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Scudo spaziale: i piani di guerra di Washington

di Jean Parvulescu - 08/05/2007



E’ molto strano, e molto inquietante, che nessuno abbia osato, fino a questo momento, trattare il problema gravissimo dell’insediamento accelerato, nell’Europa dell’Est, di un dispositivo americano d’accerchiamento contro-strategico nucleare evidentemente mirato a un attacco – che gli Usa dichiarano “difensivo” – contro l’oltre Dniepr.
Che tale dispositivo d’intercettazione americana possa riguardare un pericolo nucleare proveniente dall’Iran o dalla Corea del Nord, come preteso da Washington, non è naturalmente che ridicolo.
In realtà il piano americano ha ben altro obiettivo: annullare ogni eventuale risposta difensiva russa ad una prima salva nucleare offensiva Usa mirata a colpire lo spazio eurasiatico di Mosca.
Siamo così di fronte ad una palese premeditazione offensiva di Washington.
Perché non si tratta affatto di un dispositivo difensivo ma di parte della strategia d’attacco e d’assedio strategico nucleare americano dello spazio territoriale russo, un atto che mette bruscamente in piena luce gli obiettivi e le intenzioni offensive dell’attuale cospirazione imperialista mondiale degli Stati Uniti.
Il dispiegamento di missili nucleari – o “antimissili” – nell’Europa dell’Est non è dunque che la punta di diamante offensiva americana contro il versante europeo dello spazio russo eurasiatico.
Non si tratta affatto, come preteso da Washington, di una contrapposizione ad una eventuale impresa strategica nucleare iraniana, o nord-coreana, ma, al contrario, di impedire qualsiasi risposta difensiva russa ad un’offensiva atlantica.
Ogni tentativo di interpretazione minimalista del perché di tale dispositivo, diventa di fatto una diversione che favorisce gli attuali disegni imperialisti di Washington.
Occorre dunque guardare in faccia le cose, accettare l’evidenza, e fare i conti con un evento che apre scenari tra i più drammatici.
In effetti, un impegno nucleare americano in direzione del versante europeo della terra russa implica una catastrofe dalle conseguenze incalcolabili, lo spasmo finale di una civilizzazione al tramonto, un atto finale che non risparmierà gli stessi Stati Uniti.
E’ un fatto che il regolamento di conti finale russo-americano equivarrà al suicidio collettivo di una civilizzazione condannata a perire a livello planetario.
Per una mobilitazione
rivoluzionaria liberatrice

E’ tempo che una mobilitazione rivoluzionaria costruisca il fronte della rinascita e della risposta alla minaccia rappresentata dal progetto americano di assoggettamento sovversivo dei popoli secondo “il modello democratico” da loro esportato nei quattro angoli del pianeta. Occorre una risposta liberatrice contro il dominio e l’alienazione imposta dappertutto dove si manifesta la volontà di dominio Usa. Una risposta che non potrà però essere parziale, ma giocoforza dovrà essere operativa su tutti i fronti di battaglia alla costruzione “democratico-planetaria” di stampo Usa, ovunque in corso o ovunque progettata.
Questa doppia dottrina anti-imperialista, ideologico-politica e contro-strategica operativa, nella pratica comporta quattro campi o “teatri” geopolitici di applicazione immediata.
La costruzione della più Grande Europa “eurasiatica”; la reintegrazione dell’America Latina in un unico spazio gran continentale; la solidarietà con i popoli del vicino oriente “oggetti di export democratico”; i contrappesi asiatici in accelerato sviluppo, come l’India e la Cina.
A ciò va naturalmente aggiunta la mobilitazione insurrezionale finale, planetaria, dell’insieme delle forze di liberazione contro l’imperialismo “democratico” degli Stati Uniti.

La più Grande Europa,
il continente eurasiatico

Con ogni evidenza è la reintegrazione ideologica, politico-strategica, militare, economico-industriale, culturale e religiosa della più Grande Europa che rappresenta la pietra miliare di ogni mobilitazione – di ogni sollevamento – contro la sovversione imperialista degli Stati Uniti. L’obiettivo ultimo dell’emergenza rivoluzionaria della più Grande Europa continentale, eurasiatica, non è altro – in fin dei conti – che la rinascita dell’impero romano, e cioè dell’affermazione monolitica di una civiltà unitaria e superiore predestinata a tracciare la storia e sostenuta dal pathos imperiale di un nazionalismo ontologico grand’europeo, polare.
E’ vero, però, che lo stato attuale delle cose fa sembrare che questa reintegrazione, resurrezione, imperiale di una Grande Europa, sia al momento pressoché inconcepibile.
Ma la storia, la grande storia, nella sua marcia in avanti non tiene mai conto delle circostanze che si pretendono “oggettive”, e che paiono essere influenti e determinanti. Nelle profondità abissali dove nasce lo svolgersi della storia del mondo altri sono i criteri decisionali: interamente irrazionali, di natura sovra-storica e sovrannaturale, “provvidenziale”.
Quindi, contro tutto e tutti, nella storia tutto è permesso, a condizione che alla base vi sia quella heideggeriana “decisione risolutiva”, una decisione che prepara l’emergere di una Novissima Aetas.
L’emergere della più Grande Europa continentale sarà in fin dei conti il decisivo “trionfo della volontà”: per noialtri “tutto rientrerà di nuovo nel tempo dell’attenzione suprema”.
Al livello immediato, politico, il problema da risolvere è quello della Russia. Una Russia assediata da più parti dall’offensiva sotterranea degli atlantici, la cui parola d’ordine ipocrita è “democrazia”. Un’offensiva che – come affermato in “Riflettere e Agire”, nel 2005, da Alexandr Dughin – è condotta da due nemici: l’atlantismo all’esterno e i suoi agenti che, all’interno, promuovono i valori liberaldemocratici. Una scelta mortale se compiuta dalla Russia”.
Tutto va avanti e tutto proviene dal concetto, fondamentalmente sovversivo, di “democrazia”. E’ tale “democrazia” che è sul punto di annientare la civiltà europea. E’ dunque contro la “democrazia” che dobbiamo combattere per la libertà e la sopravvivenza: per sostituire al caos ed alle devastazioni della “democrazia” una gerarchia di valori sacri ad una civiltà degna di tale nome.
Questo è il nostro compito, il compito a conclusione dell’attuale grande ciclo storico.
Intanto le miserevoli tergiversazioni dei burocrati dell’Unione europea hanno finito per esasperare Vladimir Putin, l’uomo che da almeno due anni stava lavorando per l’integrazione della Russia e dell’Europa dell’ovest nel medesimo spazio grand’europeo.
La guida del Cremlino ha di recente esplicitamente escluso qualsiasi forma d’associazione con l’Ue. Un’Ue, peraltro pesantemente tributaria degli Usa e dei suoi manovratori che si annidano nella Grande Finanza internazionale.
Resta tuttavia un fatto che la Russia conserva un posto predestinato, decisivo, irradiante, nell’opera di costruzione della più Grande Europea nazionale e sociale.

La marcia
dell’America Latina

Il pensiero politico di Juan Domingo Peron e le attività rivoluzionarie del suo governo dell’Argentina avevano in passato già indicato la strada della (re)integrazione dell’America latina in uno spazio geopolitico unito “gran continentale”.
Questa dottrina è precisamente quale che esprime, mobilita e porta avanti l’attuale movimento gran-continentale latino-americano sotto la direzione della nuova generazione di responsabili carismatici recentemente apparsi in prima linea, e tra i quali il più importante è il presidente del Venezuela, Hugo Chavez.
Durante tutti gli anni di gestione del potere in Argentina, il generale Peron ha sempre operato, nell’indirizzare le proprie battaglie politiche nazionali e continentali, in favore della reintegrazione politico-storica totale e accelerata dell’insieme del continente latino-americano. Già al tempo del tentativo di integrazione, negli anni sessanta, tra Argentina e Cile, il generale Peron aveva formalmente dichiarato che, se alla fine del secondo millennio, l’unità dell’insieme del continente latino-americano non fosse stata realizzata “tutto era perduto”. Qualche decennio più tardi, questa dichiarazione resta interamente valida.
Il momento è giunto perché il problema della reintegrazione del continente latino-americano sia risolto, in maniera definitiva. L’avanzata del grande movimento continentale attualmente in corso di sviluppo accelerato in America Latina è stato provocato dall’impegno socialista nazionale di Hugo Chavez, riverberato alla Bolivia di Evo Morales e alleato all’Argentina di Nestor Kirchner. Un momento storico eccezionalmente propizio alla crescita rivoluzionaria della totalità dello spazio geopolitica continentale latino-americano.
Nella tenaglia di una possibile più Grande Europa, tornata ai principii geopolitici imperilai e rivoluzionari, e di un’America Latina riconquistata all’unità continentale finale, l’attuale cospirazione “democratica” planetaria degli Stati Uniti perderà ogni possibilità di imporre la sua legge sovversiva così come tenta di fare oggi.

L’incognita della Cina
e il rischio nucleare

Anche la Cina mette alla prova, oggi, la forza planetaria americana. Quella della Cina – nei prossimi dieci anni - è una sfida diretta agli Stati Uniti. La sua espansione irreversibile (come dichiarato da Henry Kissinger) e ormai planetaria contribuisce in modo sempre più decisivo al mutamento dei rapporti di forza tra le potenze attualmente in competizione per dominare il mondo. E lo stesso Kissinger ha avvertito che “quando il centro di gravità del mondo si trasferisce da una regione all’altra, quando un altro Paese diventa troppo potente, allora la storia insegna che un conflitto è inevitabile”.
Di qui ad immaginare uno scenario nucleare in caso di sconfitta degli Usa e di perdita del ruolo di “guida della democrazia”, il passo è breve.

Una centrale strategica
di azione planetaria

Di estrema necessità appare dunque, oggi, la costruzione di un movimento politico rivoluzionario di livello planetario che possa integrare nel medesimo fronte comune l’insieme delle correnti politiche “antidemocratiche” e “antiamericane” in azione dove si manifestano sia allo scoperto che segretamente. Coordinate da una centrale strategica comune capace di gestire le iniziative particolari e generali di resistenza e di lotta alla cospirazione “democratica” planetaria degli Stati Uniti.
Ben consapevoli delle difficoltà da superare, non bisogna però attardarsi, attendere. Sarà sufficiente un “piccolo numero” di elementi rivoluzionari lucidi e decisi, totalmente lucidi, totalmente decisi, per mettere in moto il grande movimento, per far terminare questo ciclo storico crepuscolare.
Per combattere le strategie di dominio paranoico degli Stati Uniti sull’insieme del pianeta, le aggressioni nel nome fantasmagorico della “democrazia”, occorrerà anche esacerbare le tensioni interne agli Usa stessi, al fine di rallentare, se non bloccare, le ambizioni di dominio planetario “esterne”. Occorre attaccare il nemico nel suo stesso campo interno.
La gran parte di queste nostre considerazioni possono apparire anomale, anzi: pericolose. Ma si tratta di un tentativo di analisi operative, strategicamente utilizzabili in vista di una impresa politico-strategica comune, di dimensioni planetarie.
Proprio quando tutto sarà “diventato impossibile” che una possibilità si metterà alla nostra portata e sarà possibile costruire una storia nuova, un destino nuovo.
E’ dunque urgente che i nostri – quale che sia il loro numero – si riconoscano e si uniscano già e si tengano pronti a solcare l’onda montante.
Possa il presente documento rischiarare il cammino di quelli che si sentono chiamati a prendere d’assalto la cospirazione mondialista del non essere, la cospirazione “democratica”.