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Ancora conferme

di Gianfranco La Grassa - 23/07/2008

 

Secondo me, andrebbe messo nel blog l’intero articolo di Porro pubblicato oggi su Il Giornale (che, per la verità, sarebbe bene leggere assieme a quello di Zurlo, perché chi tiene le “antenne ritte”  trae dai due molte interessanti notizie). Qui mi limito a riportarne un pezzettino finale: “Infine è difficile pensare che l’operazione Porcu (la signora Laura che, dice Tavaroli, lo ha introdotto al mitico network Cossiga-Pollari-Bisignani-Corigliano-Scaroni [mio corsivo]) sia stata anche lontanamente pensata, utile, immaginata o fatta per conto di Tronchetti”.

Lascio correre le ultime parole che interesseranno semmai quelli che leggeranno per intero l’articolo di Porro (e quello di Zurlo); ottima illustrazione dell’esistenza di un “partito” (s-fascista), di cui la Repubblica è fra i portavoce principali, che insiste su certe “condanne” (non so in base a che cosa) malgrado la recente sentenza sui vecchi vertici Telecom, scagionati dall’aver effettuato azioni di spionaggio. A me interessa il network citato, che personalmente non considero tanto “mitico” (al di là dei singoli nomi citati). E mi interessano tutte le manovre che furono intessute – a mio avviso da una parte opposta a tale “mitico” network, quella del “Piano Rovati” che, secondo l’opinione di molti nonché la mia modesta, era in realtà il piano di Prodi con dietro precisi ambienti finanziari amici, oggi apparentemente amici pure dell’attuale Governo con l’assunzione del ruolo di advisor nei confronti di Alitalia – per indebolire la vecchia direzione Telecom onde consegnarla poi nelle mani di certi ambienti, quelli di cui Repubblica si fa portavoce; con l’appoggio di un oscuro “partito dei magistrati”, che non significa affatto la magistratura tout court, anche se purtroppo rischia di far passare l’idea, cara a molti interessati, che lo sia.

Mi si consenta un inciso. I soliti economicisti hanno la mania della “realtà empirica”; non credono alle ipotesi se non sono corredate da dati incontrovertibili; che questi, e le statistiche – basti vedere quelle sulla crisi in corso – siano tirati da tutte le parti al fine di dimostrare ciò che desidera dimostrare chi li riporta; che, ad esempio, l’inflazione effettiva non sia quella “ufficiale”, bensì quella “solo percepita” (così dice chi crede alle rilevazioni “fattuali”) dalla gente, non importa. Fanno testo solo questi (cervellotici) dati calcolati in modo del tutto opinabile e presentati come oggettivi. Perché gli economicisti – questi, si, veri scientisti e non scienziati – sono convinti sia possibile rilevare la realtà così com’essa è realmente, senza (o con pochi e inessenziali) residui. Sono proprio il peggio che offra la sedicente scienza; ma non è scienza, lo ripeto, è una sua caricatura. Nessun vero scienziato ha mai creato nulla di nuovo se non andando oltre l’empiria, se non dando prova di “immaginazione” e perfino di “controfattualità”.

Un giorno (spero di averne il tempo) manifesterò più esaurientemente le mie più che perplessità nei confronti delle tesi di un Bergson e del suo modo di intendere l’intuizione; tuttavia, sia pure con le opportune qualificazioni, quest’ultima, ovviamente non suffragata dai dati empirici (che non sono per nulla fatti reali, ma elaborazioni spesso costruite ad arte per scopi di pura malafede e inganno), è fondamentale, decisiva, per indirizzare la mente all’individuazione di certe tendenze che non vengono affatto disegnate nella loro completa fattualità (nessuno ci riuscirà mai, credo); e tuttavia ci illuminano più di tutte le “strocchiolerie” degli empirici e dei fattualisti. L’importante è mantenere sempre il sobrio atteggiamento di chi fa ipotesi, non sognandosi di decretare che la realtà, presunta reale, è quella posta nel suo cervello e da lui sciorinata agli ignari sotto forma di grafici, tabelle, statistiche, per stordire tanti poveretti e far loro prendere lucciole per lanterne; sull’inflazione, per fortuna, questi cialtroni disonesti, veri Dulcamara (meglio specificare: quello dell’Elisir d’amore di Donizetti) e non scienziati, sono ormai abbastanza smascherati anche presso l’opinione pubblica meno avvertita.

 

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Leggendo del “mitico” network di cui sopra, ho trovato intanto conferma di quanto scritto in Gira e rigira su Cossiga – e lo “stato d’animo” di cui può essere espressione; e che (lo ricordate?) attribuivo anche a settori dei “corpi speciali”, fra cui ci sono sicuramente dati pezzi dei servizi segreti – e sul partito avverso, quello “dei magistrati” e delle ignobili piazzate dei “moralisti”. Leggete Porro e Zurlo, e vedrete che risultano più chiare certe mie ipotesi, basate appunto sull’intuizione e non su “fatti”, di cui fra l’altro non potrei sapere nulla, non avendo contatti con “certe fonti”. Qui m’interessa, in modo particolare, sviluppare un’altra intuizione che nutro da tanto tempo, e che ho già espresso altre volte. Ipotesi per la quale ho sottolineato il nome di Scaroni (il che significa Eni) tra quelli del “mitico” network.

Per comprendere meglio quanto sosterrò – via ipotesi e “intuizione” – bisognerebbe considerare pure un recente attacco di Battaglia alla politica dell’Enel; quel Battaglia che alcuni sciocchi commenti nel nostro blog (non a caso tutti di sinistra) hanno voluto trattare da semplice ignorante, mentre, al massimo, si può dire che probabilmente sostiene interessi contrari a quelli degli altri ambienti: quelli delle energie alternative, fonte di colossali business e difese da importanti scienziati-affaristi e da gente “onesta e disinteressata” quali Al Gore, Soros, la Goldman Sachs, ecc. Il problema, per chi non finge di essere “moralista”, non è quello di ergersi a difensore delle sorti dell’umanità “in pericolo di sopravvivenza” (smettetela con questo imbroglio, tanto è del tutto evidente in ciò che dite), bensì di comprendere qual è, nella presente fase storica, la scelta più utile ed efficace ai fini di una maggior indipendenza del paese rispetto a quello predominante, gli Usa, in una situazione mondiale di crisi che avanza (o almeno di probabile stagnazione o quasi, per un dato periodo futuro).

Le nostre industrie di punta – e spero sia ormai chiaro che cos’è questa punta – sono di fatto ostacolate continuamente nelle loro effettive possibilità di sviluppo sempre più indipendente. Gli ostacoli provengono soprattutto dalla nostra finanza parassitaria e industria invecchiata (sempre bisognosa di continue sovvenzioni dirette e indirette), le quali rendono il paese non solo succube degli Usa, ma appunto vecchio, asmatico, sempre più incapace di tenere il ritmo con i paesi a maggiore slancio; e se arrivasse una crisi piuttosto pesante, che non potrà non interessare più o meno l’intera formazione mondiale, saremo il paese che ne uscirà alla fine peggio continuando a restare sotto il tallone di quella che ho denominato GFeID.

Certamente, l’Eni ha fatto ottimi accordi e scelte soprattutto con la Gazprom (e poi con l’algerina Sonatrach e la Noc libica, ecc.), la Finmeccanica ne fa soprattutto negli Usa (ma anche, e di ottimi, in Russia), l’Enel ha ottenuto successi in Spagna, ma sembra comunque muoversi bene in generale. Tuttavia, la mia “intuizione” mi dice che tali aziende potrebbero ottenere assai di più, se supportate ben altrimenti da un apparato statale per il momento ancora troppo condizionato dalla GFeID. Credo insomma che, malgrado certi brillanti successi, tali aziende debbano spesso scendere a compromessi con ambienti contrari. Dove si trovano questi ultimi? Per me non vi è alcun dubbio che il maggiore ostacolo sia stato a suo tempo il Governo Prodi di sinistra (perfino con l’appoggio di chi continua a sbavare per il falso “comunismo”; appoggio fornito per stupidità e corruzione insieme); caduto questo pessimo Governo, i ridotti della “resistenza”, più duttilmente e sottilmente portata avanti da questi finanzieri e industrial-assistiti, sono rappresentati, in primo luogo, dal rozzo “partito giustizialista” (e dagli ambienti giornalistici ben noti), con dietro però il grosso della sinistra e con l’appoggio di quella detta estrema, ormai degenerata in orrido “museo degli orrori”, zeppa di gente con l’acqua alla gola, che perciò si aggrappa ai peggiori distruttori di ogni possibile indipendenza italiana, cercando di sopravvivere un altro po’ sulle nostre disgrazie e il nostro naufragio nazionale.

Tuttavia, ci si può allora fidare dell’altro schieramento, oggi al Governo? Figuriamoci. Anche qui, sono sicuro che fortissimi sono gli ambienti proni al servaggio e alla dipendenza per precisa convenienza, sia pure meschina e di poco respiro. Se non altro perché, senza un forte legame con ambienti decisivi negli Usa, il centrodestra, con lo scadente personale politico che si ritrova – dopo aver dato la priorità a Giustizia e sicurezza, adesso ci si accapiglia perfino sull’inno nazionale; e proprio in questi momenti di emergenza sociale ed economica non derivanti certo dai problemi posti all’ordine del giorno – si squinternerebbe in poco tempo. In una situazione del genere, le suddette aziende di punta non hanno nemmeno manager della forza – non certo solo merito, a quell’epoca, di valentia personale (ma comunque anche di questa)  – di un Enrico Mattei. In fondo, prendo la politica dell’Enel nei confronti delle energie alternative (politica criticata appunto da Battaglia) come una spia dei compromessi, che tali aziende debbono accettare per non inimicarsi troppo i suddetti ambienti sensibili alla GFeID e alle sue propaggini: sia a sinistra (le principali e più pericolose e dannose) sia a destra (comunque forti).

Tuttavia, è indubbio che oggi la stessa Confindustria comincia a vagheggiare una più incisiva politica delle fonti di energia. Tuttavia, sembra proprio che si insegua il ben noto fine della “botte piena e della moglie ubriaca”. Tale incoerenza è probabilmente sintomo di un braccio di ferro in atto all’interno delle classi dirigenti economiche; anche la GFeID è forse attraversata da contrasti e incertezze. Di sicuro, non si può volere una politica di più intenso sviluppo (o comunque di meno peggiore uscita dalla crisi) cercando “quadrature del cerchio” tra appoggio pieno e impulso da fornire alle industrie d’avanguardia e sostegno parassitario alla finanza e all’industria “invecchiata”; tra alleanza subordinata agli Usa e una più sciolta capacità di giocare sulla sorda conflittualità di tale paese nei confronti delle nuove potenze in crescita; ecc. ecc.

Si avvicina il tempo delle scelte; e non sembra che i nostri gruppi dominanti, a livello economico e tanto meno a quello politico (dove esiste un personale a dir poco spaventoso per la sua ottusità e incapacità, salvo qualche eccezione), siano in grado di compiere tali scelte: presto e bene, fra l’altro, perché siamo piuttosto mal ridotti. La scala delle priorità adottata è in fondo una modalità per non prendere di petto la situazione, decidendo infine se si vuole “la botte piena” o invece “la moglie ubriaca”. Se si continua così, sarà dura davvero.