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Democrazia export: effetti di ritorno delle "guerre permanenti"

di Giancarlo Chetoni - 03/10/2007

 

Democrazia export: effetti di ritorno delle

“Mio figlio è morto, è vivo ma non c’è speranza, con colpi così non si sopravvive. Avrei molte denuncie da fare: è uno schifo. Sono tutti assassini, Prodi e Berlusconi”.
A parlare è Mario D’Auria, il padre di Lorenzo, l’agente del Sismi colpito alla testa in Afghanistan da un proiettile a lungo attaccato attaccato alle macchine di ventilazione assistita  all’Ospedale Militare del Celio di Roma in stato di coma irreversibile.
Sul fronte dell’inchiesta si aspettano i risultati degli interrogatori alla Procura di Roma dell’altro agente e dell’interprete feriti nel corso del blitz in Afghanistan.
“Chi lo sa - dice il padre di D’Auria – chi gli ha sparato” contestando la ricostruzione dei fatti fin qui accreditata dai media del Bel Paese. Non lo sapremo mai. E prosegue: “Ultimamente non voleva più ritornare a Herat. Era stanco e demotivato. Gli sono stato vicino per 15 giorni prima che tornasse laggiù. Dalla sua bocca non usciva una parola ma quello che gli passava per la testa era chiaro. Forse perché sapeva che dove andava lo aspettavano grossi pericoli. Domenica doveva tornare a casa per essere avvicendato dopo un ciclo operativo di 6 mesi. Era tornato in Italia per la nascita sella terzogenita che oggi ha 2 mesi con un permesso speciale”.
L’uomo racconta poi come ha appreso la notizia.
“Mi hanno chiamato per portarmi a Roma ma non sono andato perché altrimenti mi avrebbero arrestato. Andavano a fare ispezioni alla frontiera con l’Iran perché si doveva scoprire se le armi passavano di là per far contento Bush che commercia con le armi” .
Il padre di D’Auria non ha voluto dire di più, almeno per ora, lasciando aperto un interrogativo che pesa come un macigno. Voleva forse dire che gli Usa fanno transitare armi dall’Afghanistan in Iran per armare bande che tentano di destabilizzare dall’interno Teheran dalla provincia di Herat e di Farah sotto il controllo operativo del PRC e del West Rac di Herat affidato al contingente italiano di Isaf o che altro?
E’ presto per dirlo ma quel che è certo è che quanto afferma non può non lasciare la porta aperta a  contorni da giallo internazionale.
D’Auria è un fiume in piena è  indignato, e non lo manda a dire, dall’atteggiamento del governo che non ha avuto la sensibilità di accogliere con uno stracco di delegazione il figlio ferito gravemente al suo ritorno in Italia.
Alla scaletta  del Falcon 900 a Ciampino che era partito da Herat dopo uno scalo tecnico a Doha, non c’era nessuno della casta.
Né della maggioranza né dell’opposizione. D’Alema e Prodi erano al Palazzo di Vetro a fare lingua in bocca con Karzai, Ban Ki Moon, la Rice e l’ambasciatore Usa Khalizdad dopo aver dato il via libera all’intervento armato delle forze speciali di Isaf.
Gli Usa ci avevano già fatto sapere senza tanti fronzoli  che dopo  pagamento del riscatto e la liberazione di Mastrogiacomo non ci sarebbe più stato spazio per altre trattative. E così è stato.
Le conseguenze degli  ultimatum degli  “Alleati” sono sul piatto. E non è che l’inizio. Ascoltati dal procuratore aggiunto Franco Ionta l’altro sottoufficiale del SISMI rimasto ferito alla clavicola e l’interprete che gli accompagnava nella missione anche se non si potrà risalire alla prova certa di chi abbia sparato ai 2 militari: la banda che li ha sequestrati o Sas e Consubim di Varignano.
Tra i primi atti istruttori della Procura di Roma ci sarà prevedibilmente una consulenza balistica per stabilire sulla base delle testimonianze che saranno raccolte le compatibilità delle traiettorie dei proiettili  anche se indiscrezioni per ora non confermate in arrivo da Al Jazeera danno il colpo che ha attinto il collega di D’Auria come proveniente da un arma in dotazione a Isaf-Nato.
Che l’emittente del Qatar sia attendibile lo dimostra il comunicato emanato dal corrispondente locale a 12 ore dal “sequestro” dei militari italiani che li individuava come appartenenti al Sismi e indicava con esattezza il luogo del prelievo in prossimità del check point di Khoja Hesah sulla strada tra Zero Koh e Azzizbad quando l’agenzia afghana Pajhwoh, legata al governo Karzai, ancora brancolava nel buio.
D’Auria è stato stabilizzato in un Centro Medico di Enduring Freedom come il collega. Il che lascia escludere che possano restare indizi materiali  imbarazzanti in caso di “fuoco amico”.
La dichiarazione del portavoce della Nato Charles Anthony che assegna la responsabilità del ferimento degli uomini del Sismi ai “terroristi”  taliban parla chiaro e dice che non ci saranno reperti ritenuti.
Il ministro della Difesa Parisi che è andato a far visita al sottoufficiale del Sismi insieme all’ammiraglio Branciforte dopo aver incontrato la moglie ha commentato le parole del padre con evidente imbarazzo. Ha parlato dello sfogo di un genitore che può essere compreso anche se gli risulta che chi è stato vicino a D’Auria afferma che il “ragazzo” era pienamente consapevole e fiero della missione affidatagli.
Dichiarazione finalizzata, con tutta evidenza a circoscrivere la portata e il significato, anche politico, delle accuse lanciate dal genitore contro l’avventura dell’Italietta in Afghanistan. L’opinione pubblica che intende mandare a casa a maggioranza del 53 per cento l’intero ceto politico, dati di Pagnoncelli a Ballarò, al 72 % vuole anche la fine della (nostra) avventura coloniale nel Centro Asia.
Non più tardi di una settimana fa il titolare di Via XX Settembre aveva annunciato un ulteriore rafforzamento del (nostro) contingente a Kabul con l’invio di altri 500 scarponi nel quadro di un passaggio di consegne di comando, non meglio precisato, da Enduring Freedom a Isaf.
Un adeguamento che si è voluto definire tattico, concretizzato senza passaggi in Commissione Difesa, comunicazioni e voto a Camera e Senato, che a caldo, porterà a 2.900 il numero dei militari di Isaf-Italia nella Terra delle Montagne, ai confini di Cina e Iran, all’altro capo del mondo. Almeno per ora.
Dal giugno 2006 ad oggi il Governo Prodi ha fatto lievitare il nostro sforzo di “pace”, e di uscite da un Erario sfiatato, in Afghanistan di oltre 1.000 soldati dopo averne cambiato i “caveat” di impiego sul terreno con l’arrivo ad Herat nel mese di maggio 2007 di UAV Predator, C 130 J, di blindati VTLM Puma e Lince, di elicotteri AB 212 del Reggimento Aviazione di Casarza e di attacco M109 Mangusta della Brigata Aeromobile Friuli oltre che di una Compagnia Fucilieri dell’Aria dell’Ami per la protezione esterna della cornice di sicurezza del West Rac di Camp Arena e Vianini. E pensare che la Repubblica delle Banane conta di rimanere da quelle parti, per bocca del ministro della Difesa Parisi, almeno… fino al 2011.