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Morales nel mirino delle multinazionali

di Alessia Lai - 10/02/2006

Fonte: Rinascita

 

Sono settimane delicate, le prime della Bolivia di Evo Morales (nella foto).
Il presidente ‘cocalero’ deve proteggere il Paese da chi non gradisce che un’altra nazione latinoamericana si unisca al fronte antistatunitense guidato da Venezuela e Cuba.
E deve iniziare a mettere in cantiere le riforme che ha promesso in campagna elettorale e sulle quali il suo ‘Movimiento al socialismo’ ha costruito la politica rivoluzionaria che punta alla creazione di una Bolivia nuova, affrancata dal modello neolibersita che la ha vista per anni succube della potenza, di fatto coloniale, nordamericana.
“Ci sono in corso cospirazioni di alcune multinazionali. Abbiamo avuto riunioni con il comando militare, durante le quali ne siamo stati informati”, ha affermato ieri il presidente boliviano durante una riunione con alcuni dirigenti contadini.
Le dichiarazioni fatte di recente dal capo dello Stato venezuelano Hugo Chávez, secondo cui il neo presidente di La Paz sarebbe “vittima di attività cospirative” rispondono quindi a verità. E non è certo un fatto sorprendente.
Morales ieri non ha fatto nomi né fornito ulteriori ragguagli ma il fulcro della questione è stato chiaro quando davanti ai leader ‘campesinos’ ha precisato: “per nazionalizzare gli idrocarburi dobbiamo essere organizzati e a questo fine convocheremo tutti i settori sociali”. Il complotto verrebbe quindi dalle multinazionali impegnate nel settore degli idrocarburi preoccupate dal piano di nazionalizzazione dei giacimenti di gas, uno dei punti fondamentali nel progetto di rinascita boliviana portato avanti dal neo presidente indio.
Già dal 1994, l’allora governo di La Paz decise di vendere il gas ad alcune multinazionali ad un prezzo pari a quasi la metà di quello di mercato incassando però solo il 18 per cento della somma pattuita sotto forma di royalties.
Ma fu nell’aprile 1996 che prese definitivamente forma, con il presidente Sánchez de Lozada, la svendita della risorsa principale della Bolivia: venne infatti cambiata integralmente la ‘Legge nazionale sugli idrocarburi’. Con il ‘Decreto 24806’, Sánchez de Lozada decideva di togliere allo Stato boliviano la proprietà degli idrocarburi. Se prima della riforma le 26 compagnie straniere attive nell’estrazione di gas e petrolio versavano ogni anno 350 milioni di dollari nelle casse di La Paz, dal 1996 si scese a 120 milioni di dollari l’anno. Vennero poi avviati tutta una serie di accordi per cedere l’importante risorsa agli Stati Uniti attraverso la multinazionale Pacific LNG, partecipata dalla Pan American, dalla British Gas e dalla spagnola Repsol. Non solo, ancora oggi i boliviani ricomprano il gas dalle stesse compagnie al prezzo più alto registrato in tutta America Latina.
Ora che ha conquistato la guida del Paese, Evo Morales intende porre fine a questo sfruttamento diretta emanazione della dottrina Monroe.
“Dobbiamo proteggere il presidente per difendere la nazionalizzazione, per difenderci dai ‘gringos’ e per difendere l’Assemblea costituente” ha infatti aggiunto il vicepresidente Alvaro García Linera.
E proprio martedì Morales e il ‘Mas’ hanno presentato il progetto definitivo sull’elezione dell’Assemblea costituente bolivariana.
“Il progetto prevede che la costituente abbia poteri illimitati, senza ridursi ad uno strumento esclusivamente riformista come pretendono i settori della destra” , ha dichiarato il presidente durante la cerimonia di consegna del disegno di legge al vicepresidente e capo del Parlamento García Linera.
La proposta stabilisce che l’assemblea verrà scelta il 2 luglio prossimo e si insedierà il 6 agosto nella città di Sucre, nel centro-sud del Paese, capitale storica della Bolivia.
“Il compito dell’assemblea sarà di cambiare le strutture dello Stato, perseguire l’unità e l’integrità del territorio nazionale, porre fine alle discriminazioni che hanno caratterizzato la storia repubblicana della Bolivia e al saccheggio delle sue risorse naturali” ha dichiarato il presidente.
Da parte sua, Alvaro García Linera ha promesso di cercare di arrivare ad un accordo con tutte le forze politiche in modo da approvare la legge di convocazione con la celerità sperata e ha convocato una riunione plenaria del Congresso per venerdì prossimo, per cominciare a trattare il tema.