Massimo Fini sul proporzionale
di intervista di Carlo Passera - 15/12/2005
Fonte: lapadania.com
Massimo Fini, oggi (ieri per chi legge, ndr) è giunto il via libera finale alla nuova legge elettorale. Dopo tre legislature l’Italia chiude così la propria parentesi maggioritaria e torna al “vecchio” proporzionale. Tu sei stato proporzionalista anche nel periodo nel quale tutti si schieravano invece per il maggioritario...
«Sì, io mi son sempre dichiarato favorevole a un proporzionale alla tedesca, con uno sbarramento per evitare la proliferazione dei partitini».
Tu pensi che il proporzionale sia un sistema elettorale migliore in assoluto, o che semplicemente meglio si adatta al “caso italiano”?
«È un sistema che porta a vantaggi in generale e, inoltre, si adatta particolarmente bene alla situazione italiana perché noi abbiamo una storia e una cultura particolari, sfumature politiche che sarebbero una ricchezza (se fossero onesti coloro che le rappresentano) rispetto alla divisione, che non ci appartiene, tra destra e sinistra, tra schieramenti contrapposti. Il maggioritario è messo in dubbio anche in Inghilterra, dove nasce; là c’è un partito che prende quasi un terzo dei... ...voti e rimane sostanzialmente fuori dal Parlamento... Il proporzionale è il sistema più equo in assoluto; il maggioritario va anche contro la storia, perché sempre più oggi vi sono forze politiche che non sono qualificabili né di destra, né di sinistra: penso alla Lega Nord o, in altri Paesi, agli ambientalisti radicali. Sono formazioni che vanno oltre gli schieramenti tradizionali, come anche tutti i movimenti localisti. Ciò premesso, devo dire di non aver capito bene la questione della lista bloccata...».
Beh, la nuova legge esclude i voti di preferenza, l’elettore non può decidere di dare il proprio voto a Tizio piuttosto che a Caio, solo traccia la croce sul simbolo di partito. Gli eletti in Parlamento provengono da liste compilate dai partiti stessi, fa fede l’ordine con cui i vari candidati compaiono nell’elenco: se gli eletti sono sei, passano i primi sei nella lista, eccetera.
«Questo mi sembra allucinante, inquietante. Già il cittadino può avere molti dubbi su entrambi gli schieramenti, ma potrebbe voler dire: “Provo almeno a scegliere una persona di mia fiducia”. Così, invece, gli si toglie anche questo diritto per darlo ai partiti. Ribadisco il mio favore per il sistema proporzionale in quanto tale, ma davvero non riesco a capire come sia stato possibile “inquinarlo” con questa trovata, le cui ragioni purtroppo non mi sfuggono. Così si impedisce al cittadino di fare le proprie scelte».
Si dice che col meccanismo delle preferenze vadano a nozze soprattutto i signori delle tessere, i capataz, i maghi delle clientele.
«È vero, la preferenza avvantaggia i signori delle tessere; ma questa alternativa favorisce i “signori” e basta, quelli che detengono il potere nel partito, non lasciando alcuno spazio agli altri. Ogni tanto, col proporzionale e le preferenze, i “capi” qualche sberla la prendevano; così invece il potere dei partiti diventa intoccabile. Già il cittadino decide molto poco, non ha fiducia negli schieramenti, può invece averla in qualche persona (perché non sono tutti mascalzoni: quasi tutti, ma non tutti): con questa novità non conta davvero più nulla. Tra l’altro la Costituzione non dà ai partiti questa rilevanza assoluta, tratta il tema solo in un articolo, là dove dice che i cittadini possono organizzarsi in partiti per concorrere a formare la volontà nazionale. Così viene invece santificata la loro preminenza; è quasi una propaganda indiretta al mio libro Sudditi».
Gli avversari del proporzionale lo criticano con tre argomentazioni di fondo, vediamo cose ne pensi tu. Prima tesi: eliminando il maggioritario, che aveva favorito la creazione di un sistema faticosamente bipolare, si rischia di tornare alla perenne palude centrista e alla Balena Bianca. Come rispondi?
«La palude dalla quale siamo faticosamente usciti, purtroppo, era meglio di quello che siamo andati a costruire. Questo è il commento amarissimo di chi, come il sottoscritto, la Democrazia Cristiana l’ha combattuta da quando era ragazzino. Per una qualche eterogenesi dei fini, quella che è stata chiamata impropriamente la “rivoluzione italiana”, ossia il cambiamento del 1992-94, in realtà è stata una restaurazione al peggio. Dobbiamo addirittura rimpiangere quel senso dello Stato che abbiamo sempre rimproverato ai democristiani di non possedere, e che ora ci accorgiamo sia ancor meno presente nell’attuale classe politica».
Seconda obiezione dei detrattori di questa nuova legge elettorale: sarebbe un provvedimento “tagliato su misura” per favorire la maggioranza che l’ha votato. ”Questi provvedimenti si fanno col consenso di tutti”, spiegano i sostenitori di questa tesi.
«In parte sono d’accordo: una legge elettorale, specie se approvata proprio al termine della legislatura, richiederebbe un consenso più generale di quello che si è registrato in questo caso. La sinistra ha ragione, le regole del gioco devono essere condivise e non cambiate proprio in dirittura d’arrivo».
C’è, però, una contro-obiezione, in questo caso: il proporzionale “fotografa la realtà”, fa in modo che vinca chi ha più voti, il che come principio non mi pare sbagliato; e semmai è il maggioritario che rischia di far prevalere chi ha meno voti, come peraltro accaduto nel 1996. Insomma, non è una “legge-truffa” che modifica capziosamente il risultato delle urne.
«Questo attiene infatti ai vantaggi del proporzionale che abbiamo già detto, al fatto che sia un sistema più equo. Nulla da aggiungere. Il maggioritario toglie la proporzionalità della rappresentanza - che non è poco per un sistema democratico - senza dare nulla in cambio di positivo».
I nemici della nuova legge dicono in realtà che, se il proporzionale assicura la rappresentanza, il maggioritario garantisce almeno la governabilità...
«Non è vero che, in una situazione come quella italiana, il maggioritario garantisca una maggiore governabilità. Obbliga infatti alla creazione di coalizioni troppo eterogenee, costringe forze politiche lontane tra loro a stringere alleanze che, dopo le elezioni, non sono però in grado di governare il Paese. A sinistra c’è il problema di Rifondazione Comunista, a destra c’è la Lega Nord...».
La legge approvata prevede però un premio di maggioranza che a sua volta solleciterà questa aggregazione in poli...
«Sì, regalando così al proporzionale gli svantaggi del maggioritario... Non so perché, ma in Italia riusciamo sempre a fare le cose nel modo peggiore possibile. Ripeto, il proporzionale ha molti pregi; ma questo è un discorso perlopiù teorico, perché la scelta di impedire il voto di preferenza determina un mio giudizio negativo anche su questa nuova normativa».
C’è una terza, ultima argomentazione dei nemici del proporzionale: tornare a quel sistema contrasta con la volontà popolare espressa col referendum del 1993.
«Questa argomentazione non è decisiva, se non altro perché la volontà popolare è stata espressa più di dieci anni fa. Bisognerebbe fare un’altra consultazione, credo e spero che nel frattempo gli elettori si siano resi conto dell’errore fatto allora. Credo che sia proprio così, ormai in molti hanno capito che il sistema maggioritario non era adatto al Paese ed è addirittura in controtendenza storica. Il Parlamento, in qualsiasi caso, è svincolato dal dover rispettare una volontà espressa così indietro nel tempo».
Al di là dell’episodio specifico: non è un po’ un vizio della politica quello di ignorare bellamente il responso referendario?
«Direi che non è un vizio della politica: è la politica. Sono quarant’anni che vedo e vivo queste cose e sono giunto a una conclusione: abbiamo a che fare con oligarchie alle quali frega molto poco del cittadino, salvo andargli a chiedergli il voto appena prima delle elezioni. Per il resto, tentano solo di autotutelarsi e non hanno alcun interesse per la volontà popolare».
Un paio di domande sull’altro “tema del giorno”. Cosa pensi dell’arresto di Gianpiero Fiorani? È una vicenda parecchio brutta, comunque la si voglia interpretare.
«Aveva ragione Federico Fellini quando mi diceva che in Italia la realtà supera sempre l’immaginazione. Oggi ci sarebbe un’unica ragione per affidare i propri soldi a una banca, dato che gli interessi sono ridicoli: metterli al sicuro. Questi, invece, rubavano pure sui depositi! Da una parte è esilarante, dall’altra ho l’impressione che nella Penisola il più pulito abbia la rogna. È questo un Paese profondamente corrotto, non solo nella classe dirigente ma anche in parti notevoli della cittadinanza, altrimenti queste cose non potrebbero verificarsi con questa frequenza. Siamo messo peggio di certi Stati centrafricani; dire che siamo a livello sudamericano non è esatto, là hanno fatto cadere un paio di presidenti perché violavano le leggi. L’Italia di oggi è mortificante, verrebbe voglia di andarsene; attraverso il mio sito sono in contatto con un ex leghista che ora vive in Nuova Zelanda, mi spiegava come là sono riusciti ad andare al passo con la cosiddetta civiltà, ma nello stesso tempo a conservare la loro anima, le loro tradizioni. Certo, il loro Paese è molto meno popoloso... Ma resta il fatto che noi siamo in piena crisi e, se proseguono anche le difficoltà economiche, sono proprio curioso di vedere fino a che punto arriverà la pazienza degli italiani. Per altro temo che sia un popolo molto, troppo paziente...».
Il Paese è vecchio, carico di storia, sfibrato...
«Beh, ma è diventato marcio nel giro di trenta-quarant’anni, perché quando era ragazzo era fuori discussione che l’onestà personale fosse un valore fondamentale. La persona disonesta allora era additata al pubblico ludibrio, oggi invece è considerata astuta, “quella han capito come vanno le cose”. Questa mentalità si respira ovunque. Se uno fa un discorso di giustizia diventa giustizialista; se tocca la morale è moralista... Tutto ciò per poter violare le norme che ci siamo dati, così che qualcuno deve rispettare e altri no. In tempi diversi si sarebbe già fatta una rivoluzione. Penso alla gente della Val di Susa...».
Se n’è molto parlato.
«Già. Loro osano invadere un cantiere e vengono caricati dalla polizia in nome della legalità. I potenti, invece, trovano sempre un escamotage, una legge ad hoc che copra le malefatte. Alla fine cresce l’esasperazione, è inevitabile».
Fino a quando? Davvero pensi a un punto di rottura? La capacità civile di ribellarsi mi pare poca.
«Sì, è poca perché c’è un generale senso di impotenza. Dato che non si può ricorrere alla violenza...».
Lo dici quasi con un tono di rimpianto.
«È vero. Inizio a pensare che la democrazia, che si è affermata coi bagni di sangue, avrà presto restituita la pariglia. Aveva ragione Voltaire: la democrazia è la tirannia dei parecchi. E ricordo che uccidere il tiranno è sempre stato lecito».