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Finanza: chi sbaglia non paga... e viene pagato

di Marzio Paolo Rotondò - 11/07/2008

 

Finanza: chi sbaglia non paga... viene pagato

La crisi finanziaria scatenata dei mutui subprime non è affatto finita. Le autorità monetarie ed economiche statunitensi lo sanno e non lo nascondono. Ben Bernanke, il numero uno della Federal Reserve, promettendo nuove misure, ha dichiarato guerra ai mutui facili concessi a gente insolubile, ma sembra mantenere un occhio di riguardo rispetto agli attori finanziari che ci hanno speculato e hanno creato i presupposti di una crisi di così grande scala. “Le difficoltà nel settore finanziario - ha detto Bernanke - continuano. Non è troppo presto per pensare ai passi da compiere per ridurre incidenza e gravità di crisi future”. La missione deve essere “quella di rendere il sistema finanziario capace di superare futuri shock”. Ma anche - e non meno - quella di “ridurre le circostanze nelle quali preoccupazioni di stabilità del sistema possano far scattare interventi governativi”. Le parole del garante della politica monetaria statunitense suonano come il “la” ad una serie di misure per risolvere l’attuale crisi finanziaria, per quanto possibile, e tentare di dare delle risposte per il futuro, anche se queste rischiano di essere parziali se non controproducenti. Le ultime preoccupazioni sul fronte della crisi sono arrivate delle brusche flessioni in Borsa dei colossi dei mutui Fannie Mae e Freddie Mac, fortemente esposti ai subprimes ma garantiti dallo Stato, per paura che abbiano in serbo altre perdite. “Stiamo considerando diverse opzioni, tra cui l’estensione dei nostri programmi per i primary dealer”, le grandi firme dell’alta finanza. Una testimonianza in più degli stretti rapporti fra istituzioni e grandi società finanziarie. Il presidente della Fed, parlando ad un convegno in Virginia, ha dunque annunciato che dalla prossima settimana la Banca centrale metterà nero su bianco delle nuove regole per limitare le pratiche più aggressive sui prestiti immobiliari, a cominciare dal segmento più a rischio dei subprime. Bernanke ha invocato anche un rafforzamento del ruolo della Fed, nei panni di “poliziotto” delle società finanziarie, forte di un’autorità per far scattare controlli e raccolta di informazioni sancita dalla legge. Il segretario al Tesoro, Henry Paulson, a sua volta presente ieri, nei mesi scorsi aveva delineato una riforma volta a unire sotto l’egida della Fed i compiti ora distribuiti tra diversi enti. Nella stessa direzione va l’accordo di stretta collaborazione siglato lunedì fra Fed e Sec, la Consob statunitense. Far convogliare più poteri verso la Federal Reserve, rischia però di essere una soluzione che può peggiorare le situazioni future, dato che tra gli azionisti della Banca centrale Usa figurano molte istituzioni finanziarie che dovrebbe essere controllate: un po’ quello che succede in Italia, oltre che in Europa, dove il controllore è controllato dai controllati.
Occorre, inoltre, “mitigare il moral hazard e il problema del too big to fail, troppo grande per fallire. Grandi salvataggi pubblici, infatti, hanno un prezzo elevato: minacciano di incoraggiare comportamenti irresponsabili, perché gli investitori si sentono sicuri di un’azione del governo in caso di debacle”. Una critica che ha sfiorato lo stesso Bernanke: nel mirino è finita l’azione orchestrata con JP Morgan per impedire il crack della banca d’investimento Bear Stearns. Infatti, la banca d’affari Usa è una delle prime azioniste della Fed. Bernanke, incurante delle critiche, ha anche fatto capire che interventi di salvataggio come quelli sopraccitati possa essere nuovamente utilizzato come uno strumento straordinario di prevenzione di nuovi tracolli. La Fed, dunque, potrebbe continuare il suo programma d’emergenza che offre fondi alle società di Wall Street, in passato escluse da simili privilegi riservati alle ben più regolamentate banche commerciali. Anziché scadere a settembre, infatti, il programma rimarrebbe in vigore durante il 2009. In questo modo, però, si garantisce la stabilità finanziaria di un sistema già altamente instabile e compromesso, dando tuttavia la possibilità a chi ha speculato sui mutui pericolosi di salvarsi invece di pagare le conseguenze delle proprie politiche predatorie. Un costo per la collettività, che così facendo è perdente per ben due volte: la prima con la crisi finanziaria e le sue conseguenze di larga scala, la seconda per aver offerto soldi pubblici per risarcire chi dovrebbe invece pagare per tutti.