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Somalia a pezzi, ritirata strategica delle Corti

di Siro Asinelli - 01/05/2007


Sembra essere tornata la calma a Mogadiscio dopo nove giorni di intensi combattimenti che hanno causato la morte di centinaia di civili e la fuga di almeno 350mila altre persone verso il sud della Somalia. Le forze fedeli al Governo federale di transizione, coadiuvate dai militari etiopi, sarebbero riuscite a prendere il controllo delle aree settentrionali della capitale somala ove si erano asserragliate le milizie dell’Unione delle Corti Islamiche (UCI) e dei clan contrari al Gft ed all’intervento di Addis Abeba nel conflitto interno.
Durante l’offensiva sferrata venerdì, secondo le stime diffuse dalla “Elman Peace and Human Rights Organisation” e riportate dall’agenzia di stampa MISNA, sarebbero morti 58 civili. Gli scontri armati ripresi lo scorso 17 aprile dopo la rottura di un labile cessate il fuoco tra esercito etiope e milizie anti governative – la maggior parte combattenti fedeli al potente clan Hawiye – sono stati i più cruenti “da 15, 16 anni a questa parte”, ha assicurato John Holmes, vice segretario per gli Affari umanitari delle Nazioni Unite, aggiungendo che nonostante l’apparente calma raggiunta venerdì, la Somalia è attualmente il luogo più pericoloso per gli operatori umanitari. “A Mogadiscio i civili stanno pagando un prezzo intollerabile a causa dell’assenza di dialogo e tra le parti politiche”, ha aggiunto in una nota inviata al Consiglio di Sicurezza il rappresentante del Palazzo di Vetro che ricopre anche il ruolo di coordinatore dell’agenzia per le emergenze delll’Onu.
Sulla situazione umanitaria si è espressa anche l’Unione europea per bocca di Walter Lindner, rappresentante della presidenza di turno tedesca, che in una lettera inviata al governo transitorio ha invitato i suoi rappresentanti a rispettare il dovere di “proteggere tutti i cittadini somali e prendere urgenti e trasparenti misure per contribuire a mettere fine a pratiche inaccettabili ed assicurare alle agenzie di soccorso pieno ed incondizionato accesso ai beni primari di soccorso”. L’appello dell’Ue fa leva alle recenti dichiarazioni dell’Alto commissario per gli Esteri Javier Solana e del commissario allo Sviluppo ed agli Aiuti umanitari, Luis Michel, che in più occasioni hanno chiesto l’immediato cessate il fuoco. Le esortazioni dei rappresentanti europei tradiscono la superficialità sospetta con cui l’Unione ha trattato il riesplodere del conflitto somalo: da una parte si esorta alla fine delle ostilità, dall’altra si è taciuto e si tace sulle interferenze statunitensi sin dagli esordi del conflitto e sulle loro pressioni sul fragile Gft affinché richiedesse il supporto armato di Addis Abeba. Senza dimenticare che l’alto numero di vittime civili è stato causato proprio dall’avanzata dei soldati etiopi, indiscriminata e brutale secondo le tante testimonianze dirette.
Mentre il governo transitorio si affretta a parlare di vittoria militare, il segretario generale delle Nazioni Unite, il sud coreano Ban Ki-moon, è tornato a parlare di un possibile rilancio dell’idea di indire una conferenza di pace, inizialmente prevista per questo mese, rimandata a fine maggio in seguito alla rottura della tregua tra etiopi e clan Hawiye. La realtà è però ben diversa da quella descritta dal primo ministro Gedi ed in pochi, tra gli osservatori internazionali, sono pronti a scommettere sull’efficacia di una possibile tregua. Il portavoce del clan Hawiye, Abdullahi Sheikh Hassan, ha confermato che in piena offensiva delle truppe di Addis Abeba, giovedì scorso, i rappresentanti dei principali clan contrari all’intervento etiope avevano avviato negoziati con la controparte per giungere ad un cessate il fuoco. Venerdì lo stesso Hassan ha confermato che i negoziati sono ancora in corso.
Mentre i clan si muovono alla ricerca di una qualche scappatoia che possa accontentare tutti, l’Unione delle Corti Islamiche non sembra dare segni di reale sconfitta sul terreno dei combattimenti. Piuttosto, come già accaduto tra dicembre e gennaio scorso, i comandanti UCI potrebbero aver optato per una seconda ritirata strategica. Nonostante le principali strade della capitale siano ormai in mano alle autorità di transizione, la tanto declamata sconfitta delle Corti sembra ben lontana dall’essere avvenuta. A Mogadiscio una sacca di resistenza continua a tenere in scacco le forze etiopi nei pressi dell’unico stabilimento Coca-cola presente nel Paese, alla periferia settentrionale della città. “Un gran numero di miliziani è asserragliato dentro la fabbrica e controlla gli isolati adiacenti”, ha confermato Bashir Mohammed Arale, direttore dello stabilimento, in un’intervista telefonica concessa all’agenzia somala Shabelle, mentre scontri a fuoco si sono verificati per tutta la mattinata di venerdì nei pressi dell’aeroporto, sempre a nord.