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Proclo, maestro del non-dualità

di Paolo Scroccaro - 10/01/2006

Fonte: filosofiatv.org

 

 

1)      PROCLO (COSTANTINOPOLI 410 d.C. – ATENE 485 d.C.)

In giovane età, si trasferisce ad Atene, presso l’importante Scuola filosofica di Plutarco d’Atene (m. nel 432) e di Siriano (m. nel 438), i quali testimoniavano con fierezza la continuità di detta Scuola con l’antica Accademia di Platone. A soli 28 anni elabora un imponente COMMENTO AL TIMEO di Platone, e nello stesso periodo, dopo la morte di Siriano, lo sostituisce quale Scolarca, in sovrappiù impegnandosi nella stesura di numerosi  e profondi COMMENTI alle opere platoniche, ma non solo. In essi esplicita e approfondisce numerosissimi aspetti delle dottrine platoniche, delle mitologie antiche e dei culti dell’epoca (aspetti che talvolta nelle opere scritte di Platone restavano adombrati o comunque esposti in modo alquanto sintetico): così facendo, Proclo, “guidato dagli dei lungo sentieri occulti e silenziosi”, ha svolto una funzione di rivivificatore delle antiche tradizioni, orientate verso la saggezza della non-dualità; la TEOLOGIA PLATONICA ne è una eccellente conferma.

 

2)CHE COS’E’ LA SAGGEZZA DELLA NON-DUALITA’?

Le concezioni dualistiche prevedono la compresenza di 2 Principi opposti e irriducibili che dovrebbero spiegare tutta la realtà; le filosofie monistiche invece intendono appiattire la ricchezza del reale su un solo Principio, e per questo sono considerate riduzionistiche; la non-dualità, detta così perché si sottrae all’assolutizzazione della dualità, si sottrae anche al riduzionismo monistico, poiché riconosce vari gradi di realtà che non sono riducibili ad uno solo. L’Uno di cui essa tratta, infatti, non ha simili pretese: Esso figura come ospitale e sconfinata dimora, o come il filo sottile che collega la molteplicità degli enti e degli stati di esistenza, non annullando le loro differenze. Di conseguenza, il metodo della non-dualità non può che essere unitivo e non-oppositivo, aperto all’Illimitato

 

3)PROCLO, “SACERDOTE UNIVERSALE” DI TUTTI I CULTI E DELLE ANTICHE TRADIZIONI

La manualistica liceale e universitaria, per quel poco che cita Proclo, credendo di fargli un favore post mortem ripete che “Proclo va oltre Plotino” e che è “l’ultima voce originale dell’antichità pagana”. A parte l’impossibilità di fare certi calcoli, si tratta di tentati elogi che vanno rispediti al mittente, cioè all’egocentrismo degli intellettuali contemporanei, assetati di originalità ad ogni costo, scorgendo in essa un gran valore. Proclo, invece di cercare l’originalità, guarda all’Origine, là dove sarebbe radicata la “Catena Ermetica” di appartenenza, Catena che relaziona in qualche modo le varie forme assunte dalle tradizioni in cui opera lo spirito della philosophia perennis.

 

4)L’APERTURA AI VARI CULTI E LA FUNZIONE UNITIVA DELL’ESOTERISMO

I vari culti, considerati in modo esteriore, spesso sembrano presentare differenze incolmabili, la cui enfatizzazione conduce a conflitti e incomprensioni (ben evidenti anche al tempo di Proclo).Ma i linguaggi religiosi, che sono anch’essi di tipo mitico-simbolico, racchiudono contenuti molto più profondi, che costituiscono il loro lato esoterico: di quest’ultimo si occupa la filosofia sapienziale, mostrando che le varie formulazioni esprimono aspetti della verità totale, che convergono o che possono essere armonizzati, al di fuori di ogni pretesa dogmatica, fideistica ed esclusivistica.

 

5)SAPIENZA E ISPIRAZIONE

La verità totale (la sapienza eterna) è custodita dall’eternità in contrade inaccessibili, il che significa che essa non si mostra interamente ai mortali: in virtù di un evento che ha il sapore arcano dell’imponderabile (poiché non dipende dal mero volere umano) qualcosa di tale luce primordiale si irradia quaggiù, orientando talvolta “il vagare dei terrestri sotto il Cielo”. La saggezza platonica è un aspetto di tale luce, “ed è stata accesa non dagli umani, ma dai divini”, avverte Proclo nella prima pagina della TEOLOGIA PLATONICA.

 

6)DALL’ATTENZIONE PER GLI ENTI ALL’APERTURA VERSO L’ESSERE

La conoscenza ordinaria si rivolge esclusivamente agli enti, pensati (erroneamente) come se fossero il Tutto; alcuni filosofi, spingendosi più in là, hanno pensato la filosofia come scienza dell’Essere (v. Aristotele), ritenendo in questo modo di esser giunti ai confini del Tutto. Proclo non si contrappone a queste prospettive, poiché esse costituiscono comunque dei gradi di conoscenza che gli umani sono tenuti a percorrere e che permettono di scorgere alcune scansioni della realtà totale. Egli però le ricolloca in una dimensione più ampia (quella della non-dualità e dell’apertura all’Aformale), dato che per il Neoplatonismo la limitazione, sia pur con gradazioni diverse, concerne non solo gli enti, ma anche l'Essere.

 

7)VALORE E LIMITI DELL’ONTOLOGIA ARISTOTELICA

Abbiamo sottolineato, in precedenza, certe responsabilità di Aristotele, di cui hanno tra l’altro profittato le storiografie moderne per scopi funzionali alla mentalità corrente. Ciò nonostante i Neoplatonici, invece di contrapporsi ad Aristotele (la tentazione era forte, considerando il carattere pretestuoso e pedante di certe sue critiche sgradevoli), hanno per lo più riconosciuto la portata “ontologica” della sua ricerca, con tutte le implicazioni del caso. In questo modo, applicando con eleganza il metodo unitivo, hanno inserito perfino il transfuga Aristotele nei loro corsi di studi, valutando l’ontologia aristotelica e le scienze connesse come dei gradini percorribili in vista di un più ampio orizzonte (più ampio del cerchio dell’Essere). L’Essere è il principio più prossimo della manifestazione cosmica: una filosofia unidirezionata verso l’Essere ritiene con ciò di aver esaurito il suo compito, e così perde di vista il Non-Manifestoe l’Uno Aformale (cui rinvia la dottrina platonica del Bene Incondizionato).

 

8)LO SPIRITO AFORMALE E UNIVERSALISTICO DEL NEOPLATONISMO

Ricapitoliamo per sommi capi alcune stazioni dell’itinerario conoscitivo-realizzativo: superamento dell’egocentrismo e dell’antropocentrismo; sperimentazione della con-spirazione cosmica e del rispetto compassionevole per tutti gli esseri, viventi e non; crescente espansione coscienziale, per cui la contemplazione si estende dagli enti all’Essere…ma non basta:” …occorre annunciare la Luce dell’Uno…Luce che irradia dal Non-Manifesto”(v. TEOLOGIA PLATONICA, IV, XII). Quelli che hanno a cuore l’Essere e la Manifestazione, sono portati a sopravalutarli, dimenticando che essi sono un piccolo aspetto del Tutto, il quale comprende anche il versante del Non-Manifesto, alla cui estensione illimitata deve aprirsi il saggio, riservandogli uno spazio adeguato nell’interiorità del proprio cuore, considerando che il Non-Manifesto è al di là dell’Essere e lo sovrasta da ogni dove, come dicevano anche gli antichi miti.

 

9)KRONOS O ZEUS ?

 Un detto antico, riportato da Euripide, chiede :”Chi sa mai se vivere è morire e morire è vivere?”(v. Platone, GORGIA 492 e). E’ ben nota l’importanza di tale quesito negli ambienti orfici, pitagorici e platonici: mentre i più sono portati a considerare con favore la nascita degli esseri, cioè il loro entrare nel circolo della Manifestazione (con tutti i patimenti che ne derivano), gli antichi sapienti insegnavano la via per uscirne (v. disciplina del non-attaccamento), il che conduce al riassorbimento in ciò che è oltre l’Essere. Tutto questo induce a riconsiderare con altri occhi l’ambito oscuro, tenebroso e indistinto del Non-Manifesto: esso acquisisce il sapore di qualcosa che “si prende cura” a modo suo degli esseri, li tiene in custodia, invece di esporli e lasciarli cadere nel mondo, come accade con l’Essere (equivalente a Zeus demiurgico, secondo Proclo). Quanto detto trova il suo pendant in antichi miti, che ancora una volta racchiudono le più ardite metafisiche, accessibili a chi, come Proclo, possiede le chiavi dell’esoterismo e della non-dualità.

                                              Paolo Scroccaro

 

 

COME  USARE  BENE  IL  SUPPORTO  DEI  MITI

 

…alcuni nostri contemporanei sono soliti biasimare gli antichi miti, ritenendoli responsabili di un arbitrio totale per quanto riguarda le opinioni sugli dei, responsabili cioè di un gran numero di fantasie fuori posto e inadeguate, aventi come risultato quello di sospingere le masse verso il terribile disordine attuale, in cui risultano sconvolti i più santi decreti.

Non sono necessari lunghi discorsi, contro quelli che vedono nell’accettazione dei miti la causa di deviazioni nei riguardi del Divino. In primo luogo, poiché è probabile che quelli che hanno trascurato il culto degli esseri a noi superiori essendo sviati da aspetti esteriori, si siano lasciati andare a tale empietà insensata…nella misura in cui non hanno percepito né la finalità né la portata della fugurazione mitologica. In effetti, i miti comportano necessariamente tutto un armamentario che essi mettono in mostra, nel mentre la loro verità dimora nella celatezza, e si servono di rivestimenti esteriori per custodire le nozioni non evidenti e irraggiungibili per il volgo; e in ciò consiste la loro eccellenza più significativa, nel non svelare ai profani le realtà vere, presentando solo le vaghe tracce dell’intera mistagogia a quelle persone che sono naturalmente capaci, a partire da tali tracce, di lasciarsi guidare fino alla contemplazione inaccessibile al volgo. Questi spiriti critici, invece di cercare la verità racchiusa nei miti, prestano attenzione solo all’aspetto esteriore delle figurazioni mitiche, e invece di purificare la loro intelligenza, si arrestano nelle loro cogitazioni all’aspetto immaginifico e figurativo: come si fa ad attribuire ai miti la responsabilità della condotta disordinata di certe persone, quando l’errore commesso in relazione a quanto detto va imputato proprio a quelli che fanno un cattivo uso dei miti ?

Inoltre, noi constatiamo che anche tutte le altre consuetudini che dovrebbero essere venerate e onorate al livello più elevato, in quanto radicate nei divini e da essi fondate, finiscono per risultare di danno alle persone ordinarie; ciò nonostante, non incolpiamo di ciò l’avvento di tali consuetudini, bensì la folle disposizione d’animo di quella gente. In effetti, non è doveroso ammettere che i misteri e le iniziazioni guidano le anime dalla vita materiale apparentata alla natura mortale verso il ricollegamento con gli dei? Che procurando l’illuminazione noetica fanno sparire ogni turbamento insinuantesi a partire dal subrazionale? Che allontanano incertezza e tenebre da colui che ha accesso alla luce divina ?

Tuttavia, può accadere che da questi riti, se applicati sull’elemento profano, ne derivi ogni sorta di perversione: egli, usando nel modo peggiore, secondo le sue predisposizioni interiori, i benefici e i poteri che ne discendono, così facendo si allontana dagli dei e dalla religiosità autenticamente santa per scivolare verso un vivere passionale privo di intellettualità. Colui che accusa i miti di esser responsabili di questo terribile e delittuoso sconvolgimento delle antiche tradizioni accusa anche la rivelazione misterica e l’introduzione, presso gli umani, delle iniziazioni.

Occorre proprio rispondere ad accuse del genere? A questo punto sarà egualmente lecito accusare perfino la creazione dell’universo, l’ordine cosmico e la provvidenza su tutto il globo terrestre, dato che quelli che ricevono i benefici a noi concessi, ne fanno un cattivo uso. Invero certe accuse possono scaturire solo dall’empietà, e non è giusto accettare il discredito gettato sui miti dall’insanità delle persone volgari. Non si deve decidere se una cosa è di qualità eccellente o malvagia, seguendo quelli che ne fanno un uso perverso, bensì valutare ogni cosa in base alla sua natura propria e alla sua essenza…

…occorre a mio avviso distinguere tra le finalità che perseguono i vari miti, e collocare da una parte quelli che son detti educativi, e dall’altra parte quelli che sono più divinamente ispirati e che sono rivolti al Tutto più che alla disposizione animica degli uditori. Occorre poi distinguere tra le esistenze di quelli che ne fanno uso, considerando le une come giovanili e allevate ancora secondo i costumi teneri della giovane età, le altre come capaci di risveglio intellettuale e direzionabili verso tutte le gerarchie divine, verso le processioni degli dei attraverso tutti i piani di realtà, verso le concatenazioni e le loro estremità che cercano di estendersi fino all’ultimo gradino degli esseri. Quando dunque, in questo modo noi avremo separato le tipologie dei miti e le predisposizioni di quelli che le ricevono, non daremo il nostro assenso a quelli che dicono che i miti dovuti a Omero e Esiodo non contribuiscono all’educazione, e che non conviene estenderli ai giovani; anzi aggiungeremo che essi(i miti) sono conseguenti alla natura dell’insieme delle cose e all’ordine degli esseri, e che collegano agli Esseri autentici coloro che sono in grado di elevarsi alla contemplazione delle realtà divine. Infatti, i padri della mitologia avevano visto che la Natura stessa produce immagini dei Modelli immateriali e intelligibili e adorna questo mondo visibile con svariate imitazioni di tali Modelli: essa presenta l’Indivisibile tramite il diviso, l’Eterno tramite la temporalizzazione, l’Intelligibile tramite il sensibile, l’Immateriale tramite l’imitazione materiale, il Non-Spaziale tramite la spazializzazione, l’Essere immutabile in quiete tramite il mutamento; questi maestri dunque, in modo conseguente alla Natura e alla manifestazione degli esseri nel loro apparire sotto forme visibili e figurate, riproducono la qualità sovreminente degli archetipi plasmando imitazioni che richiamano il Divino ricorrendo a espressioni paradossali nei riguardi del Divino stesso poiché sembrano allontanarsene quanto mai; essi mostrano tramite ciò che è contro-natura ciò che, negli dei, sorpassa la natura; tramite il non-razionale ciò che è più divino di ogni ragione; tramite gli oggetti presentati ai nostri occhi come brutti ciò che trascende in semplicità ogni bellezza parziale: e così, con ogni probabilità, essi ci fanno rammemorare la sovreminenza trascendente degli dei…

…i padri di questi miti, essendo per così dire aperti all’intera estensione della processione degli esseri divini e avendo cura di rapportare i miti ad ogni “catena” di ogni dio, hanno elaborato il rivestimento visibile dei miti e il loro aspetto grossolano come un analogo dei gradini più bassi, che sono quelli che riguardano gli stati di esistenza più estremi e più immersi nella materia, mentre il nucleo nascosto e inconoscibile al volgo, l’hanno affidato a quelli che aspirano alla contemplazione degli Esseri, quale disvelamento dell’essenza trascendente degli dei, custodita in una celatezza inaccessibile.            

…Socrate mostra a sufficienza alle persone capaci di intellettualità che il lato positivo e nascosto di questa mitologia richiede una sorta di intendimento mistico e divinamente ispirato. Sono gli individui ordinari che, non avendo compreso le parole di Socrate calunniano questo genere di miti poiché sono rimasti molto indietro rispetto al pensiero del Filosofo…certi miti sono consoni agli dei 

e menano gli individui per natura ben predisposti alla contemplazione degli dei: (in tal caso) ciò che vi è di buono non è di ordine educativo, ma mistico, rivolgendosi non all’anima giovanile, ma a quella matura. Presumo che tutto ciò Socrate lo mostri quando dice che l’audizione di tali miti deve esser riservata, nel segreto, al più piccolo numero possibile…Socrate evidenzia che l’audizione si pone sullo stesso piano della più santa delle iniziazioni e del più perfetto tra i misteri…Se occorre che il disvelamento di tali miti si faccia in segreto…ciò prova che la dottrina contenuta in essi è una mistagogia e una iniziazione capace di elevare l’anima degli uditori.

 

Proclo, Commentario alla Repubblica di Platone (dalla VI dissertazione)