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Afghanistan, la guerra è servita. Decine le vittime civili dell’offensiva Usa a Herat

di Enrico Piovesana - 03/05/2007

Fanno bene Prodi, D’Alema e Parisi a dirsi “preoccupati” per la sicurezza delle truppe italiane schierate nella provincia occidentale di Herat. La violenta offensiva aerea e terrestre scatenata nel fine settimana dalle forze Usa di Enduring Freedom nel settore a comando italiano – iniziativa presa senza nemmeno avvertire i comandi Isaf – ha fatto precipitare la situazione nella regione dove operano i nostri militari, che ora si ritrovano in piena zona di guerra. Con tutto ciò che questo comporta: l’attentato di ieri mattina contro un nostro convoglio a Herat è un segnale chiaro. Le truppe italiane sono un bersaglio ideale per gli attacchi di ritorsione delle forze talebane, che ora – grazie all’azione Usa – possono contare anche a Herat su una simpatia popolare che fino a pochi giorni fa era impensabile.
 
Fantoccio di Bush bruciato a JalalabadAumenta l’odio verso le truppe straniere. L’offensiva Usa scattata venerdì nel distretto di Shindand – che ha visto i bombardieri strategici B-1 sganciare decine di bombe Gbu-31 da una tonnellata – ha infatti ucciso decine di civili, scatenando la rabbia della popolazione locale.
Mohammad Homayoun Azizi, presidente del consiglio provinciale di Herat, ha dichiarato alla stampa che due consiglieri recatisi in visita nelle zone bombardate hanno contato 51 civili uccisi, tra cui 18 bambini e donne, che sono stati seppelliti in tre diverse località della valle di Zerkoh. Dodici delle vittime, secondo quanto riferito da Azizi, appartengono tutte alla famiglia di un tale Jamal Mirzai.
Notizie che hanno infiammato gli animi della gente non solo a Herat, ma anche nell’est del Paese, a Jalalabad, dove nei giorni scorsi ci sono state altre vittime civili di raid Usa e dove i giovani studenti universitari protestano ormai senza sosta da quattro giorni contro la presenza delle truppe Usa con manifestazioni di piazza e blocchi stradali. Proteste ogni giorno più massicce: oggi, dopo la notizia degli almeno 51 civili uccisi a Herat, oltre mille studenti sono scesi per strada bruciando bandiere Usa e manichini di Bush e urlando “Morte a Bush”, Morte a Karzai”.
“Gli Americani devono lasciare l’Afghanistan perché non ci rispettano”, ha detto un giovane. “Perché Bush e Karzai non rispondono degli innocenti uccisi dai soldati americani?”, chiedeva un suo collega. “Hanno invaso il nostro paese, diventandone padroni e facendo di noi i loro servi”, ha detto un altro studente.
 
Soldato Gb tra le rovine di SanginDecine di morti nella battaglia di Sangin. Nel frattempo, nel sud dell’Afghanistan, prosegue l’operazione ‘Achille’, l’offensiva Nato nella provincia di Helmand. Il fronte dei combattimenti negli ultimi giorni è stata la Valle di Sangin, 70 chilometri a nord di Lashkargah. Lunedì, centinaia di truppe aviotrasportate britanniche e danesi, assieme a quelle afgane, hanno ucciso almeno 75 “presunti militanti” nel corso di una battaglia durata dall’alba al tramonto, combattuta tra i campi di papaveri da oppio e le case di fango che punteggiano la vallata. L’offensiva era volta a eliminare le forze talebane che all’inizio di aprile si erano sparse per la campagna dopo aver lasciato, su richiesta dei capi tribù locali, il capoluogo Sangin, ridotto in macerie dai bombardamenti aerei della Nato. Centinaia di famiglie, scappate dalla guerra nelle scorse settimane, stanno ora facendo ritorno alle loro case: molti troveranno però solo delle rovine presidiate dai soldati Nato. Molti tornano per seppellire i loro familiari. “Molti dei morti di lunedì – ha dichiarato alla stampa il maggiore britannico Dominic Biddick – erano gente del posto e la loro morte rischia di suscitare l’ostilità della popolazione locale verso le nostre truppe”. E, poteva aggiungere, la simpatia verso la guerriglia talebana.