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Sarko contro Ségo: lo strabismo di destra e sinistra verso il centro

di Alain de Benoist - 07/05/2007

 

Edunque avremo “Sarko contro Ségo”!

Al termine di una campagna indecisa

fino alla fine (l’11% degli elettori non

aveva ancora fatto la propria scelta alla vigilia

dello scrutinio!), ecco i due candidati che

vi si preparavano da tempo: Nicolas Sarkozy

e Ségolène Royal si affronteranno domani al

secondo turno dell’ elezione presidenziale

francese, sapendo che il primo è considerato

favorito.

Con il 31,1 dei voti, con il 12% di voti in più

rispetto a Chirac nel 2002, Sarkozy ha ottenuto

un successo che non si spiega solo con la

campagna vigorosa che ha condotto, o con lo

spostamento a destra del paesaggio politico

francese, ma soprattutto con il debole punteggio

di Jean-Marie Le Pen.

Il Presidente del Fronte Nazionale, che già

aveva scarse opportunità di accedere al

secondo turno a causa del minore frazionamento

della sinistra, registra in effetti con il

10,5% dei suffragi il suo punteggio peggiore

in una elezione presidenziale. Inoltre perde un

milione di voti rispetto al 2002. Coloro che in

seno al suo partito contestano la “linea” di

sua figlia, Marine Le Pen, spiegheranno questa

sconfitta con i nuovi orientamenti che lei

ha dato al FN. Ma si sbaglierebbero. Paradossalmente,

è alla “lepénizzazione degli spiriti”

che Le Pen deve il suo fiasco. Più abile

di Jacques Chirac, che si era sempre opposto

al benché minimo accostamento al Fronte

Nazionale, Sarkozy non ha esitato a “parlare

come Le Pen” in diverse occasioni, cosa che

gli ha permesso, dopo avergli preso le idee, di

prendergli anche gli elettori. Un sondaggio

pubblicato prima dello scrutinio aveva già

reso noto che il 26% dei simpatizzanti del

Fronte Nazionale, considerando che il 37%

degli impiegati e il 39% dei quadri avevano

votato per Le Pen nel 2002, erano pronti quest’anno

a votare per Sarkozy. In totale, quest’ultimo

ha preso a Le Pen un buon terzo dei

suoi elettori.

Da parte sua l’ estrema sinistra ha riportato

un punteggio pietoso, visto che i sei candidati

raggiungono solo il 10,8% dei voti. Ad eccezione

del trotzkysta Olivier Besancenot, che

ottiene il 4,1% dei voti, nessun altro è riuscito

a raggiungere il 2%. Il Partito Comunista con

l’1,9% e i Verdi con l’1,5% conoscono una

sconfitta che si può definire storica. Tutti si

definiscono vittime del “voto utile” che ha

portato la maggioranza degli elettori di sinistra

(56% secondo i sondaggi) a votare sin

dal primo turno per Ségolène Royal per timore

di vedere assente dal secondo turno un suo

rappresentante, come era accaduto nella precedente

elezione presidenziale.

Per il secondo turno, Sarkozy possiede buone

carte, a cominciare dallo scarto insperato dei

sei punti che lo separano già dalla sua rivale.

Ma, soprattutto, dispone di una riserva di voti

che l’altra non possiede. Infatti possiede una

maggioranza virtuale che deriva dalla somma

dei voti ottenuti nel primo turno (31%), di

quelli della metà degli elettori di Bayrou (9%)

e di circa l’80% dei voti dei lepénisti e dei

sostenitori di Philippe de Villiers (che ha raggiunto

solo il 2,2% dei voti).

Ségolène Royal è molto lontana da questa

posizione. Il 10,8% dei suffragi dell’estrema

sinistra sommati al 25,8% che lei ha ottenuto

non fanno assolutamente una maggioranza. Il

totale dei voti di sinistra è lo stesso del 2002:

circa il 36%. Per raddrizzare la situazione

Royal dovrà ottenere al secondo turno almeno

la metà dei voti di Bayrou ed aggiungervi

ancora quelli di coloro che, sin dall’inizio, si

sono attestati su una posizione: “Tutto, fuorché

Sarkozy”. In effetti Sarkozy polarizza le

passioni e la candidata socialista può sperare

di farcela solo utilizzando la sua candidatura

nel secondo turno come una specie di “referendum

anti-Sarkozy”. In questo senso, questa

elezione segna anche la fine di un’epoca:

quella dell’“unione della sinistra”. Con un

Partito Comunista ridotto allo stato di rovina,

il Partito Socialista non può più sperare di

ritrovare una maggioranza che vada dai

social-democratici all’ estrema sinistra. È

condannato a «centralizzarsi».

François Bayrou, i cui potenziali elettori erano

i meno sicuri della loro scelta, non è riuscito

a qualificarsi al secondo turno. Ma con il

18,5% dei voti e più di 7 milioni di suffragi,

con appena il 6% delle dichiarazioni di voto

all’inizio della sua campagna, ottiene il

miglior punteggio mai realizzato da un centrista

in una elezione presidenziale. Ma si può

senz’altro asserire che, benché assente al

secondo turno, ne sarà sicuramente l’arbitro

nella misura in cui sono i suoi voti che saranno

più decisivi. Nei prossimi giorni, dopo

essere stato indicato a sinistra come uomo di

destra e a destra come uomo di sinistra,

diventerà l’uomo politico più ambito nei due

campi e non eviterà di stare al gioco.

Se il risultato del primo turno non ha generato

sorprese, questa elezione resta per lo meno

atipica per un duplice motivo. Proprio quando

l’astensione non aveva fatto altro che crescere

in questi ultimi anni, si è registrato un tasso di

partecipazione di circa l’85%, mai visto dall’inizio

della V Repubblica, che si spiega senza

dubbio con il fatto che la maggior parte dei

candidati appartiene ad una “nuova generazione”

(ma va ricordato che più la partecipazione

è alta, più gli estremi registrano cattivi

punteggi). D’altra parte, nel momento in cui

tutti i sondaggi confermano una confusione

nella distinzione sinistra-destra e il fatto che

un’ampia maggioranza dei francesi non dà

più fiducia né a destra né a sinistra per risolvere

i suoi problemi, il secondo turno segna

un evidente (ma senza dubbio provvisorio)

ritorno a questo bipolarismo che Francois

Bayrou aveva tentato di superare.

Sarkozy ora cercherà di “riunire il popolo

francese intorno ad un sogno francese”, mentre,

di fronte alla prospettiva di una società

“più dura”, Ségolène Royal farà ricorso più

che mai al ruolo materno, protettore e rassicurante,

cui è affezionata. Rivolgendosi a tutti

i francesi, sia l’ uno che l’altro cercheranno di

mobilitare al di là del proprio ambito politico.

In effetti tutto si giocherà al centro.

(Traduzione di Gertrude Testini)