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Non uccidete Tareq Aziz

di Daniele Castellani Perelli - 23/07/2008

Fonte: Europa

 
 

 

«Quelle accuse sono assurde e ridicole. Se l’Iraq vuole guardare al futuro e incamminarsi verso la democrazia, salvi Tareq Aziz dalla pena di morte». Younis Tawfik sostiene la campagna.dei radicali contro la possibile pena capitale nei confronti dell’ex ministro degli esteri di Saddam Hussein, accusato di aver condannato a morte 42 commercianti nel 1992. Nato a Mosul, lo scrittore iracheno è un musulmano laico che insegna lingua e letteratura araba all’università di Genova, fa parte della Consulta islamica italiana e ha vinto nel 2006 il Grinzane con il romanzo Il profugo (Bompiani): «Il vice «Aziz conosce troppi segreti di Saddam / conclude Tawfik -. Anche per questo è stato lasciato solo».

 

Cosa ricorda della figura di Tareq Aziz? Lo definirebbe, come molti fanno, "il volto umano" del regime di Saddam?

Sì, credo sia una definizione meritata. Le mani di Aziz non sono sporche di sangue, a differenza di quelle di molte autorità del regime di Saddam. Lo ricordo sin dai tempi del presidente Ahmed Hassan al Bakr, quando, non riuscendo ad emergere ed essendo sospettato di legami con servizi segreti stranieri, decise di mettersi sotto l’ala del generale Saddam Hussein, che poco tempo dopo sarebbe salito al potere. Per tutta la vita fu il portavoce e l’umile servitore del dittatore, che aiutò li dove era più debole. Saddam non era né diplomatico né pragmatico, non era molto presentabile nelle cancellerie occidentali e non viaggiava all’estero per paura degli attentati. Da buon cristiano del Medio Oriente, invece, Aziz conosceva l’arte della diplomazia e poteva vantare importanti contatti all’estero. Ma per il resto non decideva nulla, non aveva opinioni. Oggi è molto malato, e per queste ragioni è ingiusto condannarlo a morte.

 

Marco Pannella ha detto: «Aziz rischia la pelle perché sa troppe cose».

Lo credo anch’io. Ricordate quanto è stato frettoloso il processo a Saddam? I segreti del dittatore non sono morti con lui, forse anche Aziz ne è a conoscenza. A quali servizi segreti occidentali era legato Saddam prima di andare al potere? Cosa avvenne nella famosa visita a Bagdad di Donald Rumsfeld nel 1983? E ancora: perché gli americani si sono fermati in Kuwait nel 1991?

 

Lei parla di "mani non sporche di sangue", ma intanto Aziz è accusato di aver condannato a morte 42 commercianti, rei di aver alzato il prezzo degli alimenti.

È solo un’accusa di facciata. Tutti sanno che il vero responsabile di quella terribile vicenda fu Uday, il figlio di Saddam, che in seguito mise le mani sul commercio.

 

Il caldeo Aziz è un simbolo dei cristiani in Medio Oriente?

Più che un simbolo, direi che è la conferma del ruolo molto importante che i cristiani hanno giocato nella regione fin dalla metà dell’Ottocento. Sono stati un ponte tra Oriente e Occidente, e sono stati decisivi nella diffusione della cultura, dal teatro alla poesia ai libri. Era un cristiano anche Michel Aflaq, il primo ideologo del baathismo.

 

Nonostante tutto ciò, la campagna di Pannella sembra abbastanza isolata a livello internazionale. Come mai?

Aziz non interessa più a nessuno. Agli americani per nulla, per i motivi che abbiamo detto, sebbene con altri esponenti del regime siano stati molto meno severi: che fine ha fatto, ad esempio, l’ex ministro dell’informazione Muhammad Saeed al-Sahhaf? E anche il Vaticano, devo dire, non è molto attivo. Non so perché, forse teme che una sua eventuale mobilitazione venga vista come "di parte", in difesa di Aziz solo perché cristiano.

 

Cosa significherebbe un gesto di clemenza verso Aziz, per il futuro dell’Iraq?

La pena di morte è un atto barbarico, ci ricorda il vecchio regime, un incubo che non passa. L’Iraq dovrebbe abolire la pena capitale, per compiere un passo importante verso la democrazia. Io, che ero contrario anche all’uccisione di Saddam, spero che Aziz non venga condannato a morte. Va bene anche l’ergastolo, ma che sia una pena più decorosa di quella subita da Saddam. I reati di Aziz non sono così gravi, e il paese ha bisogno di un segnale di riconciliazione e cambiamento.