Un pubblico confronto sui capi di accusa
di Franco Ferrari - 30/12/2025

Fonte: Franco Ferrari
La lettura del comunicato stampa del Procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo e del Procuratore della Repubblica di Genova in merito ai presunti finanziamenti ad Hamas da parte di 9 palestinesi in esilio in Italia solleva diversi interrogativi.
L'impressione è che si sia di fronte, più che all'individuazione di precisi reati, alla costruzione di un teorema, dal quale fare discendere come conseguenza inevitabile la colpevolezza degli arrestati. Una tendenza, questa delle indagini per "teoremi", che ha spesso contrassegnato una parte della magistratura italiana e che altrettanto spesso ha portato al dissolversi delle accuse nel corso dell'iter processuale.
In peggio, in questo caso, c'è anche il fatto che il "teorema" è costruito sulla "narrazione" del conflitto messa in campo dal governo israeliano, largamente fondata sull'esigenza di giustificare i propri crimini.
Viene data molta enfasi ai presunti 7 milioni di trasferimenti ad Hamas, lasciando in ombra il fatto che questa cifra sarebbe spalmata su 24 anni di attività. Il 2001 è assunto come punto di partenza perché in quell'anno l'Unione Europea elaborò per la prima volta la lista delle "organizzazioni terroristiche" inserendovi Hamas sia come formazione politica che come ala militare.
Ora nella formulazione ripetuta dagli inquirenti si dichiara che i finanziamenti (o per l'esattezza il 71%, ma non si capisce se il 71% dei sette milioni o questi siano già la quota di un ammontare più grande) sarebbero andati "direttamente" ad Hamas o ad associazioni "appartenenti, controllate o comunque collegate ad Hamas". Distinzione rilevante perché se sono andate ad altre associazioni non sono andate "direttamente" ad Hamas.
Come si è stabilito il legame di queste associazioni con Hamas? Molto semplice, perché sono dichiarate tali da Israele. Vedremo se i tribunali italiani avranno la stessa fiducia nelle tesi dello Stato israeliano.
Altro elemento che suscita perplessità riguarda l'accusa di aver destinato questi fondi o parte di loro al sostentamento "dei familiari di persone coinvolte in attentati terroristici ai danni di civili" o "di parenti di detenuti con finalità di terrorismo". È noto, e denunciato da decine di organizzazioni dedite ai diritti umani, che Israele detiene illegittimamente decine di migliaia di palestinesi, considerandoli tutti colpevoli di terrorismo senza formulare accuse precise né sottoponendoli a normale processo. Inoltre Israele usa il criterio della colpa collettiva quindi i parenti dei presunti "terroristi", fossero anche vedove, figli minorenni o genitori anziani vanno considerati come ugualmente colpevoli e puniti. Un atteggiamento che giuridicamente rimanda alla barbarie. Il Procuratore nazionale antimafia e il Procuratore di Genova avallano comportamenti israeliani contrari ai più elementari principi dello Stato di diritto, il che non depone molto a favore della consistenza delle accuse avanzate. E non si sa con quale coerenza rispetto all'idea di giustizia contenuta nella Costituzione italiana.
Ultima perplessità deriva dalla lettura delle associazioni finanziate da una delle associazioni sottoposte all'indagine. La lista è in inglese e traduciamo qualche titolo. C'è la "Casa degli orfani palestinesi", l'"Associazione al Rahma per i bambini", il "Comitato caritatevole di Tulkarem", quello di Jenin, di Qalqilya, di Nablus, di Ramallah, di Hebron, la "Società islamica caritatevole a Hebron", la "Società per la cura degli orfani di Betlemme", tutte zone illegittimamente occupate da Israele.
Però, si aggiunge, alcune di queste "sono accusate di operare sotto il controllo diretto dell'Ala militare di Hamas". Accusate da chi? I due Procuratori non lo scrivono ma possiamo scommettere che le accuse vengano da Israele.
Sarà interessante se tutto questo potrà diventare oggetto di pubblico confronto davanti ad un tribunale italiano.
