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Alain Danielou e l'Induismo

di Tiziana Paoli - 02/06/2008

Fonte: geagea



 

"L'uomo deve sacrificarsi alla famiglia, deve sacrificare la famiglia alla casta, la casta al paese, il suo paese al mondo, e il mondo a se stesso" (Proverbio sanscrito)

Alain Danièlou (1907-1994) nasce a Parigi da madre cattolica e da padre anticlericale.
Trascorre gran parte dell'infanzia in campagna con dei precettori, una biblioteca ed un pianoforte. Impara subito ad amare la musica, più tardi si dedicherà alla pittura e alla danza.
Alain Danièlou studia in Francia e negli Stati Uniti dove vende i suoi quadri e suona il pianoforte. Viaggia in Africa del nord, Medio Oriente, Cina, Giappone ed Indonesia. Nel 1949 è nominato professore incaricato di ricerche presso l'università di Benares, nel 1954 prende la direzione a Madras del Centro ricerche della biblioteca di Aydar (una delle più ricche dell'India).
Nel 1956 è membro dell'istituto francese d'indologia di Pondichery, prosegue i suoi viaggi e le ricerche dall'Indocina all'Iran dove registra per la prima volta i più antichi monumenti della musica tradizionale.
Diviene nel 1959 addetto alla Scuola francese d'Estremo Oriente a Parigi e nel 1960 consigliere del Consiglio Internazionale della Musica (UNESCO).
Portando la sua attenzione in ogni cosa Alain Danièlou è in grado di svolgere bene 32 mestieri, conosce il Sanscrito, parla correntemente l'hindi, con la sua intelligenza poliedrica si applica sia agli studi che alle attività manuali. Proprio per questo Danièlou non è classificabile in nessun ruolo specifico.
Schivo, misterioso e segreto Alain Danièlou pubblica le sue opere per il puro piacere della conoscenza, i suoi libri sono per pochi.
A quelli che si rivolgono a lui come maestro il nostro Autore risponde che non è e non sarà mai un maestro, quello che colpisce di più in lui è, infatti, una voglia costante di scoprire cose nuove, un non sentirsi mai arrivato, il non salire in cattedra e, grazie alla libertà del suo spirito, il poter dire il contrario di quello che aveva sostenuto poco prima se una nuova conoscenza o ragione lo sfiora.
Dopo un viaggio in Oriente con il suo amico fotografo Remon, nel 1932 Alain Danièlou si stabilisce a Benares. Dal terrazzo della sua casa vede i pellegrini che si bagnano nel Gange. Per anni legge solo sanscrito e, nella sua mente, fa tabula rasa di ogni apprendimento occidentale per poter entrare profondamente e totalmente nella cultura induista.
Essendo straniero in India appartiene alla casta dei Lekka (barbari) quindi non può recitare i Veda né entrare nella casa dei Bramani, il suo maestro gli insegna i Mantra e viene soprannominato Shiva Sharami (il protetto di Shiva).
Alain Danièlou vive tutto questo con estrema naturalezza e lascia che il destino compia per lui ciò che la vita ha stabilito.
Alain Danièlou si dedica alla musica, ne è affascinato, perché la musica è intuitiva e comunica con le strutture sottili del mondo, basata su rapporti numerici che producono in noi emozioni e visioni, la musica è una chiave della conoscenza e del sapere. In particolare Alain Danièlou si dedica alla musica classica per conservarla per le generazioni future e non far naufragare la memoria, dona all'UNESCO la prima antologia di musica classica indiana. Danièlou sostiene che l'induismo può sconvolgere l'Occidente e portare un nuovo Rinascimento.
Contrario al colonialismo, all'imperialismo, al comunismo ed alle religioni monoteiste Alain Danièlou riesce a mettere in evidenza tutti i limiti dell'Occidente nemico della natura e della creazione ed ostile verso la sessualità.
Secondo il culto di Shiva il piacere e la sessualità sono indispensabili all'esistenza umana: realizzarsi nei giochi erotici è partecipare all'ordine naturale e raggiungere quindi la liberazione.
Il piacere è tensione creatrice del Cosmo e del suo Creatore, condizione della vita. Lo sviluppo stesso dell'Umanità è un insieme di atti positivi: l'Amore rappresenta l'unione di due esseri in un'unione dei contrasti nel non essere. (Shiva e Shakti). Lo Shivaismo da cui derivano il culto di Bacco e quello di Dioniso è la religione originaria: è una religione naturistica e non morale che crea i punti di contatto fra i diversi stati dell'essere, corrisponde ai bisogni dell'uomo di oggi come a quello di ieri.
Nell'universo tutto fa parte del Divino, non esiste sacro e profano, alto e basso, ecc. Il Cristianesimo, dopo San Paolo, snatura completamente il messaggio di Cristo, la chiesa diventa uno stato imperialista, e la religione cristiana una prigione dogmatica dove non si trova Dio.
Quando il Gange si ritira e le acque si allontanano dalla sua casa, Alain Danièlou coglie ciò come un segno, lascia Benares e torna in Occidente. Egli non vuole assistere all' "evoluzione" dell'India.
Tornato in Europa fonda a Berlino e Venezia l'Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati.
In Occidente trova malessere, vuoto e rumore: siamo infatti nell'era del Kaliyuga (crepuscolo dell'umanità) quindi aumentano il disordine, le guerre, i conflitti. Il Kaliyuga è l'era del culto degli idoli dove imperano volgarità e violenza. L'umanità mostra la sua parte più corrotta, egoista e senza morale, si dice che il Kaliyuga si concluderà con un cataclisma perché tutto si ribella.
Quel che si può fare è andare controcorrente, collaborare con la creazione, creando un Karma per riavvicinarsi a Dio. Riconoscere i propri limiti e cercare l'armonia del mondo rifiutando ogni dogmatismo.
Ci piace riportare qualcosa del pensiero induista che tanto ha impegnato il nostro autore e che coinvolge

I quattro sensi della vita " L'uomo deve sacrificarsi alla famiglia, deve sacrificare la famiglia alla casta, la casta al paese, il suo paese al mondo, e il mondo a se stesso." (Proverbio sanscrito)
L'indù vive nell'eternità. La cultura induista percepisce in ogni cosa, in ogni destino, la presenza immediata delle forze divine e considera perciò la storia come l'evento delle relazioni fra gli dei, gli esseri permanenti, e il mondo effimero dei viventi.
Secondo la teoria cosmologica indù la materia non è che un'apparenza.
L'universo è formato da relazioni energetiche. Se andiamo al fondo di qualsivoglia cosa ritroviamo il rapporto di una forza centripeta che condensa, di una forza centrifuga che disperde e del loro equilibrio che dà nascita al movimento circolare che determina il movimento degli astri come quello degli atomi.
Non vi è nulla che sia in sé grande o piccolo, un istante non ha in sé meno durata di alcuni millenni. La dimensione spaziale o temporale non esiste se non in rapporto a degli esseri viventi le cui percezioni determinano una dimensione dello spazio e i cui ritmi vitali forniscono una misura del tempo, che sono dunque interamente relativi.
I quattro sensi della vita sono: Dharma il dovere, la virtù, la realizzazione di sè sul piano morale; Artha l'acquisizione del successo e della ricchezza, la realizzazione di sé sul piano materiale; Kama il piacere, la realizzazione di sé sul piano sensuale e Moksha, la liberazione finale, la realizzazione di sé sul piano spirituale.
Corrispondono ai 4 periodi di evoluzione della vita umana:
Dharma/Infanzia, Kama/Giovinezza, Artha/Maturità, Moksha/Vecchiaia.
Anche l'evoluzione dell'umanità è divisa in 4 età che cominciano con l'età della verità (Satya-yuga) o età dell'oro e finiscono nel Kali-Yuga età dei disordini e dei conflitti (attualmente siamo nel Kali-Yuga). Quando si trova in uno stato di equilibrio ogni società è ripartita in 4 gruppi principali, da questa ripartizione sono nate le caste: classe intellettuale, classe guerriera, classe agricola e mercantile, classe operaia.
Secondo la tradizione indù vi sarebbero state 4 creazioni successive, che corrispondono alle 4 razze umane.
Le diverse razze si situano dunque a differenti livelli di evoluzione corrispondenti alle età della vita. Razza bianca (la più antica) casta dei preti; razza rossa casta dei guerrieri, nobili e re; razza gialla degli agricoltori e commercianti, razza nera degli operai.
Ogni gruppo ha i vantaggi, diritti e doveri inerenti alla sua natura, al suo stato sociale. Ogni essere che ha ricevuto il dono della vita ha il dovere di trasmetterla. Quindi per gli indù la sola ragione che fonda la sacralizzazione del matrimonio sta nel fatto che esso deve avere come unico scopo la perpetuazione di una specie, di una razza. L'incrocio delle razze è nefasto.
La divisione della specie umana in differenti gruppi razziali e sociali, che hanno attitudini differenti, ideali di vita, modi di espressione religiosa, artistica, intellettuale distinti, è un fatto etnico che non possiamo modificare.
Uno dei principali problemi del mondo sta quindi nel prendere atto della realtà delle razze, di aiutarle nel loro sviluppo, di permettere loro di coesistere e di cooperare, avendo cura di evitare il loro incrocio, di assegnare a ciascuno i privilegi necessari per la felicità, l'equilibrio e il progresso intellettuale e spirituale senza fornire questi stessi vantaggi ad altri ai quali sarebbero nocivi. I bisogni degli uomini differiscono come quelli degli uccelli, dei bovini e dei leoni.
Al di fuori del sistema delle caste, che assicura l'equilibrio tra le funzioni di ogni società, non è mai esistito e non può esistere alcun sistema che non si risolva nella supremazia tirannica di una delle caste, di una delle categorie sociali.
Sono 4 anche i sistemi di governo tirannico: dittatura del clero, dittatura aristocratica, dittatura borghese e dittatura del proletariato. In nessuna di queste forme di governo c'è realmente una legge al di sopra degli interessi, delle idee e delle credenze del gruppo al potere.
Tutte vivono di propaganda, lavaggi del cervello, oppressione, prigioni, roghi. Nelle dittature borghesi (capitalismo) per esempio le prigioni sono piene di persone della casta operaia condannate per piccoli furtarelli o altri "crimini" insignificanti, mentre i grandi borghesi per delle "appropriazioni" più o meno legali (essendo la legge fatta da loro e per loro) sono trattati con considerazione per quanto una solo delle loro malversazioni possa superare quelle di migliaia di prigionieri operai messe insieme.
L'istituzione delle caste, spesso presentata come una forma di tirannia, è il solo modo per permettere a determinate razze e a talune forme molto antiche di cultura e di religione di sopravvivere e prosperare in un mondo da esse differente. La triste storia della scomparsa di numerose razze (polinesiani, aborigeni dell'Australia, indiani d'America, ecc.) con facoltà di adattamento meno sviluppate di quelle dei loro conquistatori avrebbe potuto essere facilmente evitata se un sistema intelligente di caste avesse protetto i loro costumi, modo di vita, sistema sociale, religione e quant'altro, invece di pretendere di volerli assimilare a una civiltà che esige un livello di sviluppo differente dal loro.
Solamente inserendo l'Uomo nell'insieme della Creazione possiamo realizzare il senso della sua vita. Noi percepiamo il mondo attraverso la durata, lo spazio, la dimensione, la coscienza, l'immaginazione, la deduzione, l'intuizione, la sensazione e la percezione sensoriale.
La forma di espressione comune alle differenti nozioni che possiamo avere della natura del mondo o dell'apparenza è di ordine matematico.
Il linguaggio matematico sembra infatti essere la forma di espressione la cui natura più si avvicina a quella attraverso la quale il pensiero dell'Essere Cosmico si esprime nella Creazione.
Quando nel sostrato della Coscienza Universale, immobile e neutra, appare un vortice, una tendenza che si polarizza, si manifesta un'intenzione, una tensione orientata: la prima nozione che si forma nella coscienza latente che si sveglia è quella della paura.
Ritroveremo sempre la paura come motivo di base di ogni azione, credenza, religione, di ogni presa di coscienza non solamente sul piano dell'umano, ove possiamo agevolmente osservarla, ma sul piano dell'intera creazione animata, vivente o inerte, cosciente o incosciente.
E' da questa paura fondamentale che nasce la Coscienza Cosmica, il desiderio di pensare, di creare, di produrre altro da se stessa, di durare e non solamente di essere in uno stato neutro eternamente senza forma.
Il pensiero, quando appare nella Coscienza Cosmica, dà vita all'Universo o, più esattamente, l'Universo non è distinto da questo pensiero. E' dalla vibrazione generata da una prima tensione nel sostrato cosmico che nasce il desiderio di creare, fonte del pensiero cosmico che è l'Universo e che percepiamo come realtà apparente del mondo. Qui interviene il ruolo dei microcosmi, degli esseri viventi, che sono degli anti-universi in miniatura, dei piccoli cosmi pensanti e coscienti, ma rovesciati, le cui percezioni forniscono all'Universo una dimensione, un'apparenza di realtà, danno al pensiero cosmico l'illusione di una realtà materiale.
Situato alla cima della scala degli esseri viventi nel settore dell'Universo che egli percepisce, l'uomo svolge quindi un ruolo essenziale nel gioco del pensiero creatore, che cessa allora di essere un sogno poiché viene percepito dall'esterno. Concepito in questo modo l'uomo trova la sua ragion d'essere. I limiti stessi delle percezioni umane danno all'Universo la forma che i suoi sensi trasmettono alla sua coscienza. Il sogno divino assume una forma indipendente, determinata dai limiti delle percezioni del testimone, e la Coscienza Cosmica può infine, attraverso di lui, attraverso l'illusione di centri di esistenza indipendenti, vedere il suo sogno fuori di se stessa.
L'Universo esiste nell'uomo per l'Essere Cosmico, come esiste nell'Essere Cosmico per l'uomo. E' attraverso e grazie a questo dualismo che la Coscienza Universale si manifesta.
La realtà di un Universo particolare risiede dunque solamente nei limiti delle percezioni che ne hanno le coscienze individuali separate apparentemente, ma soltanto apparentemente, dalla Coscienza Universale.
Il ruolo degli dei, degli spiriti, delle diverse specie di uomini o di animali, è quello di recettori che, attraverso i differenti limiti delle loro percezioni, forniscono diverse sfaccettature al sogno cosmico la cui realtà diviene una e multipla.
Essi sono la controparte necessaria dell'Essere Cosmico onnisciente, dunque cosciente dell'irrealtà del suo sogno nel gioco della creazione che ha bisogno di plasmare delle coscienze limitate per darsi l'illusione della propria realtà. Gli esseri, come l'Universo al quale forniscono la realtà, non esistono quindi che nella misura stessa della loro imperfezione. Non potrebbe esistere alcun essere che contemporaneamente esista e sia senza paraocchi.
Un angelo, un Dio, se "esiste", non può essere onnisciente. Quali che siano la durata e l'ampiezza delle coscienze microcosmiche, quale che sia il destino finale dell'essere umano, immortale o perituro _ ed è inevitabilmente, su piani diversi, entrambe le cose -, il suo ruolo in quanto testimone è la spiegazione della sua natura, la giustificazione della sua esistenza.
L'insieme delle leggi secondo le quali il mondo è creato, precede inevitabilmente la sua nascita. Il Dharma che è la legge naturale del pensiero creatore è la natura morale che regge e regola la natura profonda delle cose e la loro evoluzione; è l'oggetto di ogni conoscenza e di ogni scienza. La metafisica, la psicologia, la sociologia, sono quindi scienze esatte come la fisica o la matematica, poiché, come esse, sono ricondotte ad una ricerca delle leggi che esistono in se stesse al di là di ogni soggettivismo.
L'errore delle società moderne sembra proprio essere ignorare il ruolo dell'umanità nel suo insieme, formata, come la foresta, apparentemente da esseri individuali ma il cui ruolo nella creazione è collettivo, e di non rispettare la gerarchia delle specie e d'altro canto rigettare le mutazioni, gli esseri eccezionali che sono i punti di riferimento dell'evoluzione.