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Auto... dafè. Privatizzare i profitti e socializzare le perdite...

di Paolo Emiliani - 18/10/2008

 

Auto... dafè

La finta Europa, quella che da Bruxelles lanciava anatemi contro gli aiuti statali alle aziende anche di importanza strategica nazionale, ora ha dovuto cambiare rotta. Anzi, gli interventi pubblici sono adesso diventati una sorta di imperativo categorico e da peccato sono miracolosamente mutati in virtù. La prova dell’avenuto sdoganamento sta tutta nel comportamento del governo di oltre Atlantico, vera stella polare di tutta l’economia globalizzata ed asservita al potere apolide usurocratico.
Questa inversione di rotta, detta così, sembrerebbe quasi una buona cosa, in linea, in fondo, con quanto da tempo auspicato da questo giornale ovvero la nazionalizzazione delle aziende strategioche ed un maggior controllo pubblico sul sistema economico e finanziario.
Non sarà però questo il risultato delle manovre in atto un po’ in tutto il mondo occidentale e certamente non lo sarà in Italia.
Il governo Berlusconi, con la benedizione della falsa opposizione, non vuole, per esempio, nazionalizzare le banche, interrompere il malefico legame che congiunge sistema creditizio e produzione industriale: vuole solamente impedire la distruzione dell’attuale sistema garantendo vita (e profitti) delle attuali banche e quindi, in sostanza, i loro profitti. Con i denari dei cittadini.
Quando in Italia si parla poi di soldi pubblici regalati a qualcuno, in un modo o nell’altro spunta sempre fuori il nome della Fiat, qualsiasi sia il colore del governo in carica. Così, proprio ieri, Silvio Berlusconi ha dichiarato: “se gli Usa hanno investito così massicciamente nel settore dell'auto non c'è da scandalizzarsi se anche da parte nostra, ove sia necessario, gli Stati possano pensare di dare in qualche modo supporto alla loro industria automobilistica”. L’industria automobilistica italiana è però composta da marchi diversi, ma da una sola proprietà, quella che fa appunto capo alla famiglia Agnelli.
La crisi minaccia il comparto? Probabilmente sì ed è certo un settore strategico della nostra industria e rappresenta molte migliaia di posti di lavoro, ma non si capisce perché gli italiani debbano ancora una volta finanziare profitti privati senza trarre alcun vantaggio dai loro sacrifici. Sarebbe ora che qualcuno presentasse il conto alla famiglia Agnelli: tra ore di cassa integrazione concesse mentre gli azionisti si spartivano lucrosi utili, tra campagne di rottamazione concesse con i soldi pubblici ed addirittura con la realizzazione di interi stabilimenti costruiti a spese dello Stato (Melfi, per esempio) gli italiani hanno già comprato almeno tre volte la Fiat. Cosa si aspetta per nazionalizzare questa azienda?
Come al solito, invece, si metteranno le mani in tasca alla gente per aiutare la privatissima Fiat e magari lo faranno con qualche balzello legato proprio al mondo dell’auto: una tassa straordinaria sulla benzina, una tassa sulle revisioni o una tassa nascosta nella polizza di assicurazione obbligatoria. Così quando gli automobilisti italiani andranno in una concessionaria Fiat per acquistare una vettura dovranno pagare per portarsi a casa un’automobile che in pratica era già loro. No, non era proprio questo l’intervento statale che stavamo aspettando.