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Ucraina: fine dell’illusione occidentale

di Roberto Iannuzzi - 09/12/2023

Ucraina: fine dell’illusione occidentale

Fonte: Roberto Iannuzzi

Dopo quasi due anni di guerra estenuante, con una controffensiva fallita malgrado i lunghi mesi di preparazione e i miliardi di dollari spesi dagli alleati occidentali, nella capitale ucraina emergono pericolose divisioni ed è palpabile la disillusione.
Kiev si ritrova a cercare disperatamente di richiamare l’attenzione di Stati Uniti ed Europa, focalizzata sul conflitto di Gaza e sulle rispettive grane interne, mentre un lungo e duro inverno attende le decimate truppe ucraine, ormai ridotte sulla difensiva su gran parte del lunghissimo fronte.
Che l’Occidente abbia distolto lo sguardo dall’Ucraina non è un caso. Il conflitto ha infranto gran parte delle illusioni americane ed europee. A cominciare da quella di poter replicare le controffensive ingannevolmente vittoriose che poco più di un anno fa avevano permesso a Kiev di riprendere territori, a Kharkiv nell’est ed a Kherson nel sud del paese.
La “controffensiva di primavera”, poi rimandata all’estate, nelle aspettative era stata descritta come una campagna potenzialmente decisiva contro l’occupazione russa, che ne avrebbe spezzato il corridoio terrestre che unisce il Donbass alla Crimea, addirittura minacciando il controllo russo di quest’ultima.
Lanciata a giugno, tale controffensiva ha invece intaccato solo marginalmente la linea fortificata delle difese russe, al prezzo di enormi perdite per gli ucraini.

Voci inascoltate in Occidente
Un’altra previsione avverata, questa, per quei pochi che in Occidente avevano invocato una soluzione negoziata della crisi avendo correttamente anticipato che la guerra avrebbe avuto per l’Ucraina un costo ben più pesante di un eventuale compromesso con Mosca.
Costoro avevano messo in guardia sugli smisurati costi economici del conflitto, che infatti ha visto il Pil ucraino crollare del 30% già nel primo anno di guerra. L’Ucraina è sopravvissuta solo grazie alle sovvenzioni ed ai prestiti occidentali, che hanno lasciato il paese enormemente indebitato e facile preda delle razzie del grande capitale neoliberista.
I pochi sostenitori della diplomazia, ed alcuni esperti militari, avevano sottolineato che una vittoria ucraina era estremamente improbabile, dato lo squilibrio di forze tra i due paesi. Essi avevano ammonito che l’Ucraina avrebbe pagato un prezzo altissimo, per poi essere costretta a negoziare un accordo con Mosca in condizioni più sfavorevoli rispetto a quelle iniziali.
Queste voci isolate sono state invariabilmente attaccate, accusate di tradimento, tacciate di propagandismo filorusso. L’Ucraina avrebbe vinto, si diceva.
Sconfiggere Mosca sul campo di battaglia
Non solo. Le possibilità di negoziato sono state attivamente e intenzionalmente sabotate nei primi mesi del conflitto, in particolare da inglesi e americani, come un insieme crescente di prove e testimonianze ha ormai indiscutibilmente dimostrato.
L’ultima conferma che un accordo di principio fra Mosca e Kiev era stato raggiunto nel marzo 2022, per poi essere silurato in primo luogo dal premier britannico Boris Johnson, proviene dalle recenti ammissioni del consigliere del presidente ucraino Zelensky, David Arakhamia.
Kiev poteva e doveva puntare ad una vittoria militare, dissero Londra e Washington, che cominciarono ad inviare all’Ucraina massicce quantità di moderne armi occidentali affinché sconfiggesse Mosca sul campo di battaglia.
Fu solo dopo l’offensiva ucraina a Kharkiv e Kherson, e dopo l’attacco al ponte di Kerch che unisce la Crimea alla Russia, nell’ottobre del 2022, che Mosca cominciò a distruggere le infrastrutture ucraine, a partire dalla rete elettrica.
E fu nei mesi successivi che Kiev iniziò a perdere centinaia di soldati al giorno nella disastrosa battaglia di Bakhmut. Malgrado la seguente controffensiva ucraina quest’estate, complessivamente nel 2023 la Russia ha conquistato più territorio di quanto non abbiano fatto le forze di Kiev.
Verso la capitolazione?
L’assenza di successi sul campo, e le ingenti perdite di uomini e mezzi, hanno infine spinto il comandante delle forze armate ucraine, Valery Zaluzhny, ad affermare (in un’intervista all’Economist, all’inizio di novembre) che la guerra era entrata in una fase di stallo.
Ma alcuni esperti militari occidentali si sono spinti (inusualmente) a fare previsioni ancor più negative. Secondo Michael Kofman (senior fellow presso il Carnegie Endowment), non vi è “alcuno stallo durevole sul terreno”, perché “non vi è una chiara parità” fra le due parti.
Guardando al futuro, Kofman prevede che nel 2024 la Russia avrà un vantaggio concreto, seppur non decisivo, per quanto riguarda il munizionamento di artiglieria e la produzione di droni a lungo raggio e missili da crociera. Egli si attende anche che gli attacchi russi alle infrastrutture ucraine di valore strategico saranno più pesanti quest’inverno rispetto al precedente.
George Beebe, esperto di strategia presso il Quincy Institute, sostiene che chi pensa che la guerra sia ormai in uno stallo di lungo periodo commette un grave errore: “Vedono che il fronte non si è spostato in maniera significativa nel corso di quest’anno, e concludono che le due parti siano in una situazione di stallo”.
Ma altri parametri dipingono un quadro diverso: “L’Ucraina sta esaurendo le sue scorte piuttosto limitate di uomini, armi e munizioni, e l’Occidente non può fornirle ciò di cui ha bisogno. Questa non è una formula per una situazione di stallo, ma per un collasso o una capitolazione finale dell'Ucraina”.
Secondo Daniel Davis, esperto militare presso il think tank Defense Priorities ed ex colonnello dell’esercito USA, il tempo continua a giocare contro Kiev. Anche se Biden ottenesse dal Congresso tutti i 60 miliardi di dollari che ha chiesto per l’Ucraina, si tratterebbe di una cifra notevolmente inferiore rispetto all’anno passato.
Sconfitta industriale
Inoltre Washington ha dato a Kiev tutto il materiale bellico in eccesso di cui disponeva. La consegna di ulteriore equipaggiamento andrebbe a intaccare la prontezza militare americana in caso di conflitto.
L’inadeguatezza dell’industria bellica occidentale, in particolare per quanto riguarda la produzione di munizioni, implica che le truppe ucraine non avranno quantitativi sufficienti di proiettili d’artiglieria.
I problemi di Kiev sono stati recentemente aggravati dal dirottamento verso Israele di decine di migliaia di munizioni da 155 mm originariamente destinate all’Ucraina, dopo lo scoppio della guerra a Gaza.
Mosca, al contrario, ha enormemente incrementato la sua produzione di munizioni e droni. La spesa militare russa è destinata a salire sopra i 100 miliardi di dollari il prossimo anno, il livello più alto dall’epoca sovietica. Lo stimolo derivante dai massicci investimenti nel settore della difesa sta sostenendo l’economia russa, controbilanciando l’effetto delle sanzioni occidentali.
Mosca sta sfruttando gli scambi commerciali con paesi terzi per importare le tecnologie occidentali sottoposte a sanzioni di cui i suoi produttori di armi hanno bisogno. La Russia ha anche trovato un modo per aggirare il tetto imposto dall’Occidente al prezzo delle sue esportazioni petrolifere, creando una propria flotta di petroliere che non sono soggette alle limitazioni occidentali.
Risorse occidentali agli sgoccioli
Sul fronte contrapposto, invece, gli stessi aiuti occidentali a Kiev sono a rischio. I paesi membri dell’UE non hanno ancora raggiunto un accordo sul bilancio dell’Unione (che dovrebbe includere 50 miliardi di euro per l’Ucraina), in vista di un vertice che si terrà a Bruxelles il 14 e il 15 dicembre.
Il disaccordo è aggravato dal recente verdetto della Corte costituzionale tedesca che pone fine a un espediente finanziario che aumentava le capacità di spesa del governo di Berlino.
Negli Stati Uniti, la Casa Bianca ha ammonito che entro la fine dell’anno non potrà più dare armi a Kiev se il Congresso non approverà il già citato pacchetto di aiuti da 60 miliardi.
Ma mercoledì scorso, i repubblicani hanno bloccato al Senato la legge di spesa emergenziale che comprende il pacchetto ucraino (e 14 miliardi per il concomitante sforzo bellico di Israele), in segno di protesta contro la mancata inclusione di misure per rafforzare la sicurezza al confine con il Messico di fronte all’attuale afflusso senza precedenti di immigrati clandestini.
Il voto contrario dei repubblicani ha avuto luogo malgrado le straordinarie minacce del segretario alla Difesa Lloyd Austin, secondo il quale una vittoria russa in Ucraina obbligherebbe in futuro le forze USA in Europa a combattere direttamente i russi.
Per tutta risposta, i repubblicani hanno abbandonato la riunione con Austin dopo appena venti minuti, confermando che, sebbene l’oggetto del contendere fosse la lotta all’immigrazione, l’interesse a sostenere l’Ucraina sta scemando sensibilmente all’interno del partito repubblicano.
I problemi del Pentagono a sopportare il duplice sforzo bellico a sostegno dell’Ucraina e di Israele sono poi ulteriormente aggravati dal fatto che il dipartimento della Difesa, così come l’amministrazione nel suo complesso, sta operando sotto una legge di finanziamento provvisoria approvata da Biden a novembre per evitare lo shutdown del governo.
A causa della sua natura provvisoria, tale legge congela la spesa ai livelli dell’anno precedente. Siccome i movimenti di truppe e di armi in Medio Oriente non erano stati preventivati, il Pentagono è stato costretto a sottrarre denaro ai programmi militari esistenti, andando ad incidere sulla prontezza militare statunitense di fronte a crisi future.
Il flusso mensile di aiuti militari USA all’Ucraina dall’inizio del conflitto
Divisioni e rancori a Kiev
Le notizie sul difficile e incerto percorso degli agognati pacchetti di aiuti occidentali sono allarmanti per il governo ucraino, il cui ministero delle finanze ha registrato un deficit di 4 miliardi di dollari a novembre, in continua crescita già nei mesi precedenti.
Ma anche se l’Ucraina ricevesse i soldi promessi dagli alleati occidentali, quello delle armi e dei fondi per far funzionare gli apparati governativi non è l’unico problema che affligge Kiev. Ve n’è uno forse più grave, poiché potenzialmente insolubile, che riguarda la carenza di reclute.
L’ultima draconiana campagna di mobilitazione ha raggiunto solo l’8% degli originari obiettivi di reclutamento. E’ evidente che gli ucraini che sono ancora in grado di combattere (e non ne sono rimasti molti) non vogliono più farlo.
Nel frattempo, divisioni stanno emergendo nel governo, e tra il governo e i vertici militari. Secondo le ultime notizie, i rapporti fra il presidente Zelensky e il comandante dell’esercito Zaluzhny sono ormai pessimi. Al primo non è piaciuta la dichiarazione di quest’ultimo secondo cui la guerra avrebbe raggiunto una fase di stallo.
Zelensky è stato poi accusato di comunicare direttamente con alcuni generali dell’esercito, scavalcando Zaluzhny e mettendo così a rischio la catena di comando delle forze armate.
Intanto i sondaggi indicano che la fiducia nel presidente è crollata al 32%, meno della metà di quella riservata a Zaluzhny, che continua a veleggiare sopra il 70%. Sebbene il comandante dell’esercito al momento non abbia mostrato aperte ambizioni politiche, questi sondaggi indicano che Zelensky potrebbe perdere un’eventuale elezione presidenziale se Zaluzhny si dovesse candidare. Ad ogni modo, per il momento il presidente ha escluso ogni consultazione elettorale adducendo il fatto che il paese si trova sotto la legge marziale.
In questo clima pesante, il governo ha anche accusato l’intelligence a la propaganda russe di voler trarre vantaggio dalle divisioni all’interno degli apparati governativi a Kiev. Secondo tali accuse, Mosca avrebbe attivato le sue cellule dormienti nelle istituzioni ucraine, incluso lo SBU (il servizio segreto interno) per minare l’unità del paese.
La permeabilità degli apparati ucraini è tuttavia conseguenza del fatto che il paese è storicamente tutt’altro che compatto e monolitico, come la propaganda governativa vorrebbe far credere.
Il generale clima di sospetti e accuse incrociate è stato ulteriormente alimentato dal recente episodio di avvelenamento della moglie di Kyrylo Budanov, capo del GUR (l’intelligence militare), a sua volta responsabile di una campagna di omicidi mirati ai danni di esponenti russi ed ucraini in Russia. Vendetta di Mosca o resa dei conti interna?
Scarse prospettive negoziali
Di fronte alla difficile situazione politica, e all’eventualità che quest’inverno l’Ucraina possa non riuscire a difendere adeguatamente il fronte, alcuni politici in Europa, ed in particolare in Germania e Gran Bretagna, comincerebbero a ritenere che l’ambizione di Zelensky di ripristinare i confini internazionali del paese sia irrealistica, e che un cessate il fuoco e un negoziato con Mosca potrebbero invece essere nell’interesse di Kiev.
Voci su una trattativa segreta fra Zaluzhny e il capo di stato maggiore russo Valery Gerasimov sono state diffuse da anonimi responsabili americani, forse appartenenti agli ambienti dell’intelligence, tramite il noto giornalista investigativo Seymour Hersh.
Sull’attendibilità di tali voci c’è da dubitare, sebbene si tratti di segnali indicativi di un possibile mutato atteggiamento da parte di alcuni ambienti politici occidentali. Alla luce dei pessimi rapporti fra Zaluzhny e Zelensky, ogni iniziativa negoziale del primo si scontrerebbe però contro un muro a Kiev.
Inoltre, che l’amministrazione Biden preferisca giungere ad un compromesso con Mosca invece di continuare a cercare di “dissanguare” la Russia nel conflitto ucraino, anche se ciò dovesse andare a scapito di Kiev e della sostenibilità a lungo termine e integrità stessa del paese, è da dimostrare.
Resta poi da capire, qualora USA ed Europa davvero ritengano giunto il momento di dialogare con Mosca, su quali basi il Cremlino potrebbe accettare un negoziato. Sul terreno la situazione è favorevole ai russi, che continuano ad avanzare, soprattutto ad Avdiivka, ma anche attorno a Bakhmut, a Kupyansk, Liman e altrove.
A Kiev qualcuno comincia a temere una possibile offensiva russa su vasta scala, forse in primavera. Questo rischio sembra essere stato riconosciuto dallo stesso Zelensky il quale, con un rimarchevole spostamento verso una postura difensiva, ha invocato la costruzione di strutture fortificate di difesa lungo tutta la linea del fronte.
Un punto chiave che ostacola un possibile negoziato è che i russi non si fidano dell’Occidente, non ritenendolo in grado di rispettare gli accordi stipulati. A fine novembre, il viceministro degli esteri russo Sergey Ryabkov aveva escluso la possibilità di un cessate il fuoco il prossimo anno.
Parlando a margine del vertice dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) a Skopje, nella Macedonia del Nord, il ministro degli esteri Sergei Lavrov ha ribadito di non vedere segnali che il conflitto possa essere risolto diplomaticamente nel breve periodo.
Più recentemente, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov è stato possibilista, affermando che Mosca è ancora disponibile a un dialogo con Kiev. Ma le prospettive negoziali restano scarse.
Dopo il boicottaggio della trattativa russo-ucraina del marzo 2022 da parte dei governi di Washington e Londra, Mosca non considera nessuno dei due come un interlocutore affidabile. E Zelensky è visto dai russi come un fantoccio angloamericano.
Del resto, difficilmente il Cremlino accetterà di convivere con uno stato ucraino ancora in grado di riprendersi, ed eventualmente di riconquistare il Donbass in futuro. Piuttosto, la Russia potrebbe tentare di portare a compimento la trasformazione dell’Ucraina in uno stato semi-fallito, incapace di rappresentare alcuna minaccia per decenni a venire.