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Il piano Post-Tsunami accelera il progetto neoliberista

di Francois Houtard - 04/01/2006

Fonte: Comedonchisciotte

 

Un anno dopo lo tsunami del 26 Dicembre 2004, che fece circa 40.000 vittime e provocò l’evacuazione di 800.000 persone, il piano di ricostruzione del governo contribuisce ad accelerare il progetto neoliberista. A partire dal 1977, e secondo le esigenze di adeguamento strutturale, il presidente Jayawardena dell’ UNP (United National Party) aveva adottato una politica di liberalizzazione del commercio, di apertura del mercato, di riduzione delle spese statali, il pagamento fedele degli interessi del debito, e messo in opera lo sviluppo di infrastrutture destinate ad attirare il capitale estero.

Il Presidente Predamasa, suo successore, aveva accresciuto il sogno di trasformare l’isola in una nuova Singapore, creando ad Hambatota, nel Sud del Paese, un porto ed un aeroporto internazionali capaci di far concorrenza alla Città - Stato.

Nel 1996, la Banca Mondiale stabiliva un piano per lo sviluppo del Paese. Questo prevedeva la sostituzione della produzione di riso con colture d’esportazione, l’acceleramento dell’urbanistica, lo sviluppo dei lavori pesanti di infrastruttura portuale, aeroportuale e stradale, la deregolamentazione del mercato agricolo, la privatizzazione dell’acqua e delle risorse naturali e consigliava una più grande partecipazione del settore privato nell’educazione e nella sanità. Poiché il governo dell’epoca non avanzava abbastanza velocemente nella messa in opera delle riforme, la Banca Mondiale sospese i crediti internazionali per un anno.

Nel 2002, il governo dello Sri Lanka pubblicò “Regaining Sri Lanka”. Avallava il piano della Banca Mondiale, stimando che l’eliminazione della piccola agricoltura risicola (un milione di produttori) avrebbe permesso di disporre di una mano d’opera a basso costo e di attirare capitali esteri, e proponeva una riduzione del costo del lavoro per rendere il Paese più competitivo.

Lo sviluppo neoliberista, come dappertutto, accentuò le distanze sociali e la povertà. Il rapporto del PNUD segnalò che, nel 1992, il coefficiente di Gini (la distanza fra i redditi più elevati ed i più bassi) era, nello Sri Lanka, uno dei più elevati del mondo, laddove il Paese aveva perseguito, prima, una politica dei redditi più equilibrata ed uno sviluppo della protezione sociale, dell’ educazione e della sanità. Secondo la FAO, il tasso di povertà era passato dal 13% nel 1965 al 48% nel 1998.

Le reazioni popolari non tardarono a manifestarsi, tra l’altro contro le grandi opere che distruggevano i mezzi di vita e di sostentamento dei pescatori o dei contadini, la privatizzazione delle foreste e delle risorse naturali, la diminuzione della protezione sociale e delle pensioni. Più di 115 organizzazioni ed iniziative contadine si unirono nel MONLAR ( Movement for National Land and Agriculture Reform) per organizzare proteste nazionali, stabilire negoziati con il governo e la Banca mondiale e formulare proposte alternative. Nel 2002, fu creata l’Alleanza delle Organizzazioni di difesa della natura e dei diritti dell’uomo (ANRHR), comprendente un ancor più largo ventaglio di movimenti: donne, studenti, ecologisti, associazioni religiose buddiste e cristiane, ecc. La pressione popolare riuscì a frenare alcuni progetti: la privatizzazione dell’acqua, quella di uno dei principali giacimenti di fosfato, la cessione di una foresta ad una multinazionale degli Stati Uniti, ecc.

Lo Tsunami si verificò sotto un governo UNP, il cui Primo Ministro, Ranil Wickremesinghe aveva appoggiato l’intervento americano in Irak. Il Paese si era allineato sull’Occidente sin dalla Conferenza dell’OMC a Cancun. L’occasione era dunque buona per utilizzarlo al fine di risollevare il progetto neoliberista. Il governo reagì prontamente mettendo in piedi la Task Force to Rebuild the Nation (TAFREN), composta di dieci membri, due rappresentanti del governo e otto uomini d’affari, in prevalenza del settore turistico. Mentre il Ministro del Piano pubblicava, nel Gennaio 2005, un rapporto sui bisogni della ricostruzione a corto e medio termine stimato a 1,5 miliardi di dollari, TAFREN elaborava un piano a lungo termine destinato a costruire “ una nazione rispondente alle aspirazioni ed ai sogni del 21esimo secolo, quello di una società modernizzata”.

1) Riservare le zone costiere al turismo facendo indietreggiare gli insediamenti di popolazione verso l’interno, soprattutto i piccoli pescatori : 15 zone di turismo sono proposte, con hotels di diversi standard e attracchi per yachts, coprenti 1225 Km2 , laddove solo 400 KM2 sono stati toccati dalla catastrofe. Un investimento di 1,2 miliardi di dollari è previsto, quando 160 milioni di dollari erano stati attribuiti alle peschiere dei 150.000 pescatori colpiti dallo Tsunami. 2) Promuovere la pesca industriale attraverso la costruzione di porti adeguati e l’acquisto ( o il dono ) di motopescherecci. 3) Costruire delle autostrade costiere. 4) Stabilire nuove città che possano, in partenza, contenere 200.000 abitanti.

La Banca Mondiale fu incaricata dell’amministrazione dei fondi. Nel Maggio del 2005 la stima del costo della ricostruzione era passata a più di 3 miliardi di dollari. Nello stesso tempo, le autorità nazionali ed internazionali approfittavano della situazione per realizzare altre parti del progetto neoliberista. Quattro giorni dopo il disastro, il parlamento votava la legge sulla privatizzazione dell’acqua. La vendita a una multinazionale straniera del più ricco giacimento di fosfato fu conclusa. La privatizzazione dell’elettricità e della compagnia petrolifera fu avviata. Nel Maggio 2005 un Forum di valutazione riunì a Kandy la Banca Mondiale, l’ FMI, la cooperazione giapponese e altri donatori. Le ONG più impegnate, fra cui MONLAR, non furono convocate.

Quanto all’aiuto alle vittime, era lontano dal seguire il ritmo auspicabile. Le famiglie che avevano perso membri ricevettero 150 dollari per persona deceduta. Un aiuto in cibo fu assicurato per tutti, in parti uguali, fra regioni dell’Ovest e del Sud (cingalese), del Nord (tamil) e dell’Est (mista), ma la ricostruzione dell’insediamento resta molto scarsa e soggetta a discriminazioni. Milioni di famiglie vivono ancora in rifugi provvisori, molto vulnerabili alle intemperie. Su 41.000 case da costruire, meno di 2000 lo erano state a fine agosto.

Le associazioni popolari si mobilitarono per rivendicare la priorità del diritto delle vittime. Un rapporto fu inviato al Parlamento Europeo da MONLAR.. Le associazioni dei pescatori realizzarono più assemblee nazionali. Il movimento delle donne Savisthvi Women’s Network realizzò un’ inchiesta per presentare i bisogni delle comunità colpite. In fine, una Commissione popolare di pianificazione (Peoples Planning Commission ) fu formata da MONLAR e l’ANRHR, per proporre un piano alternativo al nuovo presidente. Quest’ultimo, Mahinda Rajapokse (nella foto sotto), eletto a fine novembre 2005, è membro del FSLP, partito socialmente più sensibile dell’UNP, ma per contro sostenitore di una linea dura nei negoziati con l’LTTE ( Movimento indipendentista tamil ). Questi stabilì un nuovo organismo di ricostruzione che ricomprendeva TAFLEN e due altre istituzioni di Stato.

 

Dopo 23 consultazioni con le vittime delle diverse regioni, la Commissione elaborò un piano a corto e medio termine, centrato sui bisogni immediati delle popolazioni colpite e contenente anche propositi a lungo termine: partecipazione delle organizzazioni popolari alla ricostruzione; appoggio ai piccoli pescatori e agricoltori ed alle imprese locali per una razionalizzazione della produzione, l’apertura di crediti e l’organizzazione del mercato; politica sociale dell’insediamento; miglioramento delle strade locali e delle ferrovie, rinforzo dei servizi pubblici e garanzia del loro carattere nazionale: acqua, elettricità, salute, educazione. In breve, un orientamento di sviluppo in funzione dei bisogni della maggioranza della popolazione e soprattutto dei più poveri e non una crescita spettacolare al servizio di meno del 20% di questa, che favorisca certi interessi privati e dipendente dal capitale internazionale. Il nuovo presidente ascolterà questa voce, o sarà costretto, per restare al potere, a conformarsi al modello imposto dalle grande organizzazioni finanziarie internazionali ? Il futuro ce lo dirà.

Francois Houtard
Fonte:
http://www.michelcollon.info
Link:http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2005-12-14%2012:12:22&log=invites
Dicembre 2005

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIORGIA