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Dal trionfo alla tortura

di John Pilger - 18/07/2008

 
   


Il trattamento da parte di Israele nei confronti di un giovane giornalista vincitore di un premio è parte di un terribile disegno.

Due settimane fa ho consegnato ad un giovane palestinese, Mohammed Omer, il “Martha Gellhorn Prize for Journalism”, edizione 2008. Conferito alla memoria della grande corrispondente di guerra statunitense, il premio va a quei giornalisti che smascherano la propaganda di stato, ovvero le “idiozie ufficiali”, come le chiamava la Gellhorn. Mohammed condivide il premio di 5.000 sterline con Dahr Jamail. A 24 anni, è il più giovane premiato. La motivazione recita: “Ogni giorno egli riporta le notizie da una zona di guerra, dove è anche un prigioniero. La sua terra, Gaza, è circondata, ridotta alla fame, aggredita, dimenticata. Egli sperimenta nel suo profondo una delle più grandi ingiustizie dei nostri tempi. È la voce di chi non ha voce.” Maggiore di otto figli, Mohammed ha visto quasi tutti i suoi fratelli venire uccisi, feriti o menomati. Un bulldozer israeliano fece a pezzi la sua casa mentre la famiglia era all’interno, ferendo gravemente sua madre. E tuttavia, dice l’ex ambasciatore olandese Jan Wijenberg, “si esprime in tono moderato, esortando la gioventù palestinese a non perseguire l’odio bensì a cercare la pace con Israele”.

Portare Mohammed a Londra affinché ricevesse il suo premio ha comportato una notevole operazione diplomatica. Israele ha un perfido controllo su tutti i confini di Gaza e gli è stato consentito di uscire soltanto con una scorta dell’ambasciata olandese. Giovedì scorso, nel suo viaggio di ritorno, era atteso al passaggio di Allenby Bridge (per la Giordania) da un funzionario olandese, che aspettava fuori dal Muro israeliano ignaro del fatto che Mohammed fosse stato catturato dallo Shin Bet, il malfamato servizio di sicurezza.

Gli dissero di spegnere il suo cellulare e di togliere la batteria. Quando chiese se poteva chiamare la sua scorta dell’ambasciata gli fu detto con forza di no. Un uomo controllava il suo bagaglio, frugando fra i suoi documenti. “Dove sono i soldi?” chiese. Mohammed mostrò alcuni dollari americani. “Dov’è il denaro inglese che hai con te?”

“Mi resi allora conto” raccontò Mohammed “che stava cercando il riconoscimento in denaro per il premio Martha Gellhorn. Gli dissi che non l’avevo con me. ‘Stai mentendo’, disse lui. Ora ero circondato da otto agenti dello Shin Bet, tutti armati. L’uomo chiamato Avi mi ordinò di togliermi i vestiti. Io avevo già passato il controllo ai raggi-x. Mi svestii restando in biancheria, e mi venne detto di togliere tutto. Quando rifiutai Avi portò la mano alla pistola. Io iniziai a protestare: ‘Perché mi trattate in questo modo? Sono un essere umano.’ Lui disse ‘Questo è niente in confronto a quello che vedrai adesso.’ Tirò fuori la pistola, premendola contro la mia testa e immobilizzandomi con tutto il peso del suo corpo mi tolse di forza la biancheria. Poi mi fece fare una sorta di danza improvvisata. Un altro uomo, che stava ridendo, disse, ‘Perché porti dei profumi?’ Io risposi ‘Sono dei regali per le persone che amo’. ‘Oh,’ disse lui ‘avete l’amore nella vostra cultura?’

“Mentre mi ridicolizzavano, si divertivano ancora di più a deridere le lettere che avevo ricevuto dai lettori in Inghilterra. Mi trovavo ormai da dodici ore senza cibo, acqua, senza poter andare in bagno, ed essendo stato costretto a stare in piedi le mie gambe cedettero. Vomitai, poi persi conoscenza. Tutto ciò che ricordo è uno di loro che ficcava le sue unghie, graffiando e raschiando, nel tessuto molle sotto i miei occhi. Mi afferrò la testa e affondò le dita vicino al nervo acustico, fra la testa e il timpano. Il dolore divenne più acuto quando affondò due dita insieme. Un altro uomo con il suo stivale spingeva il mio collo contro il pavimento duro. Rimasi così per più di un’ora. La stanza era diventata un’escalation di dolore, rumore e terrore.”

Venne chiamata un’ambulanza per portare Mohammed in ospedale, ma solo a condizione che venisse firmata una dichiarazione che scagionava gli israeliani dalle sofferenze da lui patite sotto la loro custodia. Il medico palestinese rifiutò con coraggio, e disse che avrebbe contattato la scorta dell’ambasciata olandese. Preoccupati, gli israeliani lasciarono andare l’ambulanza. La versione israeliana è stata quella ben nota, che Mohammed era “sospettato” di contrabbando e che “aveva perso il controllo” durante un “regolare” interrogatorio, come riportato ieri dalla Reuters.

I gruppi israeliani per i diritti umani hanno documentato la tortura di routine dei palestinesi da parte di agenti dello Shin Bet con “percosse, legacci dolorosi, torsioni del dorso, trazioni del corpo e prolungate privazioni del sonno.” Amnesty ha denunciato a lungo l’uso diffuso della tortura da parte di Israele, da cui le vittime vengono fuori come nient’altro che l’ombra di se stesse. Alcuni non tornano più. Israele occupa un posto in alto in una classifica internazionale per le uccisioni di giornalisti, specialmente giornalisti palestinesi, di cui difficilmente si ha una minima parte del tipo di resoconto che è stato dato nel caso di Alan Johnston della BBC.

Il governo olandese si dice scioccato dal trattamento ricevuto da Mohammed Omer. L’ex ambasciatore Jan Wijenberg ha detto: “Non si tratta assolutamente di un caso isolato, ma è parte di una strategia a lungo termine per demolire la vita sociale, economica e culturale palestinese … Ho la sensazione che ci sia la possibilità che Mohammed Omer possa venire ucciso da cecchini o bombardamenti israeliani nel prossimo futuro.”

Mentre Mohammed riceveva il suo premio a Londra, il nuovo ambasciatore israeliano in Gran Bretagna si stava lamentando pubblicamente del fatto che molti britannici sembrano non apprezzare più l’unicità della democrazia israeliana. Forse l’apprezzano, adesso.

Titolo originale: "From Triumph to Torture"

Fonte: http://www.johnpilger.com
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02.07.2008

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di DAZED