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Uomini o scimpanzè?

di Francisco Ayala/Luigi Dell'Aglio - 09/05/2007

Sulla Terra e nell’universo, spiega il genetista americano Francisco Ayala, non esiste nulla di paragonabile alla nostra specie. Le scimmie bonobo hanno il 99% del genoma identico, ma un cervello di soli 300 grammi

 

Dall’Homo Habilis, che costruiva strumenti, c’è stata un’incipiente consapevolezza della propria intelligenza. E i defunti trattati con rispetto e sepolti come individui dimostrano un’esigenza di «pietas» anche per se stessi. Questa è già coscienza

L'uomo è unico, sulla Terra e nell'Universo. La scienza, il pensiero, l'arte, la tecnologia, le opere di solidarietà non derivano da una sua necessità biologica di rispondere alle richieste dei suoi geni, ma dalla sua personalità, genialità e sensibilità. Lo afferma uno dei maggiori genetisti viventi, Francisco J. Ayala, professore di biologia e filosofia all'Università della California, a Irvine, che è stato presidente dell'American Association for the Advancement of Science, e membro del President's Committee of Advisors of Science and Technology, cioè consigliere scientifico dei presidenti Usa. All'Università di Roma, Ayala ha partecipato ieri al convegno "Etica e altruismo nella storia evolutiva dell'uomo".
Professore, lei da scienziato evoluzionista ritiene che l'etica e la morale dell'uomo siano frutto dell'evoluzione biologica, come i comportamenti dei primati?
«Il genoma umano è fatto di 3 miliardi di "lettere". E così pure il genoma delle scimmie bonobo. Il 99% del genoma è identico nell'uomo e nei bonobo; le due specie lo hanno ereditato dal loro ultimo antenato, un primate vissuto circa sette milioni di anni fa. Il genoma dell'uomo e quello del bonobo differiscono soltanto nell'uno per cento delle "lettere"».
Trenta milioni di "lettere". E quanto contano?
«Moltissimo. Certo siamo simili ai bonobo per non poche caratteristiche. Per esempio, gli enzimi cellulari responsabili della maggior parte dei processi vitali, sono identici o quasi. Ma siamo diversi dai bonobo (e dagli altri primati) per alcuni aspetti fondamentali, che ci distinguono nettamente come umani. Il peso del nostro cervello (circa un chilo e 300 grammi), che è quattro volte quello dei bonobo (soli 300 grammi). Il bipedismo (la possibilità di camminare eretti su due gambe). L'opponibilità del pollice alle altre dita, che permette la presa di precisione. La capacità di manipolare gli oggetti più svariati. Decisiva infine l'ovulazione criptica (o occulta), t ipica della femmina della specie umana; un aspetto essenziale pèrchè facilita la formazione della famiglia molecolare, fondata sulla coppia. Negli scimpanzè e nei bonobo, il maschio sa quando la femmina è fertile, perciò può lasciarla e andare in cerca di altre femmine. Nella specie umana, invece, il maschio non sa quando la femmina è fertile. Di conseguenza, l'uomo non abbandona la donna, vuole essere certo che sono suoi i figli che lei metterà al mondo. E resta con lei a formare la coppia».
Si discute sulle forme di «altruismo» fra i primati.
«Intendiamoci: non è un comportamento propriamente "morale". È governato dal calcolo dei geni. La costituzione genetica dei primati li induce a comportarsi in maniera da favorire il successo riproduttivo e la sopravvivenza. L'altruismo umano è invece un comportamento morale perché attuato "in considerazione degli altri" (una persona sceglie di rischiare la vita o di sopportare certi "costi", a beneficio di un'altra), indipendentemente dai vantaggi che se ne possono ricavare ai fini di una maggiore sopravvivenza. L'altruismo umano è reso morale dall'intenzione e dalla motivazione del comportamento. Grazie all'intelligenza, l'uomo è in grado di prevedere le conseguenze delle proprie azioni. I codici morali dell'uomo sono determinati dalla storia culturale, non dagli interessi dei suoi geni».
Per questo l'uomo è unico?
«Le specie si adattano all'ambiente per mezzo della selezione naturale. Solo gli uomini cambiano l'ambiente perché risponda alle loro esigenze. Gli uomini non sono stati ad attendere che una mutazione genetica facesse loro crescere le ali e li mettesse in grado di volare: hanno conquistato il cielo con gli aerei. Non hanno atteso di avere gli apparati di locomozione marina dei pesci: hanno costruito navi e solcato i mari. Non hanno sperato che l'evoluzione permettesse loro anche di "galleggiare" senza gravità: si sono lanciati nello spazio per colonizzarlo. Questa è l'evoluzione, come l a vedo io. E, aggiungo, non contrasta affatto con l'insegnamento della Chiesa».
Quando si ha l'evidenza scientifica che l'uomo primitivo sta passando «dalla natura alla cultura»?
«La prima evidenza di cultura si ha con l'Homo Habilis, circa due milioni di anni fa. L'Homo Habilis realizza e usa rudimentali oggetti di pietra. Nei primi milioni di anni di evoluzione degli ominidi, il cervello resta piccolo (è paragonabile a quello dei bonobo), ma gradualmente cresce. Anche la cultura è più sofisticata: gli oggetti di pietra sono più elaborati; più tardi ci saranno pitture, piccole sculture, linguaggio, che portano a uno straordinario esercizio della fantasia, tale da tradursi nelle diverse tecnologie dell'uomo moderno».
E quand'è che l'uomo acquista coscienza di sé?
«Gli strumenti di pietra dell'Homo Habilis, la sua cultura semplice possono già indicare un'incipiente consapevolezza della propria intelligenza. In ogni caso, esiste già una coscienza di sé quando i nostri antenati ominidi cominciano a seppellire i morti. L'autocoscienza implica la consapevolezza di dover morire, come individui. Ne deriva il rituale della sepoltura del defunto. L'Homo Habilis (e anche l'uomo moderno) trattano i defunti con rispetto perché desiderano essere trattati con la stessa pietas quando toccherà a loro».
L'uomo è unico anche nell'Universo?
«L'uomo è apparso sulla Terra dopo miliardi di anni di evoluzione, durante i quali erano nate più di un miliardo di specie. Più del 99% di queste, però, si erano estinte. Inoltre, per l'evoluzione della nostra specie, sono stati necessari molti milioni di eventi, indipendenti e altamente improbabili. Una tale concatenazione di circostanze ha zero probabilità di ripetersi (e di essersi ripetuta) in un'altra parte dell'universo».