Chimere, no grazie. Tra i Verdi qualcuno si accorge della manipolazione genetica umana
di redazionale - 07/09/2007
L
a decisione della Authority bioeticainglese di permettere la creazione
di embrioni ibridi ha allarmato anche i
Verdi italiani. Qualcuno coraggiosamente
si allontana dall’indifferentismo
etico di chi da sempre si batte contro le
tendenze scientiste ma lo fa con gli occhi
chiusi davanti all’ingegneria genetica
e all’uso di embrioni à la carte, raggiungendo
così le posizioni di altri ecologisti
europei. Ad avviare il nuovo corso,
o almeno a esprimere con chiarezza
un’opinione nuova è la senatrice Loredana
De Petris: ha dichiarato con nettezza
che “la creazione di embrioni uomo-
animale è abominevole dal punto di
vista etico. La scissione fra scienza ed
etica ha già generato esperienze devastanti
nella storia dell’umanità”. Riferendosi
alla manipolazione autorizzata
in Gran Bretagna di cellule ibride, l’esponente
verde denuncia “il rischio di
una sperimentazione scientifica che si
muove senza limiti in una zona grigia,
dove il confine tra ricerca per l’impiego
delle cellule staminali e clonazione
umana si rende sempre più sottile”. La
De Petris, infine, nega valore alla giustificazione
di queste eccentriche ricerche
per via degli effetti, peraltro del tutto indimostrati
e indimostrabili, che potrebbero
avere nella cura di malattie degenerative,
da lei giudicate come un “pretesto
per lasciare libero il campo al governo
degli interessi economici sul genoma
umano e animale”.
E’ importante che anche negli ambienti
verdi ci si sia accorti dei rischi di
manipolazione genetica e che si cominci
a riflettere sul problema etico dei limiti
che bisogna imporre all’uso delle
tecniche manipolative, che non possono
essere considerate lecite solo perché sono
diventate possibili. La difficoltà maggiore,
in questa battaglia culturale, è
quella di persuadere gli interlocutori a
fermarsi sul significato vero di principi,
a cominciare da quello dell’unicità e
dell’intangibilità della persona, sui quali
tutti si dicono d’accordo senza però
trarne le logiche conclusioni, assai meno
ovvie ed elementari di quanto appaia.
Invece di smarrirsi nel fine genericamente
umanitario, occorre domandarsi
che cosa si sta creando nel laboratorio
delle buone intenzioni e a quale prezzo.
Per opporsi al pensiero unico relativista
che sotto lo slogan della libertà assoluta
per la ricerca pratica l’irresponsabilità
di fronte alla dignità umana, servono
sensibilità etica e capacità logica, virtù
sulle quali non c’è ragione di dividersi
tra credenti e no. Come prova a dimostrare
una coraggiosa verde italiana.

