Il predicatore di benignità
di Marcello Veneziani - 16/06/2025
Fonte: Marcello Veneziani
Vi ricordate Roberto Benigni? Nello scorso millennio fu un comico, attore e regista veramente divertente, spiritoso, e pure commovente. Lo ricordo esilarante in coppia con Massimo Troisi, lo ricordo irresistibile nei panni di Jonny Stecchino, del Piccolo Diavolo e del Mostro, lo ricordo irruente e irriverente in alcune gag televisive in cui metteva in croce Baudo e la Carrà; lo trovai tenero, allegro e struggente ne La vita è bella, dove riuscì a raccontare l’orrore dei campi di sterminio con l’umanità di un buon cristiano e di un buon italiano che vuol proteggere la sua famiglia. Lo fece con delicatezza e amor paterno, da padre che vede il mondo con gli occhi di un bambino. Lo avevo amato da ragazzo perfino nel pur dissacrante Pap’occhio di Renzo Arbore e poi da grande nella magica Voce della Luna di Federico Fellini, con Paolo Villaggio.
Poi non so cosa gli successe col nuovo millennio. Smise di essere uomo e diventò burattino, il contrario di Pinocchio a cui dedicò un film un po’ infelice. Smise di essere clown e si fece clone. Volle diventare Vate e Profeta, Prefica Istituzionale e Padre Costituente, infine Precettore d’Europa e Predicatore di Benignità. Cominciò imitando Dante poi è finito a imitare Prodi. Non è una bella carriera.
Vedevo il suo ologramma da Bruno Vespa quando la sera gli prendono i cinque minuti: sembrava quasi vero, Benigni, almeno nel tono e nella risata, imitava alla perfezione il suo antico euforico repertorio, simulava allegria, esultanza e buoni sentimenti. Vespa godeva come un pazzo a ogni suo pistolotto, sbavava come fa davanti a papi e presidenti, anche se alla fine del duetto sbaciucchioso si aspettava di essere preso in braccio come l’austero Berlinguer per restare nella mitologia pop.
Ma dov’è finito Benigni impertinente, irriverente, divertente? C’è un piccolo santo che sparge melassa, lancia messaggi che sembrano commissionati da pubblicità-progresso.
Ancora più imbarazzante è stato l’altra sera a Propaganda live; Zoro stesso, Diego Bianchi, non sapeva che pesci pigliare, non sapeva che dire, come stare, se chiudere o trascinare ancora la benigna apparizione. Era troppo finto il suo ardore, inattendibile il suo progressismo da scuola materna, ridicolo il suo ottimismo cosmico, la sua visione così falsamente puerile e così smaccatamente manichea, da mettere in difficoltà anche i compagni di sacrestia.
Da qui tutto è buono è bello è felice è allegro; di là tutto è cattivo è male è brutto è triste. Nel futuro vincerà per forza il bene, la pace, la felicità: Benigni recita la poesia del progressismo ad uso dei bambini, dall’asilo alla seconda elementare; poi anche un bambino in terza elementare si accorge che la fiaba di Benigni è farlocca, perché ormai ha smesso di credere alle tre b: Befana, Babbo Natale e Benigni. Per Benigni non c’è niente da capire, tutto è così evidente, anche se lo vede solo lui: i buoni sono lui e loro, mischiati all’umanità; i cattivi sono Trump, i nazionalisti e i sovranisti. I buoni sono con i bambini, i cattivi sono contro. I buoni vogliono la pace, i cattivi fanno la guerra. I buoni guidano le istituzioni europee, i cattivi guidano i governi europei: come dire che Ursula van der Lewen è una santa benefattrice, mentre Macron, Merz & Melòn, cominciano con la emme di Male.
Sa Benigni che persino Stalin prese il premio internazionale per la Pace e Obama ebbe il Nobel per la pace prima di guidare gli Stati Uniti: fecero bene a darglielo prima, perché dopo le migliaia di bombardamenti sotto la sua presidenza pacifista sarebbe stato più difficile. Sa Benigni quanti milioni sono morti nei gulag e nelle persecuzioni nel nome della pace, del bene dell’umanità e di un mondo migliore? Quante bombe umanitarie e progressiste sono state sganciate negli ultimi decenni, dall’Atomica in poi? E continuano… L’inferno è lastricato di pie intenzioni.
Ma tu lo senti col suo fervorino, che finge di agitarsi, si passa il fazzoletto sulla fronte, concitato ed eccitato per il suo predicozzo. Che gli vuoi dire di fronte a tanta banalità finto-naïve? E quando dice che il suo libro è bellissimo, anche se pare di capire che i veri autori siano altri due, lui si è limitato a mettere incenso, miele e acqua santa. Ma lui non promuove il libro, macché, il libro è solo un mezzo per promuovere l’Europa…
E quando dice che l’Unione Europea è la più bella cosa che sia successa in duemila anni, ha presente che in questi due millenni in Europa c’è stata la civiltà romana e la cristianità, c’è stato il Sacro Romano Impero e il Monachesimo, l’Umanesimo, il Rinascimento e mille altre cose, oltre le guerre e i massacri? Ma davvero Ursula vale più di Carlo Magno e Federico II di Svevia messi insieme? E quanto alla circolazione europea, lo sa che prima dell’Erasmus le università medievali furono già – pur nelle difficoltà di mezzi di quel tempo – molto più europee di oggi e parlavano una lingua internazionale che era il latino?
Mi ricorda un’altra sciocchezza che disse anni fa: la nostra Costituzione è la più bella del mondo. Premesso che una Costituzione dev’essere giusta ed efficace e non deve partecipare a un concorso di bellezza; e premesso che se vogliamo parlare di bellezza a proposito di Costituzioni nostrane, beh, la Carta del Carnaro, la Costituzione di Fiume, riveduta e chiosata da Gabriele d’Annunzio, è decisamente più bella, io chiedo a Benigni: ma per fare questa affermazione quante costituzioni del mondo ha letto, cento, cinquanta, almeno dieci? Se non ne ha letta nessuna, anche perché reputo difficile che abbia passato così tanto tempo a gustarsi gli articoli della costituzione di mezzo mondo, come fa a dire che è “la più bella”? Ma no, è la solita iperbole, la solita gag da clown che ormai spande virtuosi sermoni.
Quando divulgò la Divina Commedia, nonostante non fosse un dantista, un poeta o un critico letterario, io lo benedissi, anche se ne dava una lettura tendenziosa troppo piegata ai giorni nostri. Ma era un’operazione benemerita. Poi da Dante volle passare a Mosé e ci spiegò le Tavole dei Comandamenti, e lì accentuò il suo manicheismo e alla fine lanciò una bibbia per i dem. In mezzo venne la Costituzione, per cui divenne Menestrello Ufficiale della Repubblica Italiana; ma le sue prediche in Rai non erano gratuite, erano fatte, si, col core ma col core-business, con lautissimo rimborso a pie’ di lista. Ora, invece abbiamo Euro-Benigni (euro, guarda caso, è pure la Moneta), che ci dice che con l’Europa unita non avremmo avuto più guerre nel mondo, anche quelle di ora non ci sarebbero state. Benigni forse è rimasto al suo film ambientato nel 1492, Non ci resta che piangere; perché nel frattempo deve sapere che l’Europa è solo una piccola parte dello scacchiere mondiale, ci sono paesi come l’America, di sopra e di sotto e tutto il nuovo mondo, oltre che la Cina, l’India, la Russia, l’Africa e il Medio Oriente. L’Europa è solo la sedicesima parte del pianeta. 500 milioni su 8 miliardi di abitanti. Lui dice che bisogna stare attenti a tutti quelli che vogliono fare più grande la propria nazione, ma quell’ambizione si giudica dai frutti: se porta guerre e massacri è un male, ma quante civiltà, quante età dell’oro, quanto “progresso” sono nati da quell’idea di grandezza? A questo punto sono io a dire a lui che bisogna stare attenti a chi dice di volere un mondo migliore: quanti annunci di paradisi hanno portato gli inferni? Accontentati di dire che la vita è bella, perché chi sogna il mondo migliore, genera incubi (o più spesso vende fuffa).
Infine ripensi al Benigni divertente di una volta, e dici: ma perché un comico così brillante deve ridursi a fare la macchietta di un Messia? Non gli bastava l’Oscar del cinema, vuole l’aureola del santone?