per la gente che vive a Taiwan, non subirà grandi cambiamenti. Per il complesso militare industriale di Washington è impossibile capire questo processo.
La loro unica ossessione è cosa fare per minare la Cina dall’interno. Creare un problema che di base non esiste. Hanno tentato in Tibet, hanno tentato nello Xinjiang, stanno tentando non solo direttamente con Taiwan, ma anche con le Filippine, cioè con un nuovo vecchio alleato per minare la Cina nel mare del sud, mentre Taipei è vista come il mezzo capace di perturbare una stabilità economica, geoeconomica e geopolitica di Pechino; è solo questo che interessa agli americani ed i cinesi lo sanno benissimo. E sanno anche che la Russia ha poi assolutamente l’idea che esiste una sola Cina. E che il suo principale alleato, il grande alleato della Cina di oggi è la Russia e questo è l’elemento principale in questo 2024, primo anno dell’espansione del BRICS con presidenza dei russi e con la possibilità di ulteriore allargamento dopo il vertice di Kazan del prossimo ottobre. Ci sarà una fila di almeno 40 paesi che vogliono entrare. Si può già dire che nel futuro, le nuove nazioni unite con potere di decisione, con potere di fuoco geoeconomico, saranno i BRICS a 15, 20 o 25 nazioni”.

L’Iran è fondamentale per la costruzione del polo islamico, che però fatica a nascere per il ruolo di Israele nella regione. Come vede oggi la posizione di Teheran e dell’asse della resistenza nel mosaico mediorientale, rispetto al resto del mondo mussulmano?
“E’ esattamente quello che i cinesi ed i russi hanno già capito prima di tutti gli altri: è la ragione principale che ha portato l’Iran a far parte dei BRICS e – allo stesso tempo – anche del voler includere l’Arabia Saudita. E hanno fatto in pochi mesi tutto il percorso. I russi hanno parlato con gli iraniani, poi coi sauditi; hanno messo Iran e sauditi allo stesso tavolo per dialogare e dopo hanno detto ai cinesi: Stanno già parlando insieme, ora pensateci voi.. . Quindi ecco Pechino ed ecco l’accordo, le relazioni diplomatiche e poi.. oggi i due Stati sono già membri del nuovo BRICS.
Tutto questo in meno di un anno: assolutamente straordinario. I soli dotati di questo soft power, ma anche di hard power per riuscire in una operazione così complessa sono i russi ed i cinesi. I russi ed i cinesi insieme: e questo è ancora più importante.
Quando i cinesi hanno iniziato il processo di riavvicinamento delle relazioni diplomatiche tra iraniani e sauditi, gli americani non sapevano niente, lo hanno appreso leggendo i giornali, parliamo dell’intelligence americana. Chiaro, questo ha creato un enorme problema per Mohammad bin Salman, che adesso è un target dell’intelligence Usa.
Il potere dell’Iran deriva da questa amministrazione molto pragmatica di Raisi, molto programmatica, estremamente pragmatica, molto competente, diplomaticamente di altissimo profilo. Ha costruito un’industria bellica estremamente forte e gli americani non si aspettavano che potesse arrivare a questo livello.
Per difendere la sovranità bisogna avere un esercito, questa è la Lezione N.1 della geopolitica. E questi tre paesi hanno tre eserciti fortissimi: Russia, Cina e Iran.
Allora, si può dire che per Russia e Cina – e a diversi livelli – l’Iran è l’attore principale per il mondo islamico.
In Iran c’è un sistema sciita e questo sistema si sta legittimando di fronte a tutte le popolazioni sunnite del pianeta, soprattutto dopo la risposta al recente attacco di Israele al Consolato iraniano a Damasco.
L’organizzazione della risposta iraniana è stata uno spettacolo dal punto di vista militare, diplomatico, dal punto di vista delle tempistiche, tutto.. .
Gli iraniani hanno creato anche un soft power Iran nel mondo islamico, che è un soft power che includono anche le forze di quello che chiamiamo “asse della resistenza”: la fazione palestinese, i siriani, Hashd al-Shaabi e tutte le milizie nell’Iraq, Hasan Nasr Allah e Hezbollah, gli Houthi in Yemen, che sono guardati da tutto il mondo islamico, dalla Nigeria all’Indonesia. Sono valenti, questi sono guerrieri, stanno difendendo i valori dell’Islam. E la leadership di quest’asse è evidentemente una leadership iraniana che è stata realizzata dal generale Soleimani. E ritorniamo sempre all’importanza quasi smisurata del generale Soleimani, perchè lui aveva pensato questa strategia a lungo termine, una strategia per questa decade e anche per il prossimo decennio; tutto questo è stato ideato, diciamo dieci anni fa, cinque anni fa, prima del suo assassinio nel 2020.
È molto interessante vedere la continuità e com’è solida questa idea iraniana di un potere iraniano al più alto livello in tutta l’Eurasia, in tutto il mondo islamico e anche nella maggioranza globale.
L’Iran è rispettatissimo in Africa, in America Latina, nel sud est dell’Asia, non solamente nel mondo islamico.
Soltanto degli Stati – Civiltà sono capaci di tenere e di sviluppare una posizione così complessa su diversi livelli ed adesso siamo fortunati perchè ne abbiamo tre: Russia, Cina e Iran”.

A proposito di sistemi: il modello occidentale è tecnocratico e risponde ai voleri di una manciata di multinazionali. Il modello BRICS in cosa è diverso e quanto pesa la sovranità nazionale dei singoli Stati in questo modello emergente?
“Si può dire che siamo all’inizio di un processo estremamente complesso, un qualcosa che Sergej Lavrov, ministro degli esteri russo, dice praticamente tutte le settimane: prima abbiamo bisogno di accogliere i nuovi membri del BRICS, farli accomodare, sviluppare poi tutte queste organizzazioni multilaterali che funzionano in parallelo con i BRICS, tipo: l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO); tutti i progetti delle Nuove Vie della Seta cinese; l’Unione economica eurasiatica (UEE) che è la terminologia ufficiale russa per l’espansione in tutta l’Eurasia; il Corridoio Internazionale di Trasporto Nord-Sud (INSTC) che è una specie di Nuova rotta della Seta per la Russia, l’Iran e l’India. Una variante della Rotta della Seta indiana usando il porto di Chabahar nel sud dell’Iran.
La sfida è configurare tutte queste organizzazioni multilaterali che devono lavorare insieme, idealmente allo stesso tavolo. È estremamente complicato, ma abbiamo già qualche segnale. Questa settimana Putin ha detto espressamente che ha già parlato della relazione ufficiale dei BRICS con la SCO di Shanghai; si può dire che già nel prossimo anno BRICS e SCO, potranno lavorare molto più vicini rispetto ad oggi, questo è fondamentale. E l’Unione Economica Euroasiatica anche, i due attori principali sono Russia e Kazakistan ed il Kazakistan è pure un membro della SCO.
È una grande scacchiera, un grande puzzle, ed i due principali giocatori sono i russi ed i cinesi, perchè sono i leader dei BRICS, i leader della SCO, i leader della costruzione di un mondo multipolare.
Per esempio, tutta la questione della de dollarizzazione è estremamente complessa. La principale idea sull’alternativa al dollaro è una idea essenzialmente russa che, se verrà approvata dal ministero delle finanze – che sembra peraltro apprezzare – sarà presentata agli altri BRICS nel prossimo giugno; dare inizio quindi ad un sistema di pagamento con questa nuova unità di valore, e questo è un qualcosa che non si pensava possibile fino a qualche mese fa”.

Quindi sarà un sistema di pagamento e non una moneta unica?
“No, non una moneta unica. La moneta unica verrà ad uno stadio molto più avanzato. Questo sarà un sistema che è stato definito come unpolitical money. “Denaro non politico”, per un sistema di pagamento cross border, che attraversa le frontiere: inizialmente coi paesi BRICS e dopo con la possibilità di espanderlo per il resto del Sud globale. E’ un qualcosa che non si pensava sino a qualche mese fa e la velocità nel creare un nuovo concetto, mostrarlo ai principali attori, parlare già coi cinesi..  i cinesi dicono interessante ma abbiamo bisogno di fare qualche test ecc.. . Questo è già straordinario e tutto va in parallelo: il front geopolitico che è sempre la messa a sistema, al più alto livello da Russia e Cina, per poi spiegarlo al resto del Sud globale; quali sono gli interessi e cosa stanno facendo geo economicamente, illustrarlo a tutti gli attori che vogliono un sistema non più dipendente dal dollaro americano. E questo è il fulcro della creazione di un nuovo sistema.
Lezione N.1: non si può fare un nuovo sistema utilizzando la moneta del nemico”.
Pepe Escobar: “Raisi aveva costruito un esercito fortissimo, gli americani non se lo aspettavano”
Pepe Escobar durante la conferenza del 17 maggio scorso

Finanza, Propaganda, Tecnologia e Guerra. Questi gli unici pilastri e la forza nucleare dell’Ovest, che sta rinnegando sé stesso, mentre l’Est ha ormai tutto per vincere la sfida globale: cultura millenaria, demografia, economia reale ed energia. Energia vitale, contro decadenza tecnocratica. Il mondo unipolare per vincere la guerra non si farà certo scrupolo nel provare a mandare al fronte i giovani europei, italiani inclusi. Come finirà?
“I giovani europei non hanno la disciplina dei giovani russi o iraniani e soprattutto il capire cos’è una guerra e per chi vanno a fare una guerra. Immaginate i giovani italiani che oggi vanno a fare una guerra per Ursula von der Leyen: è assolutamente impossibile – e nemmeno per il governo italiano attuale.
I francesi faranno la guerra per Macron? No. Gli inglesi per Sunak? No. Il problema è che questa élite, nella sua cosmica mediocrità, è incapace di vedere non solo la sua stessa mediocrità, ma la mediocrità di ciò che può proporre alle proprie popolazioni: in Italia, in Inghilterra, in Francia.
E’ un problema altamente complesso, antropologico, culturale, educativo.. disaggregazione degli standard di educazione, questa piattaforma di egualitarismo di tutto, dove non c’è competenza, vera meritocrazia; lo spirito critico è visto un po’ come qualcosa di sovversivo; Cancel Culture, Wokerismo, tutto questo è una sorta di “grande pacco”. Ed è il risultato di decenni, già dai primi anni Ottanta in poi, almeno dall’era Clinton e questo è stato trasferito a tutti i grandi paesi europei che l’hanno assorbito direttamente.
La decadenza delle migliori università europee è cominciata almeno trenta anni fa, non ieri. Senza parlare di teorie del complotto, è evidentemente che si può dire che c’è un’agenda estremamente precisa dietro questo “rimbecillimento di massa”, un rimbecillimento che va dal cittadino comune al grande accademico, che è pagato per non dire veramente quello che sta ricercando, quello che sta facendo, però è pagato. E fa parte del grande processo di mercificazione della vita, tutto è merce e questo è il neoliberalismo al suo massimo, al suo picco.
La differenza è che adesso si può comparare tutto questo processo con il crollo della dominazione geopolitica e della dominazione geoeconomica, e della dominazione militare di tutto questo sistema. Ed evidentemente, ritornando al tema affrontato prima: oggi sono molto più pericolosi perchè si vedono persi … non hanno mai un piano B o un piano C, e questo è il nostro problema più grande”.

Pepe Escobar. Giornalista editorialista e analista di politica internazionale di origine brasiliana, si occupa di Eurasia e Sud Globale per numerose testate, in continuo movimento fra Americhe, Europa ed Asia.

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Articolo intervista a cura di Jacopo Brogi, Alessandro Fanetti e Konrad Nobile. Ha collaborato Fabio Bonciani.
Jacopo Brogi. Giornalista pubblicista e documentarista; freelance United Photo Press.
Alessandro Fanetti, studioso di geopolitica e relazioni internazionali, autore del libro Russia: alla ricerca della Potenza perduta (Edizioni Eiffel, 2021)
Konrad Nobile è un giovane studente lavoratore. Attivista e militante su diversi fronti, collabora con ComeDonChisciotte.org.
Fabio Bonciani, economista – Modern Monetary Theory specialist – appassionato alla ricerca della verità.