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Manovre energetiche italiane

di Alessandro Iacuelli - 08/05/2007

Grandi manovre in campo energetico, in questa primavera italiana. A dire il vero si tratta di manovre economiche nel settore dell'energia. Come in una partita a risiko, ogni giorno ci sono nuovi sviluppi sulla delicata questione della fusione tra le due “multiutility”: AEM Milano e ASM Brescia. E' atteso in questi giorni un nuovo incontro tra i sindaci delle città lombarde, che fa seguito all'avvenuta assemblea dei soci della multiutility bresciana. Nel frattempo, altre voci parlano di una possibile fusione tra il consorzio HERA, dell'Emilia Romagna, e della romana ACEA, un vero colosso del settore.

In un mercato dell'energia caratterizzato da nuovi assetti lontani da ogni equilibrio possibile, dopo la caduta del regime monopolisitico di ENEL, e da una privatizzazione che mostra in tutti i suoi aspetti quanto sia stata progettata male, fatta solo di deregolamentazione selvaggia, la penisola italiana si trova ancora una volta disunita e spezzettata. Esiste, è vero, un gestore unico della rete elettrica nazionale, anche esso in via di privatizzazione, ma per tutti gli altri aspetti di un sistema energetico nazionale - dalle centrali alla distribuzione presso le utenze - la situazione è completamente frammentata, con tante ex aziende municipalizzate, ora privatizzate o trasformate in società miste pubblico-privato.

Quando inizia ad evidenziarsi, come avviene in questo periodo, un interesse estero verso il sistema-Italia, come nel caso di Gazprom e Sonatrach nel settore del metano, oppure un'espansione su altri mercati di un'azienda nostrana, come nel caso di ENEL verso Spagna e Slovacchia, ecco le ex municipalizzate tremare e cercare alleanze per non scomparire in un mercato di colossi che ne fagociterebbero molte. Certo, non tutte le ex municipalizzate, che oggi va di moda chiamare "multiutility", sono precisamente delle piccole aziende. Moltissime sono rimaste in ambito comunale, o di piccoli bacini di comuni a livello provinciale, mentre altre hanno iniziato ad ingrandirsi, acquisendo pacchetti azionari di altre multiutility o attraverso consorzi e fusioni, diventando addirittura protagoniste a livello sovraregionale del mercato energetico. Sono queste ultime, quelle che ora cercano fusioni o incorporazioni per ingrandirsi ulteriormente.

E' il caso di HERA, nata con un pacchetto azionario detenuto in maggioranza dai comuni di Bologna e Imola, e con il resto distribuito tra altri comuni dell'Emilia Romagna. HERA nel giro di pochi anni è stata in grado di prendere appalti in tutta Italia, non solo nel settore dell'elettricità, ma anche nel gas, nei rifiuti e nell'acqua. Analogamente, ACEA è nata come controllata dal comune di Roma, oggi è quotata in borsa. Secondo voci non confermate dai vertici aziendali, le due società avrebbero già individuato gli advisors che starebbero studiando la possibile integrazione tra esse.

L'eventuale fusione tra le due aziende darebbe vita ad un colosso energetico di grosse dimensioni, con una capitalizzazione di mercato pari a 6,7 miliardi di euro. Non è certo la capitalizzazione di ENEL o di Edison, ma per essere delle ex municipalizzate si tratta di un asset di tutto rispetto.
Sul fronte romano si preferisce il silenzio, mentre Maurizio Chiarini, numero uno di HERA, dichiara che c'è la possibilità di "un'importante operazione entro l'anno".

Sul versante lombardo, sono stati fatti già molti passi in avanti, anche se con qualche difficoltà.
La AMSA, società di gestione dei rifiuti del comune di Milano, genera qualche dubbio sulla possibilità di passare sotto il controllo del gruppo guidato da Giuliano Zuccoli; stessa cosa avviene per il Servizio idrico integrato, in capo alla società Metropolitana Milanese (MM).
Nel disegnare infatti la fusione con ASM Brescia, il sindaco di Milano Letizia Moratti aveva avanzato l'ipotesi di aggregare gestione dei rifiuti e dell'acqua all'AEM. L'operazione, aveva spiegato Moratti, aveva lo scopo di rendere più simili le due aziende. In realtà l'esigenza è quella di riequilibrare il peso del Comune di Milano (il cui 43% circa in Aem vale 1,64 miliardi di euro circa) nei confronti di quello di Brescia (1,97 miliardi il valore del suo 69,2% in Asm).

Se la fusione venisse fatta oggi, ASM Brescia fagociterebbe l'azienda milanese ed il primo azionista del nuovo gruppo sarebbe il comune di Brescia. Da Milano si cerca di mettere in pareggio i due comuni.
Sempre a Milano, nulla invece sembra muoversi per quanto riguarda l'acqua sulla cui possibilità di un conferimento ad AEM circolano molte perplessità non solo in ambienti vicini alla MM ma anche in Consiglio Comunale.

Per essere aggiornata sullo "stato dell'arte" nell'aggregazione tra Aem e Asm l'opposizione di centrosinistra a Palazzo Marino ha chiesto l'audizione in Commissione bilancio dei numeri uno di Aem, Giuliano Zuccoli, e di Asm, Renzo Capra. L'azienda bresciana intanto, deve risolvere altri problemi, visto che possiede una percentuale del pacchetto azionario di Endesa Italia, di recente passata sotto controllo Enel.

Nel frattempo il Nord-Est non resta a guardare e si studiano le contromosse per restare competitivi sullo scenario nazionale. A caldeggiare fusioni qui è il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, che dichiara in proposito: "La realizzazione di una grande aggregazione fra le multiutility di Veneto e Friuli-Venezia Giulia che possa sbarcare anche nell'Est Europa è un sogno al quale stiamo lavorando da anni". Infine, senza tanto clamore mediatico, nei mesi scorsi è nata IRIDE, la nuova società energetica nata dall'integrazione tra AEM Torino e AMGA Genova.

Ci troviamo così di fronte ad un mercato dove i maggiori attori hanno come principali azionisti i comuni, che impegnano capitali pubblici in operazioni di fusione e di incorporazione. Anche se la privatizzazione selvaggia degli anni scorsi aveva come obiettivo (fallito) quello di far impegnare capitali privati. Che non si sono visti, impegnati com'erano a speculare.