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Confine libanese. Provocazione o promemoria?

di Naoki Tomasini - 30/04/2007

Hezbollah affigge al confine con Israele le foto dei due militari rapiti la scorsa estate
Giovedì sera un gruppo di miliziani disarmati di Hezbollah, si è presentato al confine con Israele e ha montato un enorme cartellone raffigurante due militari israeliani, rapiti il 12 luglio 2006 e ancora nelle mani del movimento sciita libanese. La cattura di Ehud Goldwasser ed Eldad Regev fece scoppiare la guerra in Libano, che in realtà era programmata da tempo, ma poi dei due non si ebbero più notizie. L'affissione di giovedì non aggiunge nulla di nuovo sulle loro condizioni, perché l'immagine è stata realizzata usando vecchie foto, già apparse sui giornali. Sul cartellone, orientato verso il territorio israeliano, Goldvassser e Regev si guardano l'un l'altro, mentre sullo sfondo sventola il vessillo giallo di Hezbollah.

Truppe Unifil di fronte al cartellonePrigionieri. La scritta sul cartellone, in inglese e arabo, ”per il bene dei nostri prigionieri”, vuole ricordare la trattativa in corso per la liberazione di Goldwasser e Regev, per i quali il movimento sciita ha chiesto il rilascio dei prigionieri libanesi detenuti in Israele. A differenza della trattativa per l'altro militare israeliano, Gilad Shalit, catturato al confine di Gaza lo scorso giugno, dei due soldati prigionieri di Hezbollah non ci sono state notizie. Inizialmente si pensava fossero feriti e forse morti, e questo ha forse contribuito a raffreddare la trattativa. La mossa di Hezbollah è dunque un tentativo di ravvivare il negoziato, ma l'esercito Israeliano ha subito fatto sapere di considerarla una “classica operazione di propaganda nello stile di Hezbollah”.
 
Soldati israeliani al confine con il LibanoGuerra. Dopo la scorsa estate, Israele ha istituito una commissione per valutare gli errori nella gestione di quella che è stata ribattezzata “seconda guerra in Libano”, ma i retroscena della cattura di Goldwasser e Regev rimangono ancora fumosi. A settembre, un ufficiale dell'esercito israeliano, Amir Oren, ha rivelato l'esistenza di rapporti di intelligence che parlavano di un imminente tentativo di rapimento al confine con il Libano, ma a quanto pare quelle informazioni sono state sottovalutate o non sono giunte in tempo a chi poteva impedire la cattura dei due. Più di recente, un altro ufficiale israeliano, Gadi Eisenkott, che dirigeva le operazioni militari durante il conflitto, ha smentito le affermazioni del governo, secondo cui la guerra è stata fatta per salvare Goldwasser e Regev: “Dopo un paio di ore (dal rapimento) -ha dichiarato-, è apparso chiaro che non avremmo potuto salvarli con mezzi militari”. Eisenkott, ha poi rivelato come il vero scopo della guerra fosse colpire Hezbollah, che si stava rinforzando pericolosamente nelle zone di confine. Un obiettivo fallito, che ha portato alle dimissioni del generale Halutz e ha fatto crollare il sostegno popolare nei confronti del premier Olmert.
 
Sconfinamenti. Sempre giovedì, l'esercito libanese ha riferito che una pattuglia di dieci soldati israeliani ha superato la linea del confine tra Israele e Libano, tra i villaggi di Kfarshuba e Chebaa. Uno sconfinamento di un centinaio di metri, subito rientrato per l'intervento dei soldati libanesi, che non hanno sparato un colpo. L'esercito israeliano ha smentito l'incursione e il comando dell'Unifil ha aperto delle indagini per accertare i fatti. Dalla fine del conflitto in Libano, Israele ha violato più volte il territorio del paese dei cedri, specialmente con aerei senza pilota, i droni, che hanno sorvolato a più riprese il territorio provocando l'irritazione anche del comando Onu. Il confine tra Israele e Libano rimane una zona caldissima e i presupposti che hanno fatto scoppiare il conflitto a Luglio sono ancora attuali: in primis il costante rafforzamento di Hezbollah, che ha moltiplicato le pattuglie di miliziani al confine e acquisito ingenti quantitativi di armi. La autorità libanesi ammettono una forte presenza di miliziani al confine, ma sostengono che la loro presenza è discreta e non si vede traccia di armi o equipaggiamenti bellici. Il 25 aprile scorso, per la prima volta dopo la fine del conflitto in Libano, l'amministrazione statunitense ha approvato una nuova vendita di armi a Israele: uno stock di bombe Mk 84 per cacciabombardieri, per rifornire l'arsenale israeliano che era stato svuotato proprio sul territorio libanese. L'esercito israeliano ha anche richiesto agli Usa una fornitura di F22, caccia di nuova generazione che, in teoria, il Pentagono considera non-esportabili. Con o senza questi ultimi, da entrambi i lati del confine paiono esserci tutte le condizioni per un nuovo conflitto che, come il precedente, non porterebbe alla liberazione di alcun prigioniero.