A più di sessant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale e a quasi venti dal crollo del blocco sovietico, l’Europa continua ad essere letteralmente invasa dalle cosiddette forze NATO, le quali, in realtà, sono forze militari americane che occupano in modo più o meno lecito il suolo di altri Paesi sovrani. Tra i quali, ovviamente, l’Italia.
Oltre a chiedersi il motivo di una tale asfissiante presenza sul suolo di Paesi che, almeno in teoria, dovrebbero essere alleati dell’unica “super-potenza” rimasta, viene da chiedersi cosa farebbero gli americani se ci fosse sul loro territorio anche una sola base militare straniera, o una sola testata nucleare non di loro proprietà (mentre loro ne hanno 480 nella sola Europa). Di sicuro gli americani, come afferma Beppe Grillo in una delle sue “pillole rosse”, non si arrabbierebbero nemmeno; diventerebbero pazzi!
Quindi perché ci si dovrebbe stupire se lo scorso 5 Ottobre, nonostante il Consiglio di Stato abbia vergognosamente sospeso la decisione del Tar della Regione Veneto che si era espresso favorevole allo svolgersi del Referendum sulla base USA Dal Molin, quasi 25 mila vicentini hanno comunque votato contro l’allargamento di quella che dovrebbe diventare la più grande base americana in Europa?
Perché ci dovremmo mettere ancor più in una posizione problematica sia a livello di possibili attacchi da parte del presunto terrorismo internazionale che di tensioni interne al continente europeo (ad esempio con la Russia)?
Per denaro?
Spesso ho sentito dire che le basi americane in Italia, al di là della loro utilità o meno, portano soldi, portano “business”. Come se ciò, nel caso in cui fosse vero, bastasse a legittimare la presenza di forze militari occupanti chiuse in basi dalle quali possono partire ed atterrare aerei che, in barba al Trattato di Non Proliferazione Nucleare sottoscritto e ratificato dall’Italia, trasportano anche testate nucleari. E per scopi ovviamente tutt’altro che pacifisti, in barba anche al fatto che l’Italia, stando all’articolo 11 della nostra Costituzione, “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Ma tralasciando tutto ciò, e tralasciando il fatto che la presenza e le azioni politico/militari americane stiano minando la riuscita di quella che potrebbe essere davvero un’Unione, cioè quella Europea, intromettendosi evidentemente non poco nelle decisioni comunitarie (dai recenti problemi con la Russia, appunto, alla presenza o meno di OGM sul mercato europeo ecc), prendiamo per buono il fatto che queste basi e questi militari portino soldi, e “business”.
In ogni business che si rispetti c’è da considerare se, una volta fatto un investimento, se ne possano trarre dei profitti. Vediamo allora, per un più che dubbio riscontro sia a livello economico che politico, quali sarebbero le spese, o gli investimenti (?), che i vicentini dovrebbero sostenere per l’ampliamento della “Ederle 2″: http://www.nodalmolin.it/notizie/notizie_212.html
Dando anche solo un’occhiata all’esame fatto dai tecnici del movimento “No Dal Molin”, i quali elencano sul sito omonimo le varie spese che i vicentini dovrebbero sostenere, viene da pensare che l’ampliamento di questa base militare non sarebbe affatto un investimento interessante. Sembrerebbe piuttosto un’ennesima ingente spesa che, come ad esempio l’invio di militari in Iraq ed Afghanistan, non risarcirebbe i nostri “sforzi”, ripagati con qualche pacca sulle spalle più che con le briciole che i nostri scodinzolanti governi (quello attuale in primis) hanno sempre sperato di veder cadere dal tavolo americano. Ma, sempre sul sito http://www.nodalmolin.it/, ci si chiede se Vicenza non ci guadagni proprio nulla, e dove vanno a finire tutti questi dollari, o meglio, questi euro.
Anche qui la situazione non sembra molto differente, considerando il fatto che i 700 cittadini vicentini che lavorano direttamente per gli statunitensi hanno stipendi per un totale di 23 milioni di euro annui, contro i 65 milioni di euro spesi dal resto della comunità cittadina per mantenere la Ederle.
Sembrano calcoli troppo venali? Bene, i problemi di tipo non pecuniario riguardano fenomeni quali inquinamento da periclorati e TCE, eccessivo sfruttamento della falda acquifera locale, ma anche sofferenza psichica ed impunità dei militari americani, non soggetti alla giurisdizione italiana.
Problemi che l’Italia non è l’unico Paese ad avere. So per esperienza che anche in Germania (Paese ovviamente ancora più “occupato” del nostro, sia per motivi politici che economici) si hanno spesso problemi causati dai militari americani, quando sono al di fuori dei recinti dei microcosmi in cui stanno, fortunatamente, per la maggior parte del tempo.
Voglio precisare che qui non c’è niente di ideologico, né tanto meno una qualche forma di disprezzo nei confronti di un popolo che, ormai appartenente ad una pseudo-super-potenza, si ritrova a dover mandare migliaia dei suoi ragazzi in giro per il mondo, spesso controvoglia, evidentemente in mancanza di alternative professionali a casa loro.
Qui si parla di dati e di cifre, e del fatto che, come già accennato in precedenza, la presenza americana sul suolo del nostro continente è uno dei più grandi limiti alla nascita di una vera “sovranità europea”, di un governo ed un’economia comunitari indipendenti da ogni influenza di Washington. Cosa di cui avremmo urgentemente bisogno, ora come ora.
Ci sono ottime alternative all’allargamento di questa base, come ad esempio il progetto “Dal Molin 2.0″, di Davide Marchiani, candidato sindaco alle ultime elezioni con la Lista Civica “Vicenza Comune a Cinque Stelle”, che prevede l’utilizzo dell’area dell’aeroporto Dal Molin per l’installazione di un impianto fotovoltaico (non un unico impianto, ma 75 indipendenti) per la produzione di energia elettrica, che fungerebbe anche da parcheggio in cui lasciare le proprie autovetture e nel quale prendere dei filobus per potersi recare nel centro cittadino (1).
Questo è solo un esempio, per ricordare che ci sono modi di gran lunga migliori per usare le risorse che si vorrebbero invece sprecare. Ed immaginiamo l’impatto di tali progetti, se moltiplicati per il numero di basi presenti in Italia.
Anche senza queste alternative, però, sarebbe meglio smettere di pagare i debiti di una potenza straniera sull’orlo del collasso, che ci può aver dato molto in passato, ma che alla lunga si è sicuramente presa molto di più.
Come scrive Mauro Pasquinelli ne “Il libro nero degli Stati Uniti d’America”, - L’impero nordamericano è un impero in crisi. Gli Stati Uniti d’America sono divorati da un debito interno ed esterno che è superiore a quello di tutti i Paesi del Sud del mondo messi insieme. La popolazione statunitense ed il proprio governo vivono a credito, ossia per mantenere tutto il sistema spendono più di quello che producono. Se gli USA fossero stati un Paese europeo non sarebbero potuti entrare nel Mercato comune, perché non rientravano nei parametri di Maastricht - (2). Senza considerare che ciò è stato scritto prima dell’attuale crack finanziario.
L’Italia non è di certo un Paese in grado di mantenere in casa propria le spese folli di chi è stato, nell’arco dell’ultimo secolo, il paladino del disimpegno ambientale e sociale, nonché di una forsennata crescita economica basata, tra l’altro, su di un’economia di guerra. E non dovrebbe nemmeno pensare (o sperare) di esserlo. Non solo per motivi etici o morali, ma perché, come si suol dire, “non abbiamo nemmeno gli occhi per piangere”, e di spese inutili ne abbiamo già più che a sufficienza.
Tornando invece alle testate nucleari presenti in Europa, concludo con un’affermazione di Greenpeace: - Gli europei non sono costretti ad accettare queste armi in Europa ed hanno il potere di richiederne la rimozione. Gli ordigni nucleari USA-NATO sono stati rimossi dal Canada, dalla Grecia, dalla Danimarca e dall’Islanda. Eppure ognuno di questi paesi continua a far parte in maniera attiva della NATO. Quando l’Europa non verrà più considerata come un teatro di possibili guerre nucleari, un deposito o una portaerei degli Stati Uniti, la Guerra Fredda sarà finalmente conclusa.- (3)

Fonti:

  1. http://qualenergia.it/view.php?id=781&contenuto=Documento
  2. Mauro Pasquinelli, “Il libro nero degli Stati Uniti d’America”, 2003, Massari Editore, Bolsena (VT)
  3. http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/disarmo