Siria: niente da festeggiare
di Mario Adinolfi - 09/12/2024
Fonte: Mario Adinolfi
Hanno “liberato” l’Iraq da Saddam nel 2006 e l’Iraq è ancora ad oggi il cuore dell’instabilità mediorientale. Poi Obama e la Clinton si innamorarono delle primavere arabe andando a bombardare la Libia e facendo ammazzare Gheddafi, consegnando quel territorio al caos della guerra tra bande e al dominio della Turchia di Erdogan che è il vero vincitore di 13 anni di guerra in Siria. Ora Biden inneggia alla Siria liberata da Assad e omaggia Hts: “Dice cose giuste”. Dopo oltre mezzo milione di morti e sei milioni di rifugiati siriani, quattro milioni dei quali tenuti proprio in Turchia anche dietro pagamento di miliardi di euro dall’Ue a Erdogan, nell’area del Mediterraneo gli equilibri si sbilanciano tutti a favore del sultano islamista di Istanbul.
L’assaggio è stato l’assalto all’ambasciata italiana a Damasco: “Non è successo niente, si sono solo presi tre macchine e hanno sparato sui muri, ma per festeggiare”, dice Tajani. Chi crede di poter ottenere un mondo migliore dall’espandersi dell’islamismo radicale è folle, nel caos che seguirà domineranno loro e noi subiremo, a partire da un flusso migratorio di profughi che si farà insostenibile. Stiamo provando a proteggerci pagando tutti, dal tunisino Saied alle bande libiche fino alla Turchia. La verità è che siamo circondati e la Siria in mano agli islamisti rischia di essere la tessera del mosaico che può innescare l’effetto domino.
Mai stato un fan di Assad, dedicai ai morti di Homs il mio primo intervento in Parlamento, ma credere ora ai proclami di moderazione di jihadisti in passato seguaci di Al Qaeda e Isis è davvero da ingenui. L’Italia, questa lingua di terra protesa nel cuore del Mediterraneo, è la più immediata frontiera esposta. Guardate la mappa: Tunisia e Libia da una parte, Siria e Turchia dall’altra stringono l’Italia come le due morse di una tenaglia. Oggi per noi non c’è niente da festeggiare e solo da essere molto preoccupati. Invece sfoglio i giornali e leggo solo i commenti entusiasti di Macron, Biden e Kaja Kallas: “È uno sviluppo positivo e atteso da tempo”. In sostanza perché la Siria in mano agli islamisti è una sconfitta di Putin. C’è una bomba a orologeria che è stata appena innescata e i nostri leader non sanno neanche leggerne il timer. Il ministro Tajani è intervistato da Paola Di Caro che sul Corriere della Sera gli chiede: l’Italia è presidente del G7, che linea indica? La risposta è la solita: “Serve un lavoro di squadra”. In sostanza l’Italia non ha una linea, la linea è: speriamo bene.
Una volta l’Italia era la protagonista delle politiche del Mediterraneo, la sua classe di governo si muoveva con un’autonomia sgradita agli americani che determinava però il rispetto da parte di tutti gli interlocutori: Mattei e Andreotti, Moro e Craxi pagarono a caro prezzo quell’autonomia, non è un caso che proprio in Tunisia il leader socialista trovò prima rifugio e poi sepoltura. Ora la linea di Tajani è: state bboni. Hanno sparato sui muri dell’ambasciata di Damasco, hanno violato quello che è territorio italiano e si sono pure rubati le macchine, che dite, sarebbe il caso almeno di alzare la voce e protestare? Ma no, va bene così, so’ ragazzate, i nostri si sono rifugiati nella vicina ambasciata cinese e sono salvi. E i cristiani di Siria ora che fine faranno sotto dominio islamista? Risposta di Tajani: “Ne ho parlato con il ministro turco Fedan, mi ha assicurato il suo impegno”. A posto, ci pensano i turchi, possiamo stare tranquilli. Sembra una barzelletta, ma non fa ridere.