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L'alta finanza in tribunale

di Bruno Perini - 10/12/2005

Fonte: www.ilmanifesto.it

 
Si moltiplicano i reati finanziari e societari: dal caso Bpi-Antonveneta alla vicenda Unipol-Bnl, all'affare Impregilo. Ancora una volta la magistratura deve intervenire per arginare la corruzione e l'affarismo

Popolare di Lodi-Antonveneta, operazione Unipol-Bnl, caso Ricucci-Rcs-Billè, vicenda Impregilo, Bankitalia. Sono i tasselli di un mosaico che si potrebbe definire la tangentopoli dell'alta finanza. Un mosaico che si allarga sempre di più e che rischia di azzoppare la già malandata credibilità dei mercati finanziari italiani, oltre a quella già perduta di palazzo Kock. Le parole del presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, sull'etica degli affari sono pesanti e riportano indietro le lancette dell'orologio alla vigilia di tangentopoli, quando si percepiva che la corruzione serpeggiava come un fiume carsico nei sotterranei dell'economia e della politica italiana. Ora lo scenario è molto diverso ma resta l'inquinamento diffuso nei gangli del potere economico. Questa volta in ballo non ci sono mazzette per appalti ma strumenti più sofisticati come le violazioni delle leggi che regolano l'attività finanziaria, le appropriazioni indebite, l'aggiotaggio, l'insider trading, l'azione di concerto, l'abuso d'ufficio, il falso in bilancio e ora anche conti correnti sospetti che potrebbero prefigurare la corruzione personale. Un fiume in piena di reati finanziari che costringe ancora una volta la magistratura italiana a intervenire in modo massiccio con un ruolo di supplenza. Evidentemente i casi Cirio e Parmalat non sono serviti granchè ai soloni dell'alta finanza. Ed ora non ci si può lamentare del fatto che ogni giorno i magistrati fanno scattare avvisi di garanzia per banchieri o finanzieri grandi e piccoli.

La madre di tutti i reati finanziari che emergono ogni giorno dalla cronaca finanziaria è la vicenda Antonveneta. Iniziata come una vicenda strettamente finanziaria, un'opa come tante altre, si sta rivelando con il passare del tempo un crocevia di corruzione, manipolazione dei mercati e forse molto di più. Il caso denunciato ieri dal Sole 24 ore, ovvero l'esistenza di due conti correnti nella Popolare di Lodi intestati al senatore di Forza Italia, Luigi Grillo e all'esponente dell'Udc, Ivo Tarolli, al di là dei rilievi di carattere giudiziario che eventualmente verranno stabiliti dalla magistratura competente rappresentano un segnale bruttissimo sul piano etico e morale: quando due esponenti della politica si schierano in modo così esplicito con il governatore della Banca d'Italia e il suo protetto Giampiero Fiiorani, difendendo a spada tratta un'operazione così opaca come la scalata all'Antonveneta da parte della Popolare di Lodi, dovrebbero evitare di accendere conti correnti presso la banca in questione, così come il governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, avrebbe dovuto evitare di intrattenere relazioni pericolose di carattere familiare con l'ex numero uno della Popolare di Lodi.

Stando alle cronache finanziarie e, purtroppo, giudiziarie pare che dalla palude della vicenda Antonveneta e in particolare delle carte dell'ex Popolare di Lodi emergano responsabilità anche per il numero uno dell'Unipol, Giovanni Consorte. Non c'è da meravigliarsi: la compagnia assicurativa legata alle coopoerative ha sempre avuto alleanze piuttosto insidiose come quella di Emilio Gnutti o di Fininvest nelle società del finanziere bresciano, ma ora la cosa sta dilagando in modo preoccupante, tanto da mettere in imbarazzo i Ds e quindi il centro sinistra. I magistrati milanesi, infatti, lo avrebbero iscritto nel registro degli indagati non per la scalata alla Bnl, sulla quale la procura di Roma ha aperto un'inchiesta, ma per vicende finanziarie legate alla scalata Antonveneta, dove formalmente Consorte e l'Unipol non c'entravano nulla se non in veste di azionisti di minoranza della Bpi. Le indiscrezioni parlano di addebiti anomali e conti correnti strani ma nelle prossime settimane se ne saprà di più.

Anche il caso Ricucci potrebbe gonfiarsi a dismisura. Perché da quello che si è capito i magistrati stanno mettendo gli occhi sulle modalità piuttosto anomale con le quali l'immobiliarista ha rastrellato quattrini per la scalata al Corriere della Sera. E dai primi riscontri gli inquirenti si sono trovati davanti a un altro personaggio, il presidente della Confcommercio, Sergio Billè, anche lui in rapporti d'affari con il capo del furbetti del quartierino nella società Confimmobiliare e ora accusato di appropriazione indebita. Le relazioni pericoloso di Billè con Ricucci sono due: il versamento, avvenuto a febbraio scorso, di 39 milioni dal "fondo del presidente" a Ricucci per l'acquisto di un immobile che poi non si è mai realizzato e l'acquisto da parte della Confcommercio di azioni Rcs per tre milioni di euro.

Su tutta la vicenda Antonveneta e Bnl pesa come un macigno il ruolo che ha avuto la Banca d'Italia e in particolare il governatore Antonio Fazio, accusato per il momento di abuso d'ufficio dalla magistratura di Roma. Finora Fazio se l'è cavata per il rotto della cuffia, grazie alle complicità di una parte del governo ma per prosciugare la palude della tangentopoli dell'alta finanza si dovrebbe partire da un azzeramento dei poteri di Bankitalia.