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Class action: partenza rinviata

di Manuel Zanarini - 19/06/2008

 

 

 

 

Che cos’è la class action?  E’ un procedimento che consente a più cittadini uniti di chiedere risarcimenti per danni subiti dalle aziende o dalle pubbliche amministrazioni. Questo tipo di pratica è da molti anni attuata nei paesi anglosassoni, soprattutto negli Stati Uniti, e negli anni ha consentito cause difficilissime contro le multinazionali. Infatti, spesso il singolo cittadino non ha sufficiente potere economico e “politico” per far causa a società multimiliardarie con grossi agganci col potere. Diverso è se sono migliaia di elettori uniti a rivolgersi al giudice. Due sono i casi più famosi di class action attuate negli Stati Uniti in questi ultimi anni. La prima è stata contro le grandi lobbies del tabacco, l’altra (da cui è stato anche tratto il film “Erin Bronkovich” con Julia Roberts) contro la “Pacific and Gas Company”, che aveva inquinato le falde acquifere di una cittadina californiana causando tumori in molti residenti. Nonostante lo scetticismo iniziale, i comitati che attuarono le class action riuscirono a strappare sostanziosi risarcimenti per le vittime.

In Italia, finalmente, è stata introdotta con la finanziaria del 2008, e sarebbe dovuta entrare in vigore il prossimo 29 Giugno. Purtroppo, il Ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, ha annunciato che slitterà fino a Gennaio 2009.

Il Ministro ha confermato il favore verso il provvedimento, definendolo di “assoluta validità e importanza per i consumatori”, ma al contempo ravvedendo la necessità di organizzare “un percorso di revisione con le parti interessate”, per apportare alcune modifiche prima che diventi operativa, in quanto avanza il “il sospetto che così com'è porterebbe a vagoni di ricorsi senza giovare ai consumatori”. Così ha annunciato la convocazione del “Consiglio nazionale dei consumatori per discutere insieme alle parti coinvolte i ritocchi al progetto di legge".

 

La necessità della class action in Italia è chiara a tutti, quotidianamente assistiamo a truffe di grandi aziende (Parmalat, Cirio, Bipop Carire, ecc.) oppure a pratiche commerciali di aziende di servizi altamente scorrette (Telecom, varie aziende del gas, ecc.), senza che i singoli danneggiati riescano ad ottenere una rapida e valida giustizia. Ma vediamo come è previsto il meccanismo della class action in Italia e se le “preoccupazioni” del Ministro sono giustificate.

Se la scadenza del 29 Giugno fosse stata rispettata, a partire dal 1 Luglio, le associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale (iscritte nell’elenco presso il Ministero dello sviluppo economico), ma anche qualsiasi altra associazione o comitato, se avessero ritenuti lesi i diritti di una pluralità di consumatori o di utenti, avrebbero potuto chiedere risarcimenti, a nome appunto della pluralità dei cittadini, al tribunale del luogo in cui ha la sede legale l'impresa ritenuta responsabile. Le possibilità di questi ricorsi, si manifestano in casi di atti illeciti extracontrattuali (ex Art. 1342 del c.c), di pratiche commerciali scorrette (elencate all’art. 20 e ss del C.d.C.) o di comportamenti anticoncorrenziali.

La decisione sulla rappresentatività verrà preso dal tribunale incaricato a risolvere la diatriba. Qua sorge il primo ostacolo; infatti queste decisioni potrebbero richiedere tempi molto lunghi, addirittura anni nel caso di indagini delle autorità indipendenti (i cui provvedimenti potrebbero essere anche impugnati al Tar e successivamente al Consiglio di Stato). Una volta ritenuta ammissibile la domanda il giudice dispone, a cura di chi ha proposto l'azione collettiva, che ne venga data idonea pubblicità e dà i provvedimenti per la prosecuzione del giudizio.

Una volta che il proponente ha avviato la procedura, di cui dovrà assumersene gli oneri, dopodichè i singoli interessati o altri soggetti collettivi potranno aderirvi fino al termine perentorio delle conclusioni in appello. Ecco il secondo ostacolo. Chi farà ricorso alla class action dovrà sostenere costi molto elevati, dati dalla pubblicità dell’iniziativa e dai costi di gestione delle deleghe da parte dei singoli, col risultato che più persone o organizzazioni vi aderiranno, maggiori saranno i costi per il proponente.

Particolare, e un po’ discutibile, la procedura prevista per la decisione del tribunale. Dopo i tempi necessari per arrivare alla sentenza, che si sa in Italia essere lunghissimi, e che comunque potrà essere contestata in appello e in Cassazione, se l'impresa non comunica la proposta di pagamento ai consumatori entro 60 giorni dalla notifica o il proponente e/o gli aderenti non accettano quella fatta, allora la palla passerà a quella che è stata definita la “camera di transazione”. Il Presidente del tribunale formerà un’unica camera di conciliazione per la determinazione delle somme da corrispondere o da restituire ai consumatori utenti che hanno aderito all'azione collettiva o sono intervenuti e che ne fanno domanda. Col risultato di ottenere una decisione extragiudiziale, che si poteva ottenere subito, dopo magari avere atteso anni per una sentenza!

Inoltre, allo stato attuale la class action non sarebbe utilizzabile contro la pubblica amministrazione. Modifica questa suggerita anche dal Ministro Brunetta, oltre che dall’associazione Adiconsum.

Come abbiamo visto, in effetti, i motivi per rivalutare l’introduzione della class action esistono. Ma il problema è che dovrebbero esserci degli interventi a maggiore tutela dei consumatori, come peraltro detto dal Ministro Scajola. Invece, lo spostamento pare essere dovuto ad un atto di sudditanza nei confronti di Confindustria. Infatti, quest’ultima già all’epoca della finanziaria 2008, definì l’introduzione della class action “un atto di grave di ostilità all'impresa, costituirà un nuovo pesante disincentivo a investire nel nostro Paese che già è agli ultimi posti in Europa per attrazione di capitali stranieri. È un provvedimento rozzo che espone le aziende italiane e i loro lavoratori a gravi rischi”. E pochi giorni fa, per bocca del suo nuovo leader Marcegaglia, ha ribadito che chiederà “ancora una volta al ministro Scajola di prorogare l'entrata in vigore della legge sulla class action prevista per il 29 giugno”.  In quanto crea problemi alle aziende, non porta di fatto vantaggi ai consumatori, arricchisce gli studi legali. Non si capisce come una norma che tuteli i cittadini dagli abusi di aziende delinquenti sia una “misura rozza” che colpirebbe così pesantemente le imprese. La realtà è che Confindustria se ne frega degli italiani, ma tutela le imprese a prescindere dalla loro onestà. Anzi, visto la presa di posizione sulla class action in assoluto, mascherata poi dalle parole della Marcegaglia, sembra che tuteli proprio gli imprenditori delinquenti, come Cragnotti o Tanzi, che si arricchiscono truffando la povera gente.

 

Che Confindustria sia il ricettacolo di ciò che di peggio ci sia in Italia lo diciamo da tempo, e i fatti tristemente ci danno ragione ogni giorno di più, ma la cosa grave è che il governo vi si accodi vigliaccamente!