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Guantanamo: un crimine continuato a prova di ONU

di Carmelo R. Viola - 31/07/2008

 

                                                                                                          

 

         La storia non poteva darci una stirpe umanoide (antropozoica) più infida e degenere della casta yankee, il cui ideale è tutto un distruggere e dominare (dal genocidio dei pellerossa e dalle imprese della NATO e non si ferma in tempi di sviluppo tecnologico e di progresso scientifico) e, quando non può farlo, mente. E la platea dei moralmente miserabili e dei servi applaude. Tra questi spicca la nostra povera Italia.

         L’11 gennaio 2002 la suddetta casta apriva il carcere di Guantanamo, fuori di ogni norma di diritto internazionale ed elementare a tutto scorno della sempre più lontana Rivoluzione Francese e con un’ONU non in grado di esigere coralmente – per il solo malaugurato fatto di trovarsi in territorio USA ed essere diventata un feudo di questi  -  che Bush e compagni si costituissero come criminali di guerra e di pace! E come potrebbe il Tribunale dell’Aja braccare i “patroni fondatori”, tali appunto in nome dell’antiterrorismo?! Il suo compito è quello di catturare e, quando possibile, anche uccidere, i vari Milosevic con metodi analoghi a quelli di Guantanamo.

         Infatti, il fine di questa “galea terroristica” è – vedi gioco delle parole – la lotta al terrorismo, in nome di quell’11 settembre, in cui la casta yankee, privata del comodo pretesto sovietico, se ne è creato uno nuovo con un’ennesima “menzogna terroristica”! Non importa con quale prezzo di connazionali.  Anche il doppio olocausto atomico di Hiroshima e Nagasaki aveva un fine difensivo! La casta yankee si organizza in piovra mondiale.

         Il terrorismo è sempre e comunque una pratica ignobile e senza attenuante perché colpisce innocenti e bambini, ma quello islamico ha per lo meno una spiegazione in quello yankee, che semina “caos umanicida” ovunque porta il proprio intervento di forza: dal Vietnam all’Iraq, al Kosovo, all’Afghanistan, in Palestina… con il pretesto di esportare una democrazia che non ha o di prevenire l’esistenza di potenze nucleari concorrenti arrogandosi un titolo giuridico che nessuno le ha mai dato.

         Guantanamo è un lager dove, all’assenza del diritto alla difesa supplisce la pratica della tortura davanti all’indifferenza oggettiva di Stati complici o pavidi. Solo da Amnisty International apprendiamo che dei 780 prigionieri, provenienti da dieci paesi diversi, ne rimangono 275, anche questi ignari del proprio capo d’imputazione e privi di difensore.

         La casta yankee deve dimostrare al mondo l’effettivo pericolo del terrorismo (tanto più che ha consapevolezza di esserne la causa) e Guantanamo serve a tale scopo al punto da potere giustificare la sospensione dei diritti umani fondamentali in nome della sicurezza nazionale (anche se ciò è una balla): un vero stato di emergenza che mette allo scoperto la vera realtà politica degli USA: quella di una “dittatura militare democratiforme”.

         Il santone Marco Pannella si è guardato bene dall’inscenare uno sciopero della fame per chiedere il ripristino del diritto ( a lui così caro) in quel lembo di Cuba: se l’avesse fatto, avrebbe dovuto dir male dei suoi “padroni spirituali” o avrebbe finito per suicidarsi!

         Perfino qualche voce USA (guarda un po’ anche l’innominabile stomachevole Condoleeza Rice) si è levata a reclamare la soluzione di cotanta vergogna ma probabilmente solo per simulare una presenza umana (coscienza morale) che non c’è. C’è, invece, alta e sventolante dalle torrette del reclusorio in questione, spesso di innocenti legittimi patrioti, la bandiera a stelle e strisce della casta, maleodorante di quella fogna a cielo aperto che continua a rappresentare, davanti alla riverenza di un neo e più conturbante Medioevo, una menzogna quotidiana elevata a strumento di potere.