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I Grupi di Acquisto Solidale hanno un ruolo politico. Intervista a Francesco Gesualdi

di Marco Niro - 28/10/2008





 

“I Gruppi d'Acquisto Solidale devono concepirsi come una forza politica, non si devono accontentare di far bene il proprio orticello” . Il monito è di Francesco Gesualdi, punto di riferimento per il mondo del consumo sostenibile italiano. Allievo di Don Milani e fondatore della Rete Lilliput, Gesualdi ha curato numerose edizioni di una fortunata Guida al consumo critico, ed è autore di diversi altri libri sul tema, tra cui Sobrietà e Manuale per un consumo responsabile , entrambi editi da Feltrinelli.

Lo abbiamo intervistato per parlare con lui dei Gruppi d'Acquisto Solidale (in sigla GAS), ovvero quelle unioni generalmente informali di famiglie che si mettono insieme per acquistare prodotti che abbiano un ridotto impatto sull'ambiente e siano rispettosi delle condizioni sociali di produzione.

Francesco, a dieci anni dalla nascita del primo, nel 1994 a Fidenza, i Gruppi d'Acquisto Solidale in Italia si sono moltiplicati. La ReteGas nazionale ( www.retegas.org ) ne censisce quasi 500. Cosa pensi di questo sviluppo impetuoso?

Esso si è verificato non solo per l'aumentata sensibilità ambientale e sociale dei consumatori, ma anche perché i media hanno cominciato a far luce sul mondo dell'acquisto solidale in gruppo, ed anche perché in molti hanno visto nei GAS una possibile risposta alle difficoltà generate dalla perdita di potere d'acquisto. Il rischio, in quest'ultimo caso, è che in troppi vedano nei GAS solo un modo per risparmiare denaro. Per fortuna, noto che ogni GAS ha sempre al proprio interno uno zoccolo duro, motivato e consapevole, capace di aggirare le possibili derive utilitaristiche. E' grazie questa capacità che i GAS possono riuscire a giocare un ruolo politico.

Conosco l'esperienza di un GAS trentino che è riuscito ad ottenere che un suo fornitore non spedisse il proprio formaggio a Milano per farlo confezionare, ma glielo vendesse per via diretta. E' questo che intendi per ruolo politico?

Esattamente, quello che mi riporti è un ottimo esempio. Se i GAS hanno chiarezza d'intenti, e sono consapevoli delle loro responsabilità verso l'ambiente e verso la società, possono avere un ruolo attivo nel cambiamento dei modi di produrre.

Quest'influenza può esercitarsi anche sulla distribuzione organizzata?

Il consumatore responsabile può influenzare anche la distribuzione organizzata. Certo, nel caso in cui si tratti di società di capitali, questo è più difficile e può avvenire solo per via indiretta. Nel caso della cooperazione di consumo, invece, il consumatore responsabile, se è anche socio, può cercare di influenzare per via diretta i consigli di amministrazione. Certo è che la cooperazione dovrebbe fare di più per il consumo sostenibile: mettere in vendita prodotti biologici non basta, se poi i fatturati si gonfiano grazie alla vendita di quelli che di sostenibile non hanno nulla.

I GAS non arrivano oggi a soddisfare tutti i bisogni primari del quotidiano, perché per alcune tipologie di prodotto non è semplice trovare l'alternativa sostenibile. Che soluzione vedi al problema?

Prendiamo il caso del tessile. A parte il fatto che oggi i GAS stanno trovando prodotti sostenibili anche in questo settore, non si deve dimenticare che la soluzione migliore è vestirsi con sobrietà. L'abito dovrebbe tornare ad essere concepito come un vero e proprio investimento, e non come un oggetto di cui disfarsi al primo cambio della moda. Questo cambio di mentalità dovrebbe valere in realtà per tutti i prodotti. Anche quelli ben più deperibili dei vestiti, come il cibo, che andrebbe consumato con più parsimonia, senza sprechi. La vera sfida per un GAS, a dispetto del nome, è proprio questa: ridurre gli acquisti all'indispensabile, per contribuire alla fuoriuscita dalla catastrofica economia della crescita che oggi domina il mondo.