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"Le Vite degli Altri" distrutte dalla Stasi e la Storia (dimenticata) rivive in un film

di Claudia Morgoglione - 16/04/2007

Siamo a Berlino est, nel 1984: il capitano Gerd Wiesler (Ulrich Muhe, bravissimo) è un ufficiale della Stasi, freddo, idealista, abilissimo a interrogare sospetti e a farli crollare. Viene contattato da un alto dirigente molto carrierista, il colonnello Anton Grubitz (Ulrich Tukur), che gli dà l'incarico di sorvegliare a tempo pieno lo scrittore e drammaturgo Georg Dreyman, fiore all'occhiello del regime. La cui unica colpa è essere il compagno dell'attrice teatrale Christa-Maria Sieland (Martina Gedeck), donna sensuale, tormentata e dipendente dalle pillole, di cui si è invaghito il ministro della Cultura (Thomas Thieme).

Per Wiesler, almeno in apparenza, un lavoro come un altro. E anche poco interessante, visto che Dreyman è attentissimo a non fare nulla che possa spiacere al regime. Le cose però cambiano quando un suo amico dissidente, il regista Albert Jerska, muore suicida; allora lo scrittore prende coraggio e decide di inviare clandestinamente un suo articolo di denuncia, al di là del Muro. Una scelta che porterà anche l'uomo che spia ogni sua mossa a cambiare atteggiamenti, modi di pensare, certezze. E solo dopo alcuni anni, con la riunificazione della Germania, la verità verrà a galla...

Il tutto in un film cupo, noir, in parte romantico, vista la storia di passione e disperazione che unisce lo scrittore e l'attrice. Girato nei veri luoghi simbolo della Ddr, come l'ex quartier generale della Stasi. Frutto di anni di ricerche, da parte del regista e sceneggiatore. Ricco di particolari realistici, sulla Germania comunista: dalle prostitute di regime, usate per alleviare la solitudine degli ufficiali della Stasi, al modo di condurre gli interrogatori dei sospettati.

E, soprattutto, efficace nel rendere quella atmosfera di sottile paura, di terrore vero anche se sottotraccia, in cui vivevano i cittadini. E che Henckel von Dommersmark, malgrado la giovane età, ricorda bene: "I mie genitori erano entrambi dell'Est - racconta oggi, alla presentazione italiana del film - ma erano andati all'Ovest prima della costruzione del Muro. A volte, però, ci portavano dall'altra parte, a trovare i parenti: ricordo bene la paura che provavamo, ogni volta. E anche l'atteggiamento di chi viveva lì, quel tenere sempre gli occhi bassi".

Il suo, però, non è un film biografico. Ma un tentativo - riuscito - di raccontare quegli anni. Per questo l'autore ha visionato tantissimo materiale, e anche parlato con ex dirigenti della Stasi: "In nessuno di loro - racconta - ho visto il minimo rimorso. Un ufficiale, ad esempio, mi ha detto: 'Era la guerra fredda, e in guerra ci sono altre regole'. Insomma, usava il concetto della guerra come scusante per tutto quello che aveva fatto".

Un atteggiamento di rimozione che, paradossalmente, unisce i carnefici alle vittime. "Per legge, in Germania - racconta ancora il regista - tutti i cittadini dell'ex Ddr hanno diritto a consultare il fascicolo contro di loro della Stasi. Ebbene, solo il 10 per cento ha usato questa possibilità: gli altri preferiscono dire che in fondo allora si stava meno peggio di quanto si dice. Per non parlare dei collaboratori della polizia segreta: erano duecentomila, solo due o tre lo hanno ammesso. Gli altri sostengono che il loro risultare collaboratori era una bugia messa in giro proprio dalla Stasi!".

Tra i pochi che hanno voluto subito vedere il proprio fascicolo c'è l'attore Ulrich Muhe, protagonista e vero eroe del film. Che ha così scoperto di essere stato spiato sia sia dalla moglie, sia da quattro membri della sua compagnia teatrale. Circostanze dolorosissime che spiegano - insieme al talento professionale - la sua straordinaria interpretazione del tormentato capitano Wiesler.

Certo, resta il fatto che, al di là del contesto storico ricostruito così dettagliatamente, Le Vite degli Altri - come ammette il suo stesso autore - "tratta un tema universale: le organizzazioni di potere che violano la nostra privacy. E quello che è successo a voi in Italia, con lo scandalo delle intercettazioni. E che ha spinto Sidney Pollack a chiedere i diritti per il remake del mio film: ambientandolo però nell'America attuale. Quella del Patriot Act".