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Ecco che finisce la globalizzazione

di Uriel - 16/11/2008

Fonte: Wolfsteep

Cosi' e' finito il G20 , e il documento che ne e' risultato e' un misto tra il vuoto ed il nulla. Per la precisione, e' un documento che va letto esattamente al contrario di come e' scritto.

Che questo vertice avesse poco significato era chiaro nel momento in cui Barack Obama ha detto che non ci sarebbe stato. Non ci sarebbe voluto molto per farlo partecipare in qualche veste, non fosse altro che come nuovo presidente eletto della nazione ospite.

Ma l'assenza di Barack Obama e' un segnale molto forte, che lascia intendere quello che sappiamo gia': la ricetta di Barack Obama e' nazionalista, quasi protezionista.

Il suo programma per diminuire lo spaventoso disavanzo commerciale statunitense consiste nel riportare in casa la produzione,  e per farlo intende punire sul piano fiscale le aziende che delocalizzano.

Il suo piano per ridurre la dipendenza finanziaria dalla Cina consiste nel drenaggio fiscale delle attivita' finanziarie, in special modo degli Hedge Funds, i cui rappresentanti di spicco sono stati invitati e "processati" nel senato USA.

Del resto, Obama non e' il solo. Putin ha annunciato una serie di misure , anche penali, che colpiscono le aziende russe con filiali all'estero. Se devono licenziare, PRIMA devono farlo all'estero. Se devono chiudere una sede, PRIMA chiudono una sede all'estero. Solo quando non hanno piu' nessuno da licenziare all'estero possono farlo in patria.

Quasi tutto il mondo del sudamerica "vincente", a partire dal Brasile, ha gia' economie fortemente nazionalizzate, ed e' restio a quel "buttiamo tutto quel che abbiamo al centro del tavolo" che e' tipico della filosofia liberista globalista.

Cina e India sono economie chiuse per natura, e questo chiude il ciclo: solo UK, UE e Giappone rimangono a fare da contraltare. O meglio, possiamo adeguarci o adeguarci.

In definitiva, questo G20 e' stato il vertice di due guardie. Da un lato Bush , Berlusconi e tutti i liberisti "vecchia guardia", quelli che il capitalismo va bene e chi osa criticarlo sbaglia, quindi si fa il contrario di come dici. Sono quelli del WTO, quelli della globalizzazione e della delocalizzazione.

Questa e' la guardia uscente, diciamo. Uscente perche' dietro a Bush c'e' Obama, dietro a Berlusconi ci sono Tremonti , AN e la Lega, eccetera.

Poi ci sono i nuovi nazionalisti. Russia, Cina, India, Brasile, tutti paesi che beneficiano troppo delle risorse nazionali per essere disposti a iniettarle in un circolo globale senza che il governo possa utilizzarle per perseguire i propri obiettivi di crescita.

Ora, e' inutile farsi illusioni. Trattati o non trattati, non appena Obama tassera' le aziende che maggiormente hanno delocalizzato, la parola d'ordine sara' "come back home". E quando negli USA si lancia una moda, seguono tutti. Gli americani sono anarchici quando si decide come andare in una determinata direzione, ma sono estremamente pecoroni quando si e' decisa la direzione: andranno tutti nella stessa.

A questo punto gli altri paesi WTO potranno denunciare violazioni, e inizieranno ad applicare delle rappresaglie. E faranno, cioe', la stessa cosa.

La vera incognita sara' capire in che modo Cina , India ed altri paesi che sinora hanno goduto di questo fenomeno reagiranno: diranno "come, ci avete rotto le palle all'infinito per entrare in questi meravigliosi mercati, e adesso che stavamo vincendo noi chiudete tutto?". Probabilmente piazzeranno dei dazi a loro volta, ma questo non fara' altro che acuire il fenomeno.

Insomma, la globalizzazione e' finita, ed iniziera' a vedersi gia' nella meta' del 2009, finiti i primi 100 giorni di Obama.

Questo produrra' diversi scompensi, su di noi. Alcuni abbastanza perniciosi nel breve e medio termine, a mio avviso positivi sul lungo termine.

Paesi come il Regno Unito e i paesi scandinavi, da tempo convertiti all'economia della carta, soffriranno parecchio il minor flusso di denaro liquido.  E sconteranno anche il calo dei commerci interatlantici che sta per iniziare. Poiche' nulla fa pensare ad un calo dei commerci con la Russia, c'e' da prevedere (come fanno i Francesi che gia' hanno ritrattato sui missili in Polonia) un aumento del ruolo economico della Russia in Europa rispetto a quello statunitense.

Ma il problema vero ce l'ha la UE. Perche' nella UE l'ideologia del globalismo e' divenuta istituzione, cioe' e' entrata a permeare la stessa istituzione. Tantevvero che abbiamo una banca e non una difesa. TAntevvero che abbiamo un commissario ai trasporti e non un sistema integrato di trasporti.

Oh, le cose non sono state sempre cosi'. Se effettuiamo un "carotaggio" dei trattati UE, notiamo che la UE sia nata essenzialmente con un meccanismo di quote. Quindi l'esatto contrario del "liberismo" e della "delocalizzazione".

Soltanto dopo, quando e' arrivata l'economia di carta e si e' iniziato ad adorare il dio mercato sono arrivati istituti come il "commissario alla concorrenza": il mutamento e' stato cosi' improvviso che non c'e' stato nemmeno il tempo di eliminare le croste del passato, e oggi abbiamo CONTEMPORANEAMENTE le quote latte ed il commisario per la concorrenza!

Questo fa capire come nella storia della UE si siano lentamente sedimentati approcci completamente diversi alle cose, e come l'incapacita' o l'impossibilita' di riformare il sistema abbia prodotto un mondo nel quale convivono delle regole artificialmente  restrittive del mercato ed un'istituzione che deve rimuovere regole artificialmente restrittive del mercato.

Ora, il problema sara' che da un lato tutti vorranno fare marcia indietro. Non appena gli USA inizieranno a tartassare le aziende che danno il lavoro in outsourcing, nonche' (come ha detto Obama) ad aiutare l'industria automobilistica finanziando la loro conversione a sistemi "verdi" , qui tutti vorranno fare la stessa cosa.

E quindi vorranno tornare ad una Unione Europea di impostazione "CEE", o perlomeno vorranno allegerire le regole che impongono di non aiutare le industrie.

Queste regole peraltro sono assurde, nel momento in cui si accetta di finanziare le banche: poiche' le industrie sono finanziate da banche, e le banche sono in gran parte della stessa nazione ove ha sede l'industria stessa, finanziare le banche significa, di fatto, finanziare l'industria. Non c'e' alcuna differenza.

In questo senso Tremonti ci sta marciando un pochino troppo con la storia del "le nostre banche non hanno bisogno di aiuto". E' perfettamente vero, ma dimentica sempre che le nostre banche finanziano le nostre industrie, e QUELLE si', hanno bisogno di aiuto. Sarebbe saggio, caro ministro, proporre aiuti pubblici alle banche in cambio di adeguati aiuti alle industrie principali , con la scusa della crisi. Come hanno fatto altre nazioni che hanno speso molto piu' di quanto non abbiano veramente rischiato di perdere con la crisi.

Ma come al solito, le strade troppo facili a noi fanno schifo e dobbiamo fare gli onesti in un mondo di delinquenti.

In ogni caso il concetto e' che per la UE stanno per arrivare tempi cupi. Se non accettiamo la litania della nazionalizzazione, e continuiamo a praticare l'outsourcing, saremo quelli fessi in un mondo di furbi. Le nostre industrie se ne andranno mentre quelle degli altri rimarranno in casa propria.

Se invece accettiamo la litania della nazionalizzazione, allora alcune "periferie" della UE, come la Romania, si vedranno tagliare i flussi di aziende che delocalizzano nelle loro case, e la stessa Turchia non avra' piu' alcun interesse a chiedere l'ingresso nella UE, visto che si propone come la nuova Romania che offre lavoratori a basso costo e imprese a zero tasse.

Tutto punta a porre fine al processo diformazione della UE?

No, non tutto. Avete presente gli "arianissimi", quegli stati come la Danimarca, l' Islanda, la Svezia, la Norvegia, che prima ci schifavano perche' non eravamo abbastanza ariani per essere degni di sederci con loro a tavola?

Ecco, gli "arianissimi" hanno appena preso una sonora sdentata da questa crisi, e iniziano a soffrire un pochino. E cosi' hanno deciso che alla fine si possono anche abbassare a convivere con noi negroidi del sud,  in cambio di qualche protezione anticrisi da parte del piu' potente Euro.

E lo stesso Brown, che rappresenta una nazione che NON si trova nell'eurozona, e' andato negli USA a dire che "la UE vigilera' attentamente contro chi dara' aiuti di stato alle proprie industrie". Cosa permette a Brown di parlare a nome della UE? E anche ammesso che possa , cosa gli fa pensare di essere cosi' avvantaggiato dalla posizione di una UE della quale non fa parte? La risposta e' semplice: anche Londra intende avvicinarsi, e una bella crisi e' il momento giusto per piegare gli indecisi.

Cosi' la UE si trovera' tra incudine e martello: il martello spingera' a rinazionalizzare le economie ed a riportare in casa gli investimenti industriali. L'incudine e' costituita dai nuovi paesi che inizieranno a fare dei referendum per aderire alla UE, all' Euro, e cosi' via.

In questo senso, stiamo correndo dei rischi: facciamo parte di una struttura pericolante e fragile, la quale si trovera' sottoposta ad uno stress strutturale notevole. Il tutto con una Polonia che dice sempre di "no" perche' il polacco medio non capisce un testo con piu' di un verbo,  una Romania che e' entrata nella UE per risucchiare investimeni e non dare nulla in cambio, un' Italia che non vede l'ora di tornare ad un'economia piu' nazionale e una Francia che vota "no" per paura dell'idraulico polacco.

In questo senso siamo in un guaio. Un guaio chiamato UE.