


Fin qui non sembrerebbe nulla di nuovo visto che Kerouac già aveva profetizzato l’idea di una fuga come salvezza dall’ipocrisia e da quel “lavaggio del cervello” che la società contemporanea impone all’individuo. Di coloro che come Chris si caricavano uno zaino in spalla e partivano all’avventura così Kerouac scriveva: «Nomadi con il sacco sulle spalle, che si rifiutano di aderire alle generali richieste ch’essi consumino prodotti e perciò siano costretti a lavorare per ottenere il privilegio di consumare tutte quelle schifezze che tanto nemmeno volevano veramente come frigoriferi, a
pparecchi televisivi, macchine, almeno macchine nuove ultimo modello, certe brillantine per capelli e deodoranti e tutta quella robaccia che una settimana dopo si finisce col vedere nell’immondezza, tutti prigionieri di un sistema di –lavora, produci,consuma,lavora, produci, consuma…». Quello che però rimane d’attualità è uno spirito di ribellione che evidentemente la società capitalistica, e tantomeno quella comunista, non sono riuscite del tutto a sedare nelle nuove generazioni.

Il mettersi in viaggio per il giovane Chiris così come per Sal Paradise, protagonista di “On the road”, ha una valenza simbolica profonda che assume l’aspetto del rito inziatico con il quale si cambia definitivamente. Entrambi i viaggiatori, seppur con esperienze molto diverse, sono accomunati dalla ricerca di una felicità che non corrisponde ai canoni assodati e che inseguono nel loro vagabondare. E poco importa se il person
aggio di Kerouac finisce per sperimentare le droghe, la libertà sessuale, i paradisi artificiali perché il fine ultimo del suo viaggio è la conquista di una dimensione nuova, di un qualcosa che i i soldi o la posizione sociale non possono garantire. Forse è proprio l’incontro con Dio il fine di questa ricerca, come peraltro ammise candidamente lo stesso Keoruac quando all’epoca gli chiesero che cosa cercasse davvero: «Dio.Voglio che Dio mi mostri il suo volto». E anche Chris insegue la sua felicità cercandola nella natura, quella aspra e selvaggia del nuovo mondo e nella solitudine dove televisione, marketing e mode non hanno più alcun valore. Chris diventa a tutti gli effetti un rivoluzionario, un qualcosa che sfugge al controllo della società, ai valori consolidati. Una sorta di San Francesco laico che con la svestizione scopre una dimensione nuova in cui l’elemento spirituale è primario. Non c’è bisogno di prendere i voti e indossare un saio per cercare Dio o qualcosa per cui valga la pena vivere davvero e questo Chris lo dimostra a pieno titolo.
