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Una centrale a biomasse a 1.000 km dalle biomasse

di Francesco - 20/11/2007

 Questa è la storia dell'affare della municipalizzata di Bergamo che comprò nel 2006 le quote di una società (Vocem) fondata da un produttore di cemento di Casagiove (CE), zona ad altissima infiltrazione mafiosa. L’imprenditore casertano aveva in tasca finanziamenti e autorizzazioni sulla carta per fare una centrale a biomasse in Campania. Dopo una serie di compromessi politici che hanno riguardato tutto l’arco costituzionale e senza interpellare la cittadinanza (ad eccezione del sindaco del comune “ospitante”), furono trovate le autorizzazioni per farla a San Salvatore Telesino (BN), in una zona che si regge principalmente su vino, olio e prodotti della terra. Zona peraltro sprovvista della grande massa di legno e derivati che serve al funzionamento di una centrale a biomasse. La popolazione si è mobilitata, il sindaco ha “abiurato”, il presidente della provincia tentenna e prende tempo perché a in primavera si vota. Il progetto da un lato rischia di arenarsi e mandare in fumo tutti gli investimenti fatti dalla municipalizzata lombarda, dall’altro, data l’emergenza rifiuti campana, rischia di mandare in fumo tonnellate di spazzatura indifferenziata al posto delle biomasse. In quest’ultimo caso il valore della centrale decuplicherebbe. Come finirà?

Le centrali a biomasse funzionano bruciando legno e suoi derivati e in questo caso dichiarano di avere un impatto ambientale sostenibile (non considerando, ovviamente, le emissioni di diossina da combustione di qualsiasi centrale del genere), ma devono essere vicine alla fonte della materia prima (i boschi alpini, come in Val Pusteria). Il tutto diventa meno sostenibile se la centrale è alimentata da 50 camion al giorno che scendono dalle Alpi, dato che nel Telesino non c'è la "massa" di materie per farla funzionare a regime. In quella zona c'è invece un'economia che si regge principalmente su vino, olio e prodotti della terra. Il progetto prevede la costruzione del mostro (tra vigneti e uliveti di grande pregio) in una caratteristica e incontaminata valle famosa per la produzione di vini e oli esportati in tutto il mondo.

Ci sono seri rischi che la centrale venga utilizzata per bruciare i rifiuti dell'intera Campania.

Gli abitanti del territorio hanno formato un comitato intercomunale (con ben 14 comuni interessati) chiamato "Valle Telesina - Terra Mia". Lo scopo è quello di fronteggiare con una forte ed incisiva azione la realizzazione della centrale a biomasse nel territorio comunale di San Salvatore Telesino. Il Movimento Difesa del Cittadino presidenuto da Giovanni Festa, è sceso in campo con il comitato civico ed ha espressamente richiesto un intervento ad hoc presso gli Enti e le Istituzioni responsabili dei procedimenti autorizzativi affinchè diano un parere negativo, in sintonia con la volontà dei cittadini e nel rispetto del Piano Energetico Ambientale (PEA) della Provincia di Benevento, che non prevede tali Centrali. Il Piano dei rifiuti della provincia sannita prevede solo impianti a biomassa, nessuna discarica o impianti a Cdr, ma vista l'emergenza perenne per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti in Campania, il tutto lascia pensare che il passo verso l'utilizzo dei rifiuti solidi urbani nell'impianto di San Salvatore Telesino sia molto breve, semplicemente perché il valore dell'impianto decuplicherebbe (insieme alle emissioni dannose).

Inoltre accanto al mercato della vendita della pura energia si è sviluppato anche quello molto remunerativo dei certificati verdi, i documenti, cedibili sul mercato, che promuovono la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (solare, eolico, idroelettrico, mare, geotermia ed anche le biomasse sono considerate tali). Chiunque realizzi un impianto da fonte rinnovabile può richiedere al Gestore del servizio elettrico i certificati verdi che attestano l'effettiva produzione degli impianti, in modo da raggiungere gli obiettivi prefissati dal Protocollo di Kyoto (50MWh con validità di tre anni).

Come al solito chi ha deciso lo ha fatto senza tenere conto dell'impatto ambientale e dei rischi connessi all'installazione della centrale per tutti gli abitanti del comprensorio. Ci troviamo di fronte ad un altro capitolo del patto scellerato fra camorra e politica, garanti a vicenda per la loro stessa sopravvivenza, che si autoalimenta con il sostegno di operazioni legate al settore dei rifiuti?

Procediamo con ordine. Antefatto: la Provincia di Bergamo ha bisogno di energia a buon mercato. L'affare è d'oro: in soli cinque anni si rientrerebbe degli investimenti fatti e in più darebbe l'opportunità di fornire energia elettrica alle imprese bergamasche a basso costo. Dove rivolgersi allora? In quelle aree dell'Italia che sono ancora incontaminate e che possono beneficiare dei finanziamenti. Viene individuata quindi la ditta che ha accesso a questa montagna di soldi (a fondo perduto) della legge 488/92, che favorisce agevolazioni alle imprese che promuovono programmi di investimento. L'impresa in questione fa capo all'industria Calce Casertana di Casagiove (CE): è la Vocem (Vozza Cementificio), nata con atto pubblico da un notaio di Marcianise (CE) nel giugno 2001. Il progetto di costruire una centrale elettrica da 10 megawatt a biomasse viene approvato.

La Vocem presenta un progetto sui cosidetti Progetti Obiettivi Regionali (POR) finanziati da fondi della Comunità Europea e gestiti dalla Regione Campania, per un totale di 12 milioni e 296 mila euro sugli oltre 30 previsti dal progetto. Progetto quindi che deve per forza avere luogo in Campania, però senza vincoli espliciti sulla località: il bando di gara non vincola infatti l'erogazione dei fondi ad un'area, è sufficiente che rispetti i parametri minimi sulla qualità ambientale, l'utilizzo di fonti rinnovabili e l'assunzione di un dato numero di operatori.

A questo punto entra in scena la Provincia di Bergamo che con il gruppo Bergamo Energia non riesce a stare al passo del mercato che vede i colossi energetici avere il monopolio. Visto che nella valle orobica non è possibile produrne anche per ragioni ambientali (poi mi devono spiegare perché lì no e nel Telesino sì...) ma soprattutto non si può non approfittare di contributi a fondo perduto.

Quindi la multiutility della Provincia Abm inizia a guardare a sud: in provincia di Foggia si stringono accordi con Mistral per la produzione di energia eolica. Per le biomasse la prima opzione Taranto, nell'ambito di un intervento di riqualificazione di un'area ex-Italsider, non va a buon fine. Ci si deve rivolgere al Ministero delle Attività Produttive per i progetti c.d. asentiti, cioè quelli che hanno già avuto l'approvazione e soprattutto l'erogazione di fondi, l'ultima parte dei soldi della legge obiettivo, non più rifinanziabile.

L'Abm incontra quindi la Vocem: la multiutility bergamasca giudica redditizio l'affare valutato in 360mila euro. Nel casertano però non ci sono le condizioni per operare, visto che in quelle zone non si muove un mattone senza l'approvazione dei clan camorristici della zona.

L'Abm si rivolge ad un professionista dell'Enel (a sua volta interessata a nuove installazioni nella regione) per la ricerca dell'area dove costruire il nuovo impianto. La scelta cade su San Salvatore Telesino, un paesino di meno di 4 mila abitanti distante trenta chilometri da Benevento, la cui Provincia ha già approvato il Piano energetico che prevede l'installazione di diversi siti di impianti a biomasse. Abm acquisisce il 90% di Vocem, comprensivo del progetto e delle autorizzazioni, con la valutazione che ammonta al 10% del finanziamento ottenuto, 1 milione e 230 mila euro circa: la ditta casertana diviene così pubblica nel febbraio 2005, con Giorgio Berta presidente. A luglio dello stesso anno il Presidente della Provincia di Benevento Carmine Nardone (DS) firma con il collega bergamasco Valerio Bettoni un protocollo d'intesa che comprende materie d'energia e innovazione scientifico-tecnologica. Al tavolo delle trattative si siede anche la Marsec, il Centro di monitoriaggio satellitare delle aree del Mediterraneo, il quale chiede una partnership alla municipalizzata bergamasca. La trattativa non rispetta le previsioni, la Marsec è troppo onerosa anche per Abm. Si ripiega solo sull'acquisto di servizi di rilevazione satellitare del territorio. Intanto si avvia la domanda per l'autorizzazione regionale e si acquista l'area industriale per 450 mila euro.

Il 30 novembre 2005 si procede alla Regione Campania con la Valutazione d'Impatto Ambientale (VIA) obbligatoria prima dell'attivazione. Il gruppo di lavoro tra le due Province vede volti noti della politica locale: in quella di Bergamo c'è Giuseppe Fornasari, ex deputato DC corrente Fanfani e stretto collaboratore di Bettoni. A Benevento un altro ex-DC e Margherita, Giovanni Zarro, legato al Presidente Nardone. L'Abm affida poi una consulenza da 200 mila euro alla Abm2, società sorta per la realizzazione di opere pubbliche.

Ma presto ci si rende conto che per la gestione materiale dell'operazione, una volta ottenute le autorizzazioni, è necessario rivolgersi ad un partner privato. Un istituto di credito valuta la Vocem: per la cessione della maggioranza delle azioni si possono incassare anche 2 milioni e mezzo di euro, garantendo così il ritorno dell'investimento effettuato e la possibilità di avere energia a prezzi competitivi. Viene individuato il partner privato: è la joint venture tra la romana Acea e la belga Electrabel, leader nel settore nel Benelux.

A maggio 2006 si ottiene dalla Commissione Regionale l'esito favorevole al VIA, mentre a giugno Bettoni scende in Campania da Nardone a firmare una nuova intesa istituzionale tra le due province che prevede anche il coinvolgimento di Bergamo nella Marsec. Entro la fine del 2007 la centrale (che già doveva essere operativa per settembre 2007) se non dimostra che l'investimento è organico e funzionale rischia di perdere tutto il contributo pubblico. Il decreto della Regione Campania per la Valutazione d'Impatto Ambientale arriva solo il 5 ottobre 2006. In ritardo con i tempi, nel settembre 2006 Vocem richiede la sospensiva dei termini per l'ultimazione del progetto, con la banca che a dicembre ha riconosciuto il prolungamento dello scadere del termine ultimo di un anno, cioè a fine 2008. Il via ai lavori è comunque bloccato: in attesa della decisione della Conferenza dei servizi anche la banca erogante attende la decisione prima di formalizzare al ministero l'accettazione della richiesta di differimento dei termini. Inoltre l'accordo con AceaElectrabel salta al momento della firma: sfuma l'opportunità di vendita del 51% di Vocem per la modifica del Piano Industriale apportata dalla municipalizzata bergamasca per rientrare nei nuovi parametri dei materiali da trattare negli impianti biomasse.

Ad agosto 2007 un nuovo colpo di scena: con 20 voti a favore, ed uno solo contrario, quello del presidente della Provincia Carmine Nardone, il Consiglio Provinciale ha chiesto di bloccare la realizzazione di centrali a biomasse nel Sannio.

"Il Consiglio provinciale - si legge nel documento approvato - ritenuta e rilevata la contrarietà alla realizzazione di impianti per la produzione di energia elettrica con termovalorizzazione di biomasse nei comuni di San Salvatore Telesino e Reino; ritenuta e rilevata la difformità rispetto al Piano Energetico Ambientale circa la realizzazione di impianti per la produzione di energia elettrica con termovalorizzazione di biomasse nei comuni di San Salvatore Telesino e Reino; chiede di sospendere tutti gli atti e iter amministrativi in corso e da porre in essere per i progetti di San Salvatore Telesino e Reino; chiede alla Regione Campania di sospendere ad horas tutte le autorizzazioni poste in essere per tali progetti e tutti i procedimenti amministrativi in corso; impegna la Giunta provinciale a porre in essere tutti gli atti amministrativi necessari per l'esecuzione del presente deliberato".

Per il consigliere provinciale Giuseppe Creta, sindaco di San Salvatore Telesino, la realizzazione delle due centrali, in realtà, maschera la costruzione di un impianto di trattamento dei rifiuti mediante la termovalorizzazione: "Non li vogliono i Comuni, non li vogliono i numerosi comitati civici locali ed intercomunali, non li vuole l'opinione pubblica, non li vogliono i cittadini che qui rappresentiamo. Noi qui dobbiamo rispettare la volontà del popolo. Il nostro voto, quindi, non può che essere contro le centrali a biomasse, contro i i termovalorizzatori e gli inceneritori di ogni tipo e forma sul nostro territorio". Il presidente della Provincia Carmine Nardone che ha contestato la confusione tra impianto di biomasse e impianto di trattamento dei rifiuti. "Gli impianti di biomasse – ha detto - non posso bruciare le ecoballe, anche perché queste sono di proprietà FIBE per venticinque anni e quindi non possono essere trattate da altri; inoltre, le ecoballe non sono in alcun modo smaltibili nemmeno dal termovalorizzatore di Aversa, figurarsi se possono essere bruciate da un impianto di minore potenza quale l'impianto di biomasse". Nardone ha poi ricordato che "il decreto del Governo Berlusconi ammette che sia uno solo il responsabile del procedimento, cioè la Regione, e comunque distingue tra impianto di biomasse e impianto di rifiuti. Anche il Governo in carica indica che la valorizzazione delle biomasse è un metodo importante per produrre energia".

Isolato anche nella sua stessa maggioranza Nardone, che governa la Provincia di Benevento ininterrottamente dal 1998 dopo due elezioni vinte plebiscitariamente, ha presentato le dimissioni.

Il 5 settembre 2007 è arrivata la sospensione della procedura per l'impianto della Vocem dopo che nell'ottobre 2006 aveva ricevuto l'approvazione sulla Valutazione di Impatto ambientale. Lo stop è giustificato dalla necessità di verificarne la compatibilità con il Piano per la qualità dell'aria approvato a giugno dal Consiglio campano.

Naturalmente a Bergamo non sono soddisfatti di tutti questi ostacoli che questo progetto così remunerativo sta incontrando e spingono verso una risoluzione favorevole della questione.

Lo strappo con Nardone è stato ricucito ma il Consiglio provinciale di Benevento non ha detto ancora sì alla centrale. Il Presidente ha ritirato le dimissioni a condizione che i progetti delle centrali vengano rivisti dall'Enea, dall'Università del Sannio, e da tecnici qualificati nominati dai Comuni di San Salvatore Telesino e Reino. Sullo sfondo ci sono le elezioni amministrative della prossima primavera: allora la decisione di ricompattare la coalizione lascia pensare sia stata una mossa politica per arrivare uniti al voto, per poi rimandare il destino dell'impianto biomasse alla prossima amministrazione provinciale.

Insomma, una melina nella più classica tradizione della politica italiana. Ma chi si troverà a decidere dovrà tenere a mente la sentenza della Corte di Giustizia europea che recentemente ha condannato l'Italia per l'inceneritore di Brescia, gestito dalla municipalizzata ASM. La causa è il mancato eseguimento della VIA, la Valutazione d'Impatto Ambientale prima dell'attivazione dell'impianto lombardo. I giudici hanno ribadito che i cittadini devono essere sempre informati in merito alle domande di nuove autorizzazioni per gli inceneritori "al fine di consentire al pubblico di esprimere le proprie osservazioni prima della decisione dell'autorità competente", si legge nel testo della sentenza. I giudici europei quindi sottolineano che non sono state rispettate le normative comunitarie per non aver sottoposto alla valutazione d'impatto ambientale il progetto di terza linea e, per la prima volta, per non aver permesso all'opinione pubblica di esprimere le proprie osservazioni. Un precedente importante, per il futuro, in tutti quei luoghi ove le scelte che condizionano il futuro di una comunità vengono prese senza che i cittadini vengano interpellati.