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L’economia? È a rischio ’29

di Loretta Napoleoni/Paola Springhetti - 23/01/2008

Napoleoni: «Tutto vive sulla sussistenza, sugli espedienti, sull’illegalità. Si sgretolano i principi sui quali si è costruito l’Occidente»  


 

 I
l ceto medio americano tanto indebitato da non farcela più, le schiave del sesso lungo le strade europee, i contadini ridotti alla fame dalle banane vendute a prezzo troppo basso, hanno in comune il fatto di essere frutto dell’'economia canaglia'. Quella che si nutre del mercato cinese dei falsi, del riciclaggio dei soldi mafiosi, della mirabolante ascesa della finanza islamica, dello sfruttamento dei lavoratori in tutto il mondo.
  A definire canaglia questa economia cresciuta nel passaggio di secolo è Loretta Napoleoni, considerata tra i maggiori esperti di economia internazionale e di terrorismo. La casa editrice Il Saggiatore ha appena pubblicato il suo ultimo libro, intitolato proprio
Economia canaglia. Il lato oscuro del nuovo ordine mondiale.
 «Ho scelto il termine 'canaglia' perché cercavo una definizione che esprimesse non tanto un concetto di illegalità o criminalità, quanto il fatto che in situazioni anomale si aprono opportunità che alcuni individui
riescono a cogliere sfruttandole per arricchirsi», spiega Napoleoni. «Nell’economia canaglia c’è chi agisce nell’illegalità, ma anche chi semplicemente agisce nell’assenza di regolamentazione. È un po’ il concetto degli Stati canaglia, che non sono necessariamente criminali, ma possono diventarlo».
 Lei sostiene che in questi ultimi anni – proprio in corrispondenza del diffondersi della democrazia – il numero degli schiavi nel mondo è aumentato enormemente. Perché democrazia e schiavitù si accompagnano?

 «Non possono dire che la democrazia esporta la schiavitù, ma c’è comunque una correlazione numerica: è un fatto che dalla decolonizzazione il mercato degli schiavi è cresciuto.
  Tanto che, essendo l’offerta superiore alla domanda, il loro prezzo è crollato. La transizione tra regimi coloniali e democratici, o tra regimi comunisti e democratici, è avvenuta attraverso crisi economiche e politiche che hanno permesso il ritorno della schiavitù».

 Quando si parla di economie anarchiche, illegali, produttrici di disparità e ingiustizia sociale si pensa sempre ai Paesi del Sud del Mondo. In realtà nel suo libro ne parla anche a proposito degli Stati Uniti e dell’Europa.

 «Non viviamo più in una situazione di Nord e Sud, ma in una economia globalizzata, in cui tutto è fluido, e non funzionano più le vecchie schematizzazioni.
  Si teme per gli Stati Uniti e per l’Europa una recessione seria, che potrebbe creare sacche di grande povertà anche in Occidente. Si stanno sgretolando i principi economici e politici che sono stati i cardini dell’Occidente: basti pensare che il più grande esportatore mondiale è la Cina, che ha una crescita mondiale del 13% e ha sottoscritto il 65% del debito americano. A questo punto, che cosa è Nord e che cosa
è Sud?».
 In Italia l’economia canaglia esiste?

 «Mentre in Inghilterra, in Francia, in altri Paesi è solo una parte dell’economia, io penso che in Italia sia il 90%. Un esempio banale? Non si trova lavoro se non attraverso conoscenze. Non è un reato, ma è un malcostume, e fa parte dell’economia canaglia.
  L’Occidente è in mano a coloro che speculano sul mercato delle materie prime, non per dare liquidità al mercato, come succedeva prima, ma come mestiere sistematico e continuativo. Ecco perché ci troviamo oggi con tutte le borse in caduta, mentre un anno fa erano tutte in ascesa. Ancora una volta, questo non è illegale, ma fa parte dell’economia canaglia».

 L’economia della criminalità organizzata ne fa parte?

 «L’economia criminalizzata è un altro concetto, ma all’interno dell’economia canaglia quella criminalizzata riesce a capitalizzare al massimo le opportunità».

 Perché la politica non riesce a intervenire su tutto questo?

 «Alla politica la situazione è sfuggita di mano
perché oggi essa fa, sostanzialmente, marketing. La scomparsa della destra e della sinistra ha lasciato campo libero allo Stato-mercato. Non c’è più battaglia di idee, ma solo marketing: si vende all’elettorato il prodotto che in quel momento vuole, e così si viene eletti».
 Uno degli effetti dell’economia canaglia è che sta distruggendo il ceto medio.

 «Lo ha già distrutto, sprofondandolo nella povertà.
  Inoltre, la forbice tra i ricchi e i poveri si è ampliata al massimo, portando la concentrazione
della ricchezza in poche mani. È un po’ la stessa situazione che si era creata nel ’29, ed è molto pericolosa».
 Nei paesi poveri questo tipo di economia che effetti ha?

 «In quelli veramente poveri l’economia canaglia è l’economia di sussistenza. Nel Congo, se non ci fosse il contrabbando dei diamanti, legato agli schiavisti e ai signori della guerra, la gente morirebbe di fame. La domanda è: come eradichiamo l’economia canaglia senza avere un’alternativa?».
 
Lei però sembra non essere totalmente pessimista sull’economia canaglia.
 «Sono convinta che prima o poi rientrerà, che ci sarà un nuovo sistema economico e politico, che si arriverà a formulare un nuovo contratto sociale. Ma noi viviamo dentro una grande trasformazione e dobbiamo viverla fino in fondo: non torneremo mai al sistema socialista, non torneremo mai alla guerra fredda, possiamo solo andare avanti. Il capitalismo è inarrestabile, e non è concepibile
un altro sistema economico.
  Dobbiamo solo fare in modo che questo sistema raggiunga – come è successo a tutte le grandi trasformazioni economiche e sociali nella storia – un punto di equilibrio. Il problema è che questo punto di equilibrio non sarà raggiunto da noi europei, che non siamo i veri attori del processo – ma dai Paesi emergenti, come la Cina e l’India. Per il semplice motivo che questi sono i mercati: Europa e Nord America insieme hanno la metà dei consumatori della sola Cina».
 




Un gargoile posto su un grattacielo della finanza a New York.