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Più aeroporti, più effetto serra

di MarinellaCorreggia - 10/05/2007

 

 

Tra le fonti di gas «di serra», quelli che riscaldano l'atmosfera terrestre, di rado si parla degli aerei. Sappiamo che i combustibili fossili (come carburanti derivati dal petrolio) sono la principale fonte dell'anidride carbonica, il principale tra i gas di serra; sappiamo di conseguenza che la prima cosa da fare per tagliare le emissioni è intervenire sull'energia: sulle fonti (quelle rinnovabili) e sui consumi. I trasporti sono una parte rilevante dei consumi. E il trasporto aereo è una parte non irrilevante del settore.
Secondo un recente documento di lavoro della Commissione ambiente del Parlamento europeo, le emissioni di gas serra da trasporto aereo sono aumentate del 100 per cento dal 1990; il trasporto aereo, se si considera l'effetto moltiplicatore detto «radiative forcing», incide fino al 9% sul totale delle emissioni, ma è in continua crescita. Un'evoluzione incompatibile con gli obiettivi del protocollo di Kyoto e meno che mai con il target del 30% di riduzioni di gas serra nell'Ue entro il 2020. Il settore inquina molto ma è trattato principescamente: riceve ingenti sussidi, il kerosene degli aerei non è tassato, non è gravato di Iva sui biglietti, non è compreso nello schema europeo dello scambio di emissioni. In Europa il 60% dei voli sono inferiori a 500 km e quindi potrebbero da subito essere sostituiti con viaggi in treno.
E però, sembra che l'impatto della crescita dell'aviazione civile non preoccupi più di tanto il nostro ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi, né il parlamento italiano, l'Enac (Ente nazionale aviazione civile), le regioni e gli enti locali, neppure i sindacati; per non dire dei gestori di aeroporti e delle compagnie aeree. Con accenti diversi, tutti questi attori sostengono l'espansione degli aeroporti disseminati nella penisola, con la realizzazione di nuovi pubblici per rispondere a una domanda in crescita. Così almeno si ricava dagli interventi ascoltati durante il paludato convegno organizzato a Roma dal centro studi Demetra la scorsa («Il trasporto aereo nell'Europa delle regioni. Il sistema aeroportuale del Lazio»). E' in quell'occasione che il ministro Bianchi ha consegnato un premio a Marco Franchini, ora direttore generale degli aeroporti di Puglia «per aver interpretato positivamente i processi di privatizzazione e liberalizzazione avviati in Europa concretizzando gli obiettivi di sviluppo di diversi aeroporti italiani». Il ministro ha poi lodato «la positività del processo evolutivo, in crescita» del settore e «l'accessibilità al trasporto aereo da parte di nuove categorie sociali grazie ai low cost» (ma volare a poco prezzo non è così «comunista» se, come indica un rapporto della rete europea Transport and Environment, non sono i poveri e gli emarginati a prendere l'aereo; nemmeno in Occidente). Bianchi ha fatto riferimento al disegno di legge per la riforma del trasporto aereo approntato dal Ministero, che muove da un concetto fondamentale: una «ricaduta sociale, pubblica», consistente nella «centralità del passeggero-utente» . Ha rivendicato la facoltà di programmazione del settore da parte dello Stato, «visto che ci investe tante risorse», ma «non per limitare la libera espressione di questo o quell'operatore» (per carità).
Il termine «ambiente» nel convegno è stato evocato solo circa la necessità di spostare i voli low cost Ryan Air (cinque milioni di persone l'anno) che ora gravano sull'aeroporto di Ciampino, con gravi danni alla salute psicofisica degli abitanti, in lotta da molto tempo. Si farà un terzo aeroporto, sembrano tutti d'accordo. Ma l'obiettivo è anche espandere Fiumicino che adesso ha solo 30,2 milioni di passeggeri l'anno e potrebbero raddoppiare (nei primi tre mesi del 2007, mentre infuriavano le notizie sul caos climatico, i voli sono aumentati del 5% rispetto all'anno prima; e del 17% quelli da Ciampino). In tutto questo, il problema del cima è uscitop dai radar.