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Cammini del conoscere

di Andrea Porcarelli - 21/10/2008

 
Che cosa vuol dire apprendere? In che senso la gioia del conoscere si esprime nella meraviglia? ... e quando la conoscenza diventa “faticosa”? C’è una dimensione “amorosa”, una “passione”, che porta a desiderare la conoscenza? Come rapportarsi con l’esperienza dell’errore e dei pregiudizi? Si tratta di domande che accompagnano la vita di ciascuno di noi, soprattutto quando ci interroghiamo sul mistero affascinante della nostra conoscenza e le sfide che continuamente essa rivolge all’intelligenza umana, da secoli e secoli.  Un contributo stimolante a ripercorrere tali interrogativi è offerto dal libro di Andrea Porcarelli (Cammini del conoscere, Giunti 2008), che è frutto della pluridecennale attività di insegnante svolta dall’Autore, nei Licei e all’Università ... ma anche della sua passione per l'escursionismo in genere e quello in montagna in particolare. Il testo è una sorta di dialogo filosofico-didattico con un'interlocutrice immaginaria (chiamata Cristina, pensando ai dialoghi tra Cartesio e la regina Cristina di Svezia) che si ambienta in una serie di escursioni nei luoghi più svariati e con le tipologie di terreno e difficoltà più svariate ... ciascuna delle quali dovrebbe rappresentare (in senso metaforico) un contesto o una modalità di apprendimento. In un passaggio dell’introduzione è lo stesso Autore a dare uno spaccato significativo dell’intuizione generativa che ha originato il testo:  «L’avventura della conoscenza ha profonde analogie con l’esperienza del cammino, in tutte le sue forme e nei molteplici scenari che si possono incontrare. Anche la conoscenza nasce da una pulsione interna, incontenibile per chi è sensibile ad essa: una sorta di “argento vivo della mente” che freme dalla voglia di capire, di scoprire cose nuove. “La natura ci ha dato un ingegno curioso”, scriveva Seneca, alludendo proprio a questa forza interiore che spinge la mente a guardarsi intorno, ma anche a guardarsi dentro.  La conoscenza non ci viene data “in regalo”, ma è una conquista personale, da raggiungere con le “gambe della mente” … Talvolta quelle “gambe” si muoveranno con agilità, come quando si gusta una bella passeggiata in campagna in una fresca giornata di primavera. Altre volte il cammino della conoscenza sarà insidioso, cosparso di buche dentro a cui si potrebbe cadere (… a Talete pare sia capitato). Ci saranno poi dei momenti in cui l’esperienza dell’apprendimento potrà essere dura, simile ad un’ascensione alpinistica, con impervie pareti rocciose. Allora non basteranno le gambe, serviranno anche le mani … ma quale soddisfazione una volta giunti in vetta! Cercheremo di percorrere il cammino dell’apprendimento, nei diversi paesaggi che attraversa e tenendo conto delle risorse interiori che – di volta in volta – chiamerà in causa. Protagonista di questo cammino è ciascuno di noi, perché si tratta di un itinerario profondamente personale che si compie nell’intimità della nostra mente» (pp. 5-6).  Il testo si propone dunque di accompagnare il lettore in un viaggio metaforico lungo i sentieri della conoscenza, sapendo che l’esperienza dell’apprendimento gioca un ruolo cruciale nella costruzione dell’identità personale. Il cammino potrà essere piano e gradevole, ma capiterà anche di incontrare terreni incerti e scivolosi. Si dedica un’attenzione speciale alla spinta interiore (motivazione) che anima sia il buon escursionista, sia chi si appassiona a qualche forma di sapere, o si innamora della sapienza in sé. I filosofi greci chiamavano Eros tale spinta interiore, evocando la figura del semidio che porta il nome stesso dell’amore, con tutto ciò che comporta a livello di tensione verso una conquista e senso di appagamento quando il risultato viene raggiunto. Si tratta di un amore che “mette le ali” all’anima e le consente di raggiungere le più alte vette della conoscenza e che nell’intreccio degli itinerari metaforici è rappresentato da un’appassionante ascensione sui ghiacciai del Monte Rosa. Questo non significa che nell’esperienza del conoscere manchino le difficoltà: chi di noi non ne ha mai incontrate? Ma anche gli “incidenti critici” che si verificano sul cammino della conoscenza (simili ad alcune “scivolate” che si possono sperimentare camminando sui pendii bagnati dopo una pioggia abbondante) , possono essere istruttivi ed aiutarci a crescere, così come cresciamo imparando dalle nostre esperienze. Tutto il testo è pervaso anche da un’altra istanza, una metafora nella metafora, che è quella di pensare a come il cammino dell’apprendimento (rappresentato dall’allieva Cristina) si intreccia con il percorso di colui che insegna (rappresentato dall’io narrante dell’autore), richiamando la responsabilità che è connessa con il sapere. Diceva don Milani che “il sapere serve solo per darlo” e, se è pur vero che l’apprendimento è anche fonte di gioie che sono premio a se stesse, man mano che progredisce il cammino della conoscenza dovrebbe crescere contestualmente la volontà di accompagnare altri su tale cammino: una gioia spirituale, se viene condivisa, risplende di una luce ancora più vivida.  Andrea Porcarelli, Cammini del conoscere, Giunti, Firenze 2008, pp. 142, € 9.50