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Filosofia della montagna

di di Andrea Parodi - 04/02/2006

Fonte: lastampa.it




“La filosofia della montagna” dell’ermeneuta Francesco Tomatis è un saggio di curiosi e fertili collegamenti fra filosofia, teologia, linguistica, antropologia. Vuole essere, ed è, uno strumento di saggezza per l’uomo del terzo millennio posto in modo inquietante su un terreno omologante e globalizzante. Il testo si propone il compito di aprire orizzonti vertiginosi a chi dedica buona parte del proprio tempo libero alla pratica della montagna. La ricompensa alla fatica è la visione di un nuovo proporsi verso sé e il mondo.

Non è un libro per professionisti dell’arrampicata. Tutt’altro. Non troverete deliberatamenre nulla di specialistico. Il destinatario è l’uomo comune che cerca di sintonizzarsi con la verticalità della montagna. Non vi è neanche una storia dell’alpinismo. E’ la storia di un’esperienza personale che si crea, nelle dimensioni di rischio calcolato, solo nel momento della prestazione stessa. La montagna come sublime metafora della vita. Imparare ad amare la verticalità è la chiave per aprire il lucchetto della libertà.

Si procede per balzi discontinui nella continuità della salita. E’ un esercizio per capire l’unicità a cui tutti siamo chiamati. Ci si allena all’atopos, il non luogo, passaggio fondamentale per la trascendenza. Tomatis fa notare come in assiro morire è aggrapparsi alla montagna. Bene. L’alpinista si aggrappa ma si muove, prosegue. Insomma, per amore della vita si conosce la morte (e così la si esorcizza).

Stupefacente è poi l’esperienza della cima. Si prova il brivido del nulla, la potenza della rinuncia, la liberazione, il nirvana. Il nulla come anticamera dell’eternità, il presupposto a Dio. Certo, è difficile abbandonare la cima, l’atopos maximum per noi viandanti sulla Terra, il luogo magico che è sia Oros (monte verticale, origine) che horos (orizzonte, limite, solco). Ma Platone ci insegna col mito della caverna che per l’alpinista è ancora più importante la discesa, perché porta ai suoi simili a valle la prova della verità dell’ascesa.

La montagna si rivolge quindi all’ipse non all’idem. L’idem è una standardizzazione individuale da monade leibniziana. L’ipseità genera l’accettazione in toto della vita mantenendo il sé in una fitta rete di relazioni.

Tomatis, una volta indicati suggestivi percorsi teologici e filosofici, compie una interessante carrellata sulla presenza della montagna, sia nella tradizione giudaico-cristiana (Sinai, Monte Nebo da cui Mosè morendo vede la terra promessa, Tabor, Golgota, le Beatitudini), sia nel pensiero orientale indiano e cinese.

Cuneese, profondo conoscitore della vita occitana, Tomatis si spinge forse un po’ troppo utopisticamente proponendo la vita in montagna come viatico alla genuinità delle tradizioni popolari, alla vita a dimensione d’uomo, ad un passaporto per un territorio protetto dalla bellezza dolcemente severa delle montagne dove regnano sovrane la pace e la cooperazione.

Autore: Francesco Tomatis
Titolo: Filosofia della montagna
Edizioni:
Bompiani
Pagine: 225
Prezzo: 8