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Fino all'ultimo scontrino

di David Smith - 13/05/2007




PER SECOLI, MOLTE GRANDI IDEE hanno cercato di imporsi sull'intero pianeta", esordisce Jonathon Porritt, consulente del governo britannico ed eclettico guru del panorama ecologista. "Fascismo. Comunismo. Democrazia. Religione. Solo una, però, ha raggiunto il suo obiettivo ed esteso la sua supremazia nel mondo. È il consumismo. Il suo fascino ha tolto ai suoi seguaci la capacità di raziocinio e il buon senso. Ha creato ineguaglianze inaccettabili e ora minaccia di aprire uno frattura insanabile nel nostro tessuto sociale. È più potente di qualsiasi nobile causa o religione, ed è riuscito a farsi strada in ogni angolo del pianeta".

Porritt, che è il commissario del governo britannico per lo sviluppo sostenibile, non ha dubbi: siamo diventati tutti degli shopaholics, dei malati di shopping che provano un bisogno incontrollabile di fare acquisti. I mezzi d'informazione ci bombardano di pubblicità per convincerci che più consumiamo e migliore sarà la qualità della nostra vita. Fare acquisti, ormai, è diventata un'operazione associata all'idea di piacere, divertimento, appagamento e autogratificazione. Ma secondo Porritt, è soprattutto una pessima abitudine che sta uccidendo il pianeta. E limitarsi a passare a un tipo di consumo più "etico" non basta. Dobbiamo fare meno acquisti.

Dalle attrici di Hollywood cariche di borse firmate, ai calciatori che fanno i testimonial, l'immagine del consumismo come aspirazione universale è onnipresente. Il 5 aprile, a Londra, tremila consumatori hanno sfondato le porte del nuovo punto vendita della catena di negozi di abbigliamento Primark, prima ancora dell'orario di apertura. Due commessi sono finiti in ospedale e il telegiornale della Bbc ha paragonato la scena alla biblica invasione delle locuste.

Le voci fuori dal coro, però, sono in aumento. Ci sono per esempio i cosiddetti Froogles, un gruppo di persone che usa internet per semplificarsi la vita, o le organizzazioni e i siti web che invitano a sbarazzarsi delle propria irrefrenabile smania di fare shopping, e quindi a ridurre i consumi.

 

Capitalismo insostenibile

Secondo Porritt, il consumismo rappresenta una delle minacce più gravi per il pianeta: contribuisce allo spreco delle sue risorse naturali e all'aumento delle emissioni di gas a effetto serra.

In un servizio che ha realizzato per Channel Pive, Porritt rimproverava ai britannici di produrre, in sette settimane, rifiuti per un volume pari al loro peso corporeo. Ogni anno, 100 milioni di tonnellate di spazzatura finiscono nelle 12 mila discariche del paese. Se i sei miliardi di abitanti del pianeta consumassero tutti una quantità simile di risorse, ci servirebbero almeno due pianeti per avere l’energia,la terra,l’acqua e le materie prime di cui abbiamo bisogno.

"È evidente che il capitalismo non può continuare a crescere al ritmo della nostra economia di mercato. Il livello dei nostri consumi sta già minando i cicli ecologici e biologici da cui dipendiamo. Se il consumo di massa continuerà a diffondersi, il pianeta andrà in tilt", spiega Porritt. "Non abbiamo scelta: se vogliamo tenere la situazione sotto controllo e continuare a godere dei beni di consumo, dobbiamo rivedere i presupposti su cui si fonda il capitalismo. Quando ci renderemo conto di cosa sta accadendo alla terra, saremo costretti a ridurre notevolmente le emissioni di gas serra, e dovremo imparare a vivere bene consumando meno. Non vedo altra via d'uscita".

Porritt, tra i fondatori della ong FORUM FOR THE FUTURE, che si batte per uno sviluppo sostenibile, è convinto che il consumismo abbia preso il sopravvento sulla nostra esistenza senza che ce ne accorgessimo. "Fare acquisti è diventata un'attività ricreativa. È ampiamente dimostrato che le persone vedono lo shopping come uno svago, un piacevole passatempo. Siamo molto lontani dai tempi in cui fare acquisti era un modo per procurarsi il necessario per vivere. Ora è più una questione di identità personale, di status. E legato all'idea di evasione, allo stare in compagnia e perfino al significato della nostra esistenza. La mania di guardare cosa fanno gli altri è sempre esistita, ma ora si è allargata a livello universale: la gente compra perché così spera di somigliare a qualcuno che ammira. È soprattutto vero per quanto riguarda i capi d'abbigliamento e i prodotti di marca, e c'è addirittura chi pensa: se compro qualcosa con questo marchio, forse un po' della magia di quel nome mi resterà addosso. Invece, sappiamo benissimo che invece resteremo quelli di sempre, pronti a uscire per comprare un altro articolo griffato".

Nel suo servizio Porritt fa l'esempio della Cina per sottolineare come una crescita economica vertiginosa porti a un'esplosione dei consumi, con risultati contrastanti: milioni di persone si sono lasciate alle spalle la povertà, ma a un prezzo carissimo per l'ambiente.

"C'è sempre stata una parte della società che godeva di particolari privilegi e acquistava più del necessario per ostentare la propria ricchezza e il proprio potere. Ma oggi, la possibilità di acquistare beni di consumo si è estesa a una fascia di popolazione molto più ampia: sul pianeta esistono ormai circa due miliardi di persone che hanno questo potere d'acquisto. Gli investimenti pubblicitari hanno ormai raggiunto cifre da capogiro: come stupirsi se i consumatori finiscono per convincersi che la loro felicità dipende dall'acquisto di quei prodotti?", osserva Porritt.

 

Scambiarsi i prodotti

Per fortuna, esistono anche delle sacche di resistenza. Judith Levine, per esempio, è una froogle newyorchese. Nel 2004 si è resa conto di aver speso ben 1.000 dollari per i regali di Natale. A quel punto ha deciso che per un anno avrebbe acquistato solo quello di cui aveva strettamente bisogno. Ha raccontato la sua esperienza in un libro: Io non compro (Ponte alle Grazie 2006).

The Compact, un gruppo di San Francisco formato da dieci amici, si è  guadagnato molti sostenitori in tutto il mondo. L'obiettivo è comprare solo prodotti indispensabili per 12 mesi. Ogni anno a novembre, durante il Buy nothing day (la giornata del non acquisto), il gruppo invita tutti a "fare meno acquisti per vivere di più". Lo scorso anno a Manchester, Oxford e in altre sei città britanniche sono stati organizzati degli eventi a sostegno di questa iniziativa. Mentre su siti come Freecycle.org, gli utenti pos

sono scambiarsi i prodotti che non usano più, per evitare che vadano a finire nella discarica.

A febbraio è nata una nuova iniziativa Buy (less) crap (Compra meno stronzate). Il suo sito è una parodia di Red, la campagna internazionale di raccolta fondi lanciata da Bono, il cantante degli U2. Ogni volta che qualcuno compra un prodotto con il marchio Red (si va dai capi di abbigliamento alle carte di credito e ai telefonini), una parte dei soldi spesi finisce in un fondo per la lotta all'aids in Africa. Buy (less) crap contesta questo metodo di raccolta fondi e invita i suoi visitatori a "respingere l'idea poco credibile secondo cui facendo acquisti si può rispondere in modo intelligente ai mali del mondo". Inoltre, sul sito si trovano gli indirizzi web di varie organizzazioni umanitarie, a cui spedire le donazioni.

"L'idea che più si usa la carta di credito, più una ong ne trae beneficio non mi ha mai convinto. Mi sembra un po' irrazionale, anche se è proprio così che funziona con questo tipo di carte di credito", confessa Porritt. "Questa proposta ha creato molta confusione, in un momento in cui è indispensabile far capire alle persone che spesso compriamo cose di cui non abbiamo bisogno, e che consumiamo troppo e in modo irresponsabile. Dobbiamo consumare meno, essere più severi con noi stessi e riflettere sulle conseguenze dei nostri comportamenti".

Meno plastica più risparmio

I coordinatori di Red affermano che la loro iniziativa non incoraggia a consumare di più, ma a comprare in modo diverso, preferendo la versione etica di certi prodotti a quella non etica. Ma Porritt non è d'accordo: comprare in modo  diverso non basta, bisogna comprare meno. "Non penso che sia sufficiente consumare in modo più consapevole e razionale, scegliendo prodotti che hanno un minore impatto ambientale. Una parte enorme dei nostri consumi si trasforma quasi istantaneamente in rifiuti, e spesso compriamo dei prodotti senza una ragione particolare, per poi dimenticarli o buttarli via. Lo trovo un atteggiamento inaccettabile. Ci sono persone

che, quando fanno la spesa, comprano i vari generi alimentari senza avere in mente una particolare ricetta. Non si fermano a pensare a cosa serve in casa. Comprano e dicono: "Questa settimana potrei mangiare questo. E se poi non lo mangio lo butto". È incredibile. Non sono un vecchio spilorcio, è solo che non vedo perché dovremmo comprare cose di cui non abbiamo bisogno".

Porritt non vuole un ritorno all'austerity e a forme di razionamento simili a quelle adottate durante e dopo la seconda guerra mondiale, ma è convinto che saremo costretti a fare molti sacrifici per ridurre le emissioni di gas serra. "Se mai è esistita un'età dell'oro, per gran parte della popolazione mondiale sono stati sicuramente gli ultimi cinquant'anni, il periodo di maggiore prosperità per il maggior numero di persone. Non provo nessuna nostalgia per i secoli passati, in cui la vita era più semplice, ma anche più primitiva. Non ho mai detto che dobbiamo tornare indietro. Dico solo che, per conservare un tenore di vita elevato riducendo però al minimo l'impatto ambientale, dobbiamo usare la tecnologia in modo molto più intelligente ed efficiente. Dobbiamo promuovere una cultura della sostenibilità, che consenta a tutti di capire chiaramente quali sono i costi del nostro stile di vita. Spesso non ne siamo consapevoli. Quando andiamo in vacanza in una località lontana, quasi mai pensiamo all'impatto prodotto dall'arrivo di centinaia di migliaia persone in una qualsiasi meta turistica del mondo. Dobbiamo diventare più consapevoli e sapere esattamente cosa succede ogni volta che ci godiamo la nostra tredicesima o le comodità del nostro stile di vita", afferma Porritt. Una posizione ripresa dal gruppo ambientalista FRIENDS OF THE EARTH (Amici della Terra). Tony Juniper, il coordinatore del gruppo, ha dichiarato: "La nostra cultura consumista è completamente sfasata rispetto alla ‘ capacità produttiva ’ del pianeta, ossia alla sua capacità di sostenerla. Se vogliamo che alla fine di questo secolo il mondo sia ancora in salute e vivibile, dobbiamo ridurre drasticamente lo sfruttamento delle sue risorse e la nostra domanda di beni materiali. Abbiamo bisogno di un quadro normativo che regolamenti le attività economiche.

Ma si tratta anche di una questione culturale: dobbiamo cambiare mentalità, perché è questa che influenzale scelte politiche. La nostra cultura si sta sviluppando lungo direttive assolutamente insostenibili imposte dall'industria pubblicitaria. È ancora possibile proporre un'alternativa, ma nessuno ha i fondi necessari per promuoverla: FRIENDS OF THE EARTH ha solo qualche migliaio di sterline in cassa, mentre le case automobilistiche possono permettersi di investire milioni per pubblicizzare un nuovo modello di auto".

Trevor Datson, portavoce della catena di supermercati Tesco, la più grande della Gran Bretagna, afferma di condividere molte idee di Porritt: "Senza dubbio sprechiamo troppo e produciamo troppi

rifiuti. Per questo Tesco si è impegnata ad aiutare i clienti a scegliere uno stile di vita più ecologico. La nostra strategia per convincerli a ridurre il consumo dei sacchetti della spesa punta sugli incentivi: dal luglio del 2006 siamo riusciti a risparmiare 350 milioni di sacchetti di plastica offrendo punti spesa a chi sceglie di riutilizzarli. Chi decide di adottare un comportamento più ecologico deve sentirsi gratificato, non deve avere l'impressione di vivere come un monaco".

 L'articolo è stato pubblicato , tradotto in italiano, dal settimanale "INTERNAZIONALE"