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Chi inquina paga

di Alessandro Iacuelli - 02/05/2007

Potrebbe essere un'occasione di riscatto, per un Italia sempre in ritardo rispetto al resto d'Europa nel sincronizzare la propria legislazione - spesso antiquata - con l'evolversi della società. Infatti il nostro Paese è tra i primi dell'Unione Europea, insieme a Lettonia e Lituania, ad aver recepito la Direttiva del 2004 sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale. "La prevenzione e la riparazione del danno ambientale", si legge nel testo della direttiva europea, "dovrebbero essere attuate applicando il principio per il quale chi inquina paga". Il principio fondamentale dovrebbe essere quindi che l'operatore la cui attività ha causato un danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno sarà considerato finanziariamente responsabile in modo da indurre gli operatori stessi ad adottare misure e a sviluppare pratiche atte a ridurre al minimo i rischi di danno ambientale.

In realtà il disegno di legge, che si compone di 5 articoli in materia di tutela ambientale e che impegnerà il governo in un riordino della relativa disciplina, non è ancora definitivo: sono in corso modifiche che probabilmente andranno a toccare proprio la parte relativa al danno ambientale. Distruggere un paesaggio, inquinare una falda idrica, seminare rifiuti tossici in Italia non saranno più oggetto di semplici contravvenzioni ma verranno considerati delitti a tutti gli effetti, come auspicato da oltre 10 anni da parte di chi si batte contro le ecomafie del nostro Paese.

L'inquinamento di una falda idrica, ad esempio, oggi punibile con una sanzione che va da 1 a 5 anni, potrà far scattare una condanna che va dai 5 ai 20 anni. L'associazione a delinquere finalizzata a crimini ambientali comporterà fino a 15 anni per chi la dirige. Per la frode in materia ambientale si potrà arrivare a 8 anni di carcere. Da tener presente che nel solo 2005 gli ecoreati commessi sono stati 23.660. Solo una punta d'iceberg, dietro la quale il fatturato delle cosche dell'ecomafia è stato di 9 miliardi di euro circa.
Passando al 2006, gli indagati per reati contro l'ambiente sono stati 426; 108 gli arresti, 12 le misure cautelali. Nei soli primi tre mesi del 2007 gli indagati sono stati 211, 28 gli arresti e 8 le misure cautelari.

Per il momento comunque, possono rilevarsi alcune difformità tra il testo attuale del decreto e quello della direttiva, prima fra tutte la mancata trasposizione dell'articolo 3 della Direttiva che stabilisce i criteri oggettivi di responsabilità per una lunga serie di attività illecite. La nuova direttiva, frutto di discussioni avviate a livello europeo alla fine degli anni '80, è il primo atto legislativo unitario specificamente fondato sul principio ''chi inquina paga'' e, sottolinea la Commissione Europea, permetterà di evitare danni alle risorse ambientali come l'acqua, gli habitat naturali, gli animali, la flora, ma anche contro inquinanti del suolo. La direttiva sulla responsabilità ambientale era stata proposta dalla Commissione nel 2002 e quindi adottata nel 2004 da Parlamento e Consiglio d'Europa. Gli Stati membri avevano tempo fino al 30 aprile 2007 per tradurla nella legislazione nazionale.

"La direttiva - ha dichiarato il commissario Ue all'ambiente, Stavros Dimas - spingerà a prevenire i danni all'ambiente e permetterà ai governi di ottenere una riparazione da chi ha provocato gravi danneggiamenti. Ma devo constatare con preoccupazione che solo tre Stati membri hanno adottato finora questo atto legislativo di rilievo. Se gli altri non seguiranno prima possibile la stessa strada, la Commissione sarà costretta ad avviare una procedura".

Ovviamente il disegno di legge italiano non sarà la panacea a tutti i mali provocati dall'ecomafia, ma costituisce senza alcun dubbio un primo importante passo verso un nuovo principio giuridico, quello che prevede che i reati contro l'ambiente, soprattutto quelli che mettono a rischio la salute dei cittadini, sono reati gravi almeno quanto quelli contro la persona.

Il prossimo passo auspicabile sarebbe quello della creazione di un equivalente dell'articolo 416 bis del Codice Penale, quello relativo all'associazione mafiosa, che permetta di colpire i reati associativi in campo ambientale, poiché con la legislazione attuale è molto difficile provare e punire l'associazione dedita ai reati ambientali. Nella speranza che la Legislatura in corso sappia prendere atto e provvedere, adeguando definitivamente ai tempi la giurisprudenza corrente.