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Afghanistan, altro che campagna antidroga: il governo afgano aiuta i coltivatori

di Enrico Piovesana - 16/04/2007

In Helmand è cominciata la raccolta dell'oppio, e il governo afgano aiuta i coltivatori
In Afghanistan è iniziata la raccolta dell’oppio. Nella provincia di Helmand – dove si concentrano il 40 percento delle piantagioni di papavero dell’Afghanistan – le eccezionali piogge primaverili lasciano prevedere un raccolto da record, con produttività che raggiungono i 150 chili di oppio a ettaro.
 
Un papavero incisoUn'annata particolare. Questa sovrapproduzione, da una parte sta facendo crollare i prezzi di mercato, scesi dagli oltre 100 dollari al chilo della scorsa stagione a 80-90 dollari. Dall’altra ha fatto aumentare la richiesta di braccianti nei campi, necessari a completare l’inatteso raccolto prima che il caldo secchi i papaveri. A questo va aggiunto un terzo fattore: a differenza dell’anno scorso, ora i talebani controllano gran parte della provincia e in molti distretti i combattimenti e i bombardamenti sono quotidiani. Le tre cose insieme hanno determinato un conflitto economico tra proprietari delle terre e lavoranti stagionali, che quest’anno hanno una maggior forza contrattuale rispetto ai datori di lavoro e che quindi non si accontentano più dei miseri salari degli anni passati.
 
Stagionali al lavoro nei campiLa rivolta degli stagionali. “Gli anni scorsi mendicavamo il lavoro e ci accontentavamo di venire pagati con un decimo, un quindicesimo dell’oppio che raccoglievamo”, dice Abdul Jamil, uno delle migliaia di stagionali provenienti da tutto il paese che in questi giorni hanno invaso Lashkargah. “Ma quest’anno la situazione è capovolta: sono i proprietari delle terre ad avere disperato bisogno delle nostre braccia per non perdere i raccolti. E inoltre dobbiamo rischiare, lavorando in zone controllate dai talebani. Quindi ci siamo uniti e abbiamo chiesto di essere pagati molto di più: abbiamo chiesto la metà del raccolto minacciando di scioperare, ma i padroni hanno protestato con il governatore, hanno chiesto il suo intervento e alla fine ci siamo accordati per un quarto”.
Incredibile ma vero. Le autorità governative che in Occidente crediamo impegnate nella lotta alla piaga dell’oppio, in realtà fungono da intermediari “sindacali” tra coltivatori e raccoglitori per fissare il giusto prezzo della manodopera.
 
Cartellone governativo antidrogaLa mediazione del governo. Domenica 8 aprile – la stessa in cui i talebani hanno sgozzato Ajmal Nashkbandi, l’interprete di Mastrogiacomo – i braccianti hanno minacciato uno sciopero salariale.
I proprietari dei campi, messi alle strette, hanno deciso di chiedere l’aiuto del governo. Un centinaio di coltivatori d’oppio hanno inscenato una manifestazione di protesta nel centro di Lashkargah, davanti al palazzo del governatore, per chiedere che intervenisse nella disputa. “Abbiamo speso tutti i nostri soldi per crescere l’oppio e ora il governo ha il dovere di aiutarci a trattare con i braccianti, sennò rischiamo di perdere i raccolti”, dichiarava quel giorno un proprietario terriero a un giornalista dell’Institute for War and Peace Reporting.
Il governatore di Helmand, Asadullah Wafa, ha immediatamente risposto all’appello, fissando un tetto salariale massimo per gli stagionali a un quinto dell’oppio da essi raccolto. Un compromesso che ha soddisfatto i coltivatori e, a quanto pare, anche i braccianti, tornati al lavoro nei campi.