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Per la Terra

di Giuseppe Moretti - 10/01/2006

Fonte: filosofiatv.org

 

 

 

     Alla domanda sulle sorti del movimento controculturale degli anni ’60 e ’70, Frank Zappa, musicista e artista molto apprezzato a quell’epoca rispose: “il problema è che loro (il sistema) sanno esattamente cosa vogliono. Noi invece no”. Questa risposta, apparentemente semplice, è rimasta nella mia mente per tutti questi anni: sempre viva, sempre attuale.

     Certo sono state date e si stanno esplorando un campionario completo di risposte, dalle più creative alle più estreme. Dal dito puntigliosamente puntato verso i mali della società alla ricerca di nuove vie per l’umanità. Risposte di valori, di identità, di solidarietà, di libertà, di giustizia sociale. Eppure nonostante si tratti di affermazioni condivisibili e auspicabili suonano come ovvie, monche.

     Ovvie, perché in un sistema culturale-sociale-dual-verticistico come il nostro è chiaro che vi sia  un desiderio profondo di riequilibrio che, in un modo o nell’altro, riemergerà sempre. Noi non siamo solo frutto di questa società, di questa cultura.

     Monche, perché come specie abbiamo scordato che viviamo in un mondo più ampio di relazioni. E per, “un mondo più ampio di relazioni”, non intendo solo ciò che sta accanto al nostro piccolo ‘orticello’ di ceto sociale, società, Stato, e cioè i deboli, gli emarginati, gli immigrati, i diversi, i rifugiati, ma di andare oltre sino ad includere “l’Altro”—il mondo non-umano.

     Quasi ovunque nel mondo occidentale….e non solo, questi modelli di relazione con le dinamiche della vita ecologica sono stati distrutti da una monocultura globale che ha banalizzato culture millenarie e manomesso delicati equilibri ecosistemici. Le nostre vite corrono su modelli dettati da urgenze di efficienza, produzione e consumo, che sempre più ci distanziano dal Mondo Reale circostante.

     Si dirà: è paradossale che in un momento così intenso di problemi, di tensioni e di scelte si debba prendere in considerazione ciò che ha da dirci la montagna, il gufo o lo scarabeo. Ma la gravità della situazione impone di superare le comodità di una concezione di privilegio e di comprendere finalmente che tutto è in relazione: dal mattino, quando ci alziamo, fino a sera tardi la nostra esistenza è supportata e si interpenetra con il mondo animale, minerale, vegetale e fisico che ci sta attorno.

     Nei lavori agricoli, non si tratta solo di seminare e raccogliere, ma di essere consapevoli dell’intreccio che alimenta il mistero della vita. Nell’industria, non si tratta solo di produrre beni, materiali ed energia, ma di comprendere e valutare il loro impatto sia alla fonte che al consumo. Nelle politiche, non si tratta solo di fare scelte e programmi per soddisfare le richieste di benessere e di progresso della società e del mercato, ma di valutare e decidere con saggezza tenendo conto della profonda interconnessione fra la comunità umana e le altre entità presenti in natura.

     Fiumi, Montagne, Minerali, Alberi, Animali, Sole, Vento, Erbe, Odori, Sapori, Muschi, Microbi, Fuoco, Arcobaleno, Paesaggio, Boschi, Foreste, Valli, Paludi, Mari, Laghi, Ghiacciai, Suoli.

Questo è il Mondo Reale da cui dobbiamo guadagnarci il nostro Bentornati a Casa. Questa è la consapevolezza del  Mondo Reale senza la quale siamo destinati ad una vita sempre più alienante, sempre più insana.

     Non si tratta di concetti anacronistici, antiumani. Anzi infondono un senso di interezza, di direzione, di appartenenza, di ispirazione vitale. Una condizione essenziale per innescare quelle nuove-antiche sensibilità, per comprendere il nostro “essere” sulla terra, e per guidare le nostre azioni verso il “centro” dei problemi e le miserie della società attuale. La sfida sta allora nel completare-arricchire le nostre risposte del senso di relazione con la più ampia comunità senziente. Farlo permette di riapprendere i linguaggi e i modelli primari-selvatici.

     Noi siamo parte della natura e nel profondo inalienabilmente selvatici, ma da tempo ne abbiamo perso la consapevolezza. Ne siamo così avulsi che persino il significato stesso della parola “selvatico” è stato stravolto. Nel dizionario diventa: incolto,furioso, folle, incoerente, incontrollato.

     Nella natura selvaggia incolto è: l’incontaminato granaio che alimenta la vita (ad esempio, l’energia che alimenta la macchina da scrivere su cui sto lavorando proviene dall’ancestrale “incolto” della natura); furioso è: il guizzo della donnola che carpisce la preda nell’incessante rincorrersi della vita e della morte; folle: nel senso del selvatico è il lampo di genio a cui attingono poeti e artisti; incoerente: l’apparente mancanza di coerenza della natura è tale solo all’osservatore disattento o in mala fede, incapace di cogliere l’intreccio che lega ogni minimo evento, cosa o essere; incontrollato: non è altro che lo spirito originale, non addomesticato di tutti gli esseri liberi.

     Il cervo e il fiume non vogliono compassione, protezione. Non vogliono persino essere ammirati o rispettati più di tanto. Ciò che vogliono è che ci sentiamo parte di un cammino comune. Un

cammino tracciato dall’apprezzamento e dall’intreccio reciproco. “Noi siamo nella Terra, non sopra di essa”, ama ripetere Ralph Metzner.

     Ma la realtà, si dice, è quella che è. Di sicuro è pesante, sovrasta e ammalia: non se ne può fare a meno e a vari livelli siamo tutti coinvolti. Del resto viviamo in una società che vuole uomini senza sogni. Noi, però, siamo parte di un sogno più grande. Il sogno della terra. Un sogno che ci ha accompagnati per migliaia di anni e che non ha mai smesso di ispirarci. Esso ci parla in termini di relazioni, di condivisione, di mutua diversità reciproca. Esso ci parla attraverso i miti e gli archetipi, attraverso i poeti e i semplici, attraverso il soffio vitale di tutte le cose selvatiche.

     Bene, io sono parte di una linea di pensiero che affonda le proprie radici in tutto questo, in un’idea ispirata direttamente dai sistemi naturali che sostengono la vita sul Pianeta. E’ l’idea Bioregionale che, ponendoci nel giusto contesto, ci suggerisce domande sempre più profonde: chi siamo, dove siamo, da dove viene l’acqua che ci disseta, il cibo che ci nutre, dove vanno i nostri rifiuti, dove prendiamo l’energia che riscalda le case e che modella gli arnesi? Nel farlo si imparano a conoscere le altre comunità, le esigenze e le relazioni con le “genti” a quattro zampe, le “genti”  con e ali, le “genti” che nuotano, quelle che strisciano e quelle erette. Per arrivare infine a ragionare in termini di bioregione, di bacino fluviale, del posto vivo e noi parte di esso.

     Il bioregionalismo insegna in modo specifico e concreto partendo da noi stessi e dal posto in cui si vive, sia esso campagna o città, pianura o montagna o lungo la costa. Comprendere noi stessi all’interno della più ampia trama della vita del posto. Conoscerne la storia e le storie, gli scambi, le sinergie e la fonte dei guasti. Onorare le persone e le culture istruite dal senso di comunità con la natura circostante. Ecco la premessa e la forza del bioregionalismo.

     Viviamo in un mondo in cui domina il richiamo della mondialità globale delle politiche economiche di produzione che schiavizza i popoli e li sradica dai posti d’origine. Il concetto di Bioregione propone esattamente il contrario. Rimanere ancorati al proprio luogo, averne cura, difenderlo, rispettarne la diversità e ascoltare lo spirito del posto mentre ci informa dove seminare, dove costruire, quali vestiti confezionare, quale tecnologia usare e come rendere grazie alla Montagna, al Fiume, al Bosco, alla Pianura fertile, al Mare.

     Non si tratta di creare isole più o meno felici, più o meno aperte: avulse, però, dal contesto sociale circostante. Il teatro della pratica bioregionale è a tutti i livelli della società. Dalla piccola comunità di paese al consiglio di quartiere, nelle fabbriche, nei plessi scolastici e nelle aule della politica. Ma soprattutto l’idea bioregionale è pro-attiva: non solo solleva questioni ma propone attivamente modi, vie e progetti concreti di interdipendenza sia sociale che ecologica. Il Bioregionalismo è oltre l’Ambientalismo.

     L’ambientalismo ha svolto un ruolo importante. Ha denunciato guasti, ha proposto la preservazione degli ultimi lembi di natura selvaggia, ha denunciato e vigilato sulla salute della gente, ha evidenziato l’invadenza e le conseguenze della società tecnologica. Cionondimeno ci stiamo allontanando sempre più, sia spiritualmente che fisicamente, dalla canzone della Madre Terra.

     L’idea bioregionale si offre come tramite per comprendere di nuovo le note della canzone e per cambiare sia i paradigmi della società che il profondo di noi stessi. Da dominatori della natura a suoi partner.