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Folle corsa alle nuove atomiche

di Manlio Dinucci - 14/01/2006

Fonte: Il Manifesto

 
Dopo aver espresso «profondo sgomento» per la decisione iraniana di riprendere il programma di ricerca sul combustibile nucleare, Tony Blair ha detto che contro l'Iran «ovviamente non si esclude nessuna misura». Si prepara così l'opinione pubblica a un'eventuale azione militare, ingigantendo un pericolo (quello che l'Iran possa costruire armi nucleare) e nascondendo ben più reali minacce. Che cosa si cerca anzitutto di nascondere? Che i primi a violare il Trattato di non-proliferazione nucleare sono gli stati già dotati di armi nucleari i quali, in base all'Art. 6, dovrebbero impegnarsi per «un Trattato che stabilisca il disarmo generale e completo sotto stretto ed effettivo controllo internazionale». Stati uniti e Russia mantengono complessivamente circa 13mila testate nucleari strategiche operative, ossia in grado di colpire in ogni momento qualsiasi obiettivo in ogni parte del mondo, più altrettante di riserva. La Cina possiede circa 400 testate nucleari operative; la Francia, 350; Israele, 200-400; la Gran Bretagna, 200; l'India, 30-50; il Pakistan, 24-48. La loro potenza complessiva viene stimata in circa 5.000 megaton, minore di quella della guerra fredda, ma in grado di cancellare della Terra la specie umana e quasi ogni altra forma di vita.

I pericoli provengono non solo dalla proliferazione orizzontale, ossia dall'accesso di nuovi paesi (probabilmente la Corea del nord) agli armamenti nucleari, ma soprattutto dalla proliferazione verticale, cioè dallo sviluppo qualitativo di testate nucleari e vettori da parte dei paesi già dotati di armi nucleari. È in corso una ricerca febbrile, trainata dagli Stati uniti, per realizzare armi nucleari di nuovo tipo: tra queste le mini-nukes che, grazie a effetti collaterali ridotti, potrebbero essere utilizzate come armi da campo di battaglia in conflitti regionali. Si cancella così la fondamentale distinzione tra armi nucleari e armi convenzionali, operazione già iniziata con l'uso di proiettili a uranio esaurito. Ma la ricerca è sicuramente più avanzata di quanto appaia: sotto la cappa del segreto militare si sta lavorando ad armi di quarta generazione, tra cui una nuova bomba atomica a pura fusione.

In tale situazione, in cui un piccolo gruppo di stati pretende di mantenere l'oligopolio delle armi nucleari, in cui il possesso di armi atomiche conferisce lo status di potenza, è sempre più probabile che altri cerchino di procurarsele e prima o poi ci riescano. Ciò è reso possibile dal fatto che, nel ciclo di sfruttamento dell'uranio, non esiste una netta linea di demarcazione tra uso civile e uso militare del materiale fissile. L'industria elettronucleare è nata come ricaduta tecnologica del nucleare militare ed è servita e serve, a sua volta, allo sviluppo di quest'ultimo. Secondo i dati dell'Aiea, 130 dei 441 reattori nucleari funzionano con uranio arricchito adatto alla fabbricazione di armi nucleari.

Tutto questo si cerca di nascondere all'opinione pubblica, bombardandola con armi di distrazione di massa. In particolare si cerca di nascondere che il vero pericolo in Medio Oriente proviene non dalla possibilità che l'Iran un giorno riesca a costruire armi nucleari, ma dal fatto che Israele (che a differenza dell'Iran non ha firmato il Trattato di non-proliferazione) già le possiede e le tiene puntate contro l'Iran e gli altri paesi della regione. Questo è il vero nodo della questione che l'Unione europea non vuole affrontare, anche se nella «Dichiarazione di Teheran» del 21 ottobre 2003 si è impegnata, in cambio dell'impegno iraniano a sviluppare un nucleare esclusivamente civile sotto controllo dell'Aiea, a cooperare per «la costituzione di una zona libera da armi di distruzione di massa in Medio Oriente».

Da parte sua il governo italiano, per bocca del ministro degli esteri Fini, ha espresso «profonda preoccupazione» per la decisione iraniana di riprendere il programma di ricerca nucleare. Non preoccupa invece il governo il fatto che in Europa siano dislocate 480 bombe nucleari statunitensi, almeno 90 delle quali in Italia. Né, mentre richiama l'Iran al rispetto del Trattato di non-proliferazione, si preoccupa del fatto che, ospitanto armi nucleari, è invece l'Italia a violare il Trattato.