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La nazione: il passato che non muore

di Fabrizio Fratus - 26/06/2007

Fonte: progettodestraunita

 



Uno dei maggiori problemi della Destra è l’incapacità di avere un
progetto
di società che sia al passo con i tempi. Viviamo in un’epoca di rapide
trasformazioni: ciò che oggi sembra moderno e avanzato nella realtà è
già
superato, è già un qualcosa di “vecchio”. La società corre, la Destra
guarda
e attende gli eventi reagendo sempre in modo disordinato e senza
risolvere
il problema. La Destra oggi è una forza reazionaria senza futuro, un
contenitore vuoto che attende dall’esterno ciò di cui ha bisogno per la
sua
stessa sopravvivenza. Spesso si perde nella parte destruens, nelle
polemiche
sterili e nelle proteste, dimenticando il momento propositivo, la parte

costruens. Disfa il gomitolo, ma non sa riavvolgerlo. La Destra oggi ha

ancora come valore predominante il concetto di Nazione. In epoca di
globalizzazione, in cui i confini come li abbiamo sempre considerati
sono
sorpassati, anacronistici, finiti e falsi la Destra risponde con la
Nazione
e l’autarchia. E’ anche da questo punto che risulta chiaro come sia
vecchia
e senza più idee. Ogni cosa per conservarsi deve rinnovarsi: come ha
scritto
Moller Van Den Bruck, essere conservatori non significa dipendere da
ciò che
è stato ieri, ma vivere ciò che è eterno.


Nascita dello stato Nazione

L’idea di Nazione è stata elaborata dalla cultura romantica, sintesi
dei
valori di un popolo in antitesi ai valori di altri popoli europei, in
contrapposizione alle nascenti idee figlie della rivoluzione francese,
idee
di egualitarismo e internazionalismo. Il nazionalismo, la Nazione, la
Patria
e tutti i principi morali che si identificano con essi - valori
militari, di
solidarietà, di identità - storicamente appartengono alla Destra. Con
la
rivoluzione industriale, nell’Europa post rivoluzionaria, e la
democrazia a
fine ‘700 si creano i due fronti contrapposti, uno della sovversione e
l’altro della conservazione, il primo che fa riferimento alla Sinistra
e il
secondo alla Destra. Con il termine conservazione non vogliamo
identificare
soltanto il mantenimento di istituti e privilegi, ma soprattutto dei
valori
connessi ad un certo tipo di società che faceva riferimento ad un mondo
che
trascendeva la vita della materia. Se di conservazione di istituzioni
bisogna parlare, si può fare riferimento piuttosto al mantenimento
della
strutturazione di un mondo dalle fondamenta spirituali, nei confronti
dell’allora dilagante materialismo. La rivoluzione industriale e la
rivoluzione francese non sono da considerare come la distruzione di
questo o
quell’altro ordine sociale, ma come negazione di tutti quei valori che
per
secoli hanno retto ogni ordine Europeo. L’illuminismo era esplicito nei
suoi
propositi, un manifesto della sovversione in cui si esplicava che la
religione è una “menzogna delle classi abbienti”, le tradizioni erano
invenzioni dei governanti per mantenere il potere, le differenze
sociali
delle ingiustizie contro l’individuo. L’illuminismo, e tutto quello che

deriva, è l’antistoria. L’illuminismo negava e nega la tradizione, il
passato, il sangue. Il romanticismo, nato in Germania, idealizzò le
tradizioni, riscoprì la storia, percorse all’indietro tutte le strade
lontane che davano senso al concetto di identificazione in un popolo.
Da
subito il romanticismo, comprese che l’industrializzazione selvaggia e
la
massificazione dei popoli avrebbe portato al disfacimento delle
identità di
appartenenza. La sua forza fu quella di trovare una nuova
legittimazione
nella cultura e nel sangue che prese il nome di NAZIONE. Reinserì le
forze
borghesi che la rivoluzione aveva liberato in un nuovo concetto di
solidarietà. Il romanticismo fu una grande rivoluzione per la
conservazione
di tutti quei valori che uomini come D’Alambert, Diderot, Voltaire
volevano
cancellare per sempre dalla storia. Riuscì a svuotare il veleno del
liberalismo perché creò una responsabilità nello STATO, che si fece
NAZIONE.
In tutta Europa la nazione fu il “il contenitore” di tutti i valori che

l’illuminismo aveva cercato di cancellare. Questi valori erano la
tradizione
contro il livellamento, lo stato nazionale contro l’universalismo,
l’onore
militare contro l’internazionale. Fu a metà dell’800 che coloro che
erano i
padroni della cultura in Europa salvarono i valori spirituali
tramandati dal
passato, che il materialismo, l’industrialismo e l’indifferenza delle
masse
stavano cercando di distruggere. Il mito della nazione si basava però
su un
presupposto, cioè che il mondo ruotasse intorno ad essa. Un mito a
breve
raggio, in cui si presumeva che la storia fosse in funzione delle
nazioni e
che ogni popolo confinante era un barbaro cioè un popolo che parlava
un’altra lingua e quindi un nemico. La concezione dello stato nazionale

negava quindi ogni presupposto per un’Europa come unità di sangue e
cultura.
Ci si era dimenticati, parlando di Roma e di classicità, che Greci e
Latini
erano scesi dal nord. Capitava che in Germania si esaltasse il Reich
senza
ricordare che proprio l’idea di Impero era stata trasmessa a Carlo
Magno da
Roma. Ci si era dimenticati di dire che i popoli che vivevano e vivono
in
Europa hanno lo stesso ceppo, con uno stesso senso d’appartenenza,
stesse
origini e stessa storia. La concezione nazionale aveva salvato il
popolo
europeo dall’ideologia Illuminista ma aveva frantumato la storia in
blocchi
ostili che avrebbero portato a future guerre civili del popolo europeo.
La
prima grande guerra mondiale fu la rivoluzione dei nazionalismi, i
giovani
di tutte le nazioni si entusiasmarono e si dissolse il fascino
dell’internazionale socialista. In Italia una piccola minoranza
rivoluzionaria sulla scia dei valori rappresentati dalla guerra
conquistò e
rivoluzionò lo stato dando origine al periodo dello stato fascista. La
prima
guerra mondiale fu anche la dispersione di quello che rimaneva del
vecchio
ordine europeo, finiva l’impero Austro-ungarico. Durante il periodo
delle
due guerre i fascismi cercarono di istituzionalizzare i nazionalismi,
creando, sotto la loro guida ideologica, un senso d’appartenenza
europea.
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale il concetto di Nazione
andava
terminando, i paesi dovevano scegliere in che blocco transnazionale
dovevano
intervenire, quello anglosassone o il blocco europeo. Con la fine della

guerra e la sconfitta del blocco europeo L’Europa è stata divisa in due

blocchi nemici, uno dipendente e satellite degli USA e l’altro, a est,
facente capo all’URSS. È stata la fine dei Nazionalismi Europei e la
morte
di una prospettiva di NAZIONE EUROPA.


Una Destra moderna, coraggiosa e lungimirante

Una Destra moderna deve comprendere la mutata situazione del mondo e
con la
fine del vecchio nazionalismo ha il dovere di non rinchiudersi in una
retorica visione nazionale, ma di lanciare il progetto di una Nazione
continentale, la Nazione Europa. Oggi la parola Nazione è rispolverata
da
coloro che l’hanno sempre combattuta: uomini che hanno sempre dato
valore a
posizioni egualitariste e internazionaliste, oggi non perdono occasione
di
parlarne e di elogiarne gli aspetti più banali, di riempirsi la bocca
con
qualcosa che storicamente non appartiene a loro e che, anzi, hanno
combattuto con tutte le loro forze. La realtà è che inneggiano a
qualcosa di
vuoto, che è assente di significato, inutile. Parole come Patria
appartengono a tempi passati in cui i nazionalismi europei si
affrontavano
sulle frontiere per rivendicare il loro territorio e la loro cultura.
Oggi
il nemico non è in Europa. Oggi il nemico è fuori dai suoi confini. Un
antagonista che ha paura dell’Europa e della sua storia, della sua
potenzialità economica, della sua cultura, della sua capacità di
rinnovarsi
e rigenerarsi. Il mondo che fino a quindici anni fa era diviso in due
blocchi bendefiniti e contrapposti è cambiato: i due schieramenti non
esistono più. Oggi viviamo con un unico gruppo egemone che vuole
decidere
dei destini del mondo senza considerare che vi sono altre culture,
altre
tradizioni, altre storie, vuole uniformare il restante mondo a sé in
un’ottica etnocentrica e massificata. E’ il ritorno dell’ideologia
illuminista, della fede nella ragione come unica fonte di verità,
dell’egualitarismo in cui gli uomini uguali per natura devono godere di

stessi diritti e di uguali doveri di cittadini. Da questi presupposti
nasce
la volontà di un governo mondiale in cui siano cancellate le differenze

culturali e di sangue in una concezione di determinismo storico per il
quale
un solo destino è possibile. La Destra, che da sempre si oppone a tale
progetto, è convinta che non è la storia che fa l’uomo, ma viceversa è
l’uomo che fa la storia negando quindi ogni tipo di determinismo
storico.


Un progetto per il futuro: Europa Nazione alleata della Russia

Alcuni decenni or sono Jean Thiriat elaborò la teoria geostorica
dell’Eurasia. Il geopolitico belga era convinto che la strada da
seguire
fosse quella che unisse le terre comprese tra Lisbona e Vladivostok in
un’unica nazione, uno spazio continentale armato che prende ragione
della
sua esistenza dal momento della caduta dell’URSS. Tale nazione, nella
prospettiva di Jean Thiriat, dovrà essere uno stato politico, un
sistema
aperto e in espansione che sia espressione di uomini liberi verso un
futuro
collettivo e condiviso. Questa visione tratta di uno stato unitario
delle
nazioni europee depurato dalle teorie federative e autonomiste, una
nazione
composta da un unico popolo che sarebbe nato dalla fusione degli
europei con
i popoli dell’ex Unione Sovietica. Tale progetto, per quanto
interessante e
affascinante, ci sembra alquanto utopico e irrealizzabile. Troppe
differenze
culturali, di lingua e di storia dividono il mondo europeo da quello
dell’ex
URSS. Molto più praticabile è invece, a nostro avviso, l’idea e la
possibilità di costituire un’Europa dei popoli federata ad una grande
Russia. Da questo blocco, unito ma separato nelle proprie specificità,
tradizioni, culture e identità, ci auspichiamo possa iniziare un
percorso
storico realizzabile e concreto. Il nostro è un atto di realismo
politico di
fronte all’unica potenza mondiale che domina il mondo e alla
prospettiva
futura di una grande Cina in concorrenza agli Usa. I due schieramenti
stritoleranno le nazioni europee rendendole, per chi sarà più fortunato
e
capace di riorganizzarsi, piccoli satelliti ad uso e consumo di una
delle
due potenze, mentre per le nazioni che non saranno in grado di
riorganizzarsi sarà la fine, verranno spremute sino a trasformarsi in
piccole nazioni da sfruttare. Noi europei, uomini di Destra non
possiamo
tollerare una tale prospettiva, non possiamo stare fermi ad aspettare
che i
progetti di altre nazioni si compiano sul nostro popolo, dobbiamo
tornare a
sognare il nostro futuro realizzando concretamente il nostro destino.
L’Europa si merita un destino europeo. Un destino che unisca la terra
da
Lisbona a Bucarest e che costituisca un patto federativo con la Russia
per
un futuro di indipendenza politica ed energetica. L’Europa è una terra
dalle
grandi prospettive future e sicuramente uomini come Donald Rumsfeld,
che
hanno definito in modo dispregiativo la nostra terra come “vecchia
Europa”,
non ha compreso che il nostro popolo sta prendendo coscienza che non
esiste
più un’indipendenza e un progresso possibile al di fuori da contesti
continentali. Lo stesso studioso delle società contemporanee, Ulrich
Beck,
nel suo ultimo saggio sulla globalizzazione ha motivato la costituzione
di
patti federativi nazionali per la costituzione di transnazioni, una
visione
che identifica i cambiamenti in atto nella società a cui andiamo
incontro e
che costruisca un mondo sicuro in un contesto multipolare. E’ proprio
in
questa prospettiva che la Destra si deve muovere. In un raggio che
trascenda
la nazione come confine per una visione nazional-europea per la difesa
della
nostra storia costruita in millenni. La Destra italiana non può
attendere
ancora, proprio ora che si stanno costituendo le nuove prospettive che
vedono nell’asse Parigi – Berlino – Mosca un futuro europeo in alleanza
alla
Russia. Lo stesso ministro degli esteri francese, Dominique de
Villepin, ha
espresso con notevole entusiasmo la sua adesioni alle tesi di tale un
asse
prospettate dal presidente Russo Vladimir Putin e dal capo del governo
tedesco Schroder. Vogliamo veramente restare fuori dal futuro del
nostro
grande sogno di un’Europa unita, armata e indipendente? L’Europa è una
grande madrepatria capace di risoluzioni diplomatiche di controversie
internazionali: che si assuma le sue responsabilità di faro della
civiltà
occidentale.