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Il tradimento del templare

di Franco Cuomo - 17/11/2008

Fonte: francocuomo


Perché parlare dei templari oggi? Perché tanto interesse intorno a un ordine
cavalleresco estinto sette secoli fa?
Per il mistero, per la leggenda che è nata dalla terribile fine di questi
eroici cavalieri? Non basta.
Per la crudeltà della tragedia che li travolse? Per le atroci torture cui
furono sottoposti prima di andare al rogo? Non basta.
E allora perché? Io dico paradossalmente per l'attualità del progetto che
essi intendevano realizzare, il cui fallimento determinò appunto la loro
fine. Una fine che possiamo considerare oggi come una battuta d'arresto
nell'evolversi della civiltà occidentale, con fatali contraccolpi nei
confronti della società islamica (ed ebraica). Una fine di cui si avvertono
oggi più che mai gli effetti.
Perché? Perché mai nessuna nazione, società, partito, fratellanza o lobby fu
mai tanto vicina quanto lo furono i templari alla realizzazione di una
pacificazione reale tra la cristianità e l'islam, i due blocchi contrapposti
dell'intero mondo allora conosciuto. Non attraverso una semplice alleanza,
ma attraverso un sincretismo filosofico e religioso che avrebbe accomunato
le tre grandi religioni monoteistiche in un unico affratellamento.
Ma come si spiega che guerrieri così determinati nella lotta contro l'islam,
nella difesa del Santo Sepolcro, così spietati in battaglia, potessero
essere giunti a concepire una simile utopia? Si spiega con la circostanza
che, diversamente dagli altri crociati, i Templari erano dei bordermen,
stanziali in Terrasanta. Ciò consentì loro di vivere prolungati periodi di
pace tra una crociata e l'altra, promuovendo intensi scambi culturali (e
politici) con i circoli più progrediti della società islamica (sufi, hassasi
ed ismaeliti).
Instaurarono in specie contatti con la setta degli "assassini", così
chiamati non per il consumo dell'hashish come si crede, ma perché
discendenti di Hassan, quindi "hassasi".
Facilitò questi contatti un'analogia ideologica e religiosa tra templari e
hassasi, che li rendeva in qualche modo eretici entrambi: i Templari per la
loro vocazione a una lettura profonda del vangelo di Giovanni, cioè il più
ermetico dei vangeli; gli Hassasi per una loro speciale interpretazione del
Corano. Entrambi ritenevano, in base ai loro studi, che una conoscenza
profonda della legge affrancasse dalla sua osservanza.
Ne derivò per i Templari l'ostentazione di certe forme di "santa
trasgressione" che procurarono loro pessima fama in Europa, tanto che ancor
oggi si dice in Francia e in Inghilterra "bere come un templare" per
indicare una scandalosa ubriachezza.
Anche la struttura gerarchica dei due ordini era così simile da sembrare
speculare, con un Gran Maestro da una parte ed uno Shayk al Jabal (o Vecchio
della Montagna) dall'altra, dotati di poteri illimitati.
E' significativo che negli stessi anni in cui si compiva in Europa lo
sterminio dei Templari, aveva luogo in oriente la persecuzione degli
Hassasi, egualmente per motivi di eresia. E' evidente che all'origine della
persecuzione c'è l'inammissibilità del progetto di una unione che avrebbe
compromesso ogni equilibrio preesistente, politico e religioso.
Ne conseguì per i Templari un processo di crudeltà inaudita, nel corso del
quale furono estorte con la tortura sconcertanti ammissioni, tali da
motivare accuse di eresia, idolatria, immoralità. Furono in particolare
accusati di adorare un idolo bifronte detto Baphomet (cioè Abufihamat,
"padre della comprensione" o "della verità") e di praticare riti blasfemi,
di carattere addirittura satanico. Ma non è del processo che ora dobbiamo
parlare, bensì del progetto che avrebbe dovuto portare al compimento della
grande utopia.
In che modo, con quali mezzi i Templari ritenevano di poterlo realizzare?
E' risaputo che le ricchezze dell'Ordine fossero immense. I templari avevano
fin dall'origine mostrato uno speciale talento bancario, soprattutto negli
spostamenti di capitali da un luogo all'altro, eseguiti con strumenti di
credito modernissimi. Ai templari si deve l'invenzione del travel-chek e
della carta di credito, concepiti per consentire ai mercanti e ai ricchi
viaggiatori di spostarsi da un luogo all'altro depositando i propri capitali
in una capitaneria templare per poi riscuoterli all'arrivo (pagando,
s'intende, una congrua provvigione).
A questa genialità finanziaria si erano poi sovrapposti i profitti della
guerra, coi tesori razziati in Terrasanta.
Era valso infine ad accrescere la portata di tali ricchezze un rigore
estremo nell'amministrazione dei beni del Tempio, tanto da far equiparare la
negligenza economica ai più gravi delitti, e alla stessa viltà in battaglia.
Ne sono scaturite pesanti dicerie sull'avidità dei templari, accusati
perfino di usura. Ma la verità è che i responsabili dell'Ordine avevano
piena consapevolezza della loro solitudine e della necessità di poter
contare sulle proprie sole forzein difesa dei territori cristiani
d'outremer. Si rendevano perfettamente conto, in altre parole, che in caso
di catastrofe militare sarebbero stati abbandonati a se stessi dai sovrani
d'Europa. Come di fatto avvenne.
Potrebbe sembrare sospetto che l'ordine dei templari, nato in funzione della
crociata e della protezione del Santo Sepolcro, abbia raggiunto l'apice
della propria fortuna militare ed economica dopo il crollo del regno
cristiano di Gerusalemme e il rientro in Europa.
Ma questo si spiega con il fatto che furono i soli in grado di provvedere al
trasporto dei grandi capitali dagli stati perduti di Terrasanta all'Europa,
rendendo un servigio fortemente ricompensato alle grandi famiglie, ai
mercanti, alle confraternite religiose e a ogni altra lobby della società
cristiana d'oltremare.
Si trattò della prima e forse più complessa esportazione di capitali della
storia, messa a punto grazie all'esistenza di una poderosa flotta templare,
ma anche grazie alla estensione del network universale del Tempio, autentica
multinazionale della fede. Sarebbe tuttavia ingeneroso affermare che il
ritiro dalla Terrasanta possa essersi solo risolto in una colossale
operazione commerciale: molti templari caddero al fianco degli Ospitalieri
nella difesa del Krak dei cavalieri, ultima poderosa fortezza cristiana in
Terrasanta, e ad Acri, sacrificandosi per consentire l'imbarco verso
l'Europa alla popolazione cristiana incalzata dall'armata musulmana.
Un arricchimento ulteriore per i Templari si registrò dopo il rientro in
Europa con nuovi investimenti, in specie prestiti alle case regnanti.
E' il momento in cui il loro progetto si spinge a considerare la fondazione
di una federazione di stati europei, o addirittura l'insediamento di un papa
templare sul trono di Pietro (ma questo è un altro mistero, che s'intreccia
con quello di Celestino V).
Ma è anche il momento che prelude al dies nefastus (il giorno nefasto, come
l'hanno chiamato alcuni storici). La notte del 13 ottobre 1307, con un
geniale colpo di mano dei servizi segreti di Filippo il Bello, architettato
dall'inquisitore Nogaret, vengono arrestati i vertici dell'Ordine, più
centinaia di cavalieri sparsi per le capitanerie templari di Francia.
Del processo e dei suoi esiti - e dei dubbi che ne sono derivati, tanto in
riferimento all'innocenza che alla pretesa colpevolezza dei cavalieri - si è
detto e scritto tanto. Non ne sono scaturite certezze assolute, né contro né
a favore dei condannati. Si deve tuttavia convenire su almeno un punto in
difesa dell'Ordine, ed è che un uomo che muore sotto la tortura per non
confessare i crimini di cui lo si accusa è infinitamente più credibile di
mille che per sottrarsi alla tortura confessano.

Ci furono tra i templari eroi e traditori, idealisti e trafficanti. La loro
tragedia insegna che non esiste nobile impresa, idealità, illusione del
tutto esente da errori, e forse talvolta bassezze - così come non v'è
bassezza ed errore che non possano essere riscattati da un nobile gesto.
In questo il bene s'intreccia con il male, il bianco con il nero, come nello
stendardo del Tempio.
Lo stesso gran maestro Jacques de Molay non seppe dare un esempio di
fermezza nella tempesta, ma fu lacerato da dubbi ed esitazioni, indecisioni
sul da farsi. Seppe però morire da uomo, con la coscienza liberata da ogni
peso. Seppe immolarsi come agnello sacrificale di una libertà negata. Ed è
per questo che c'è posto per lui nel grande libro del libero pensiero,
accanto a Giordano Bruno e a Thomas More, a Ramon Lull e ogni altra vittima
dell'intolleranza di qualsivoglia matrice, religiosa o politica

Una cosa è certa. Nel bene e nel male, i templari furono vittime del loro
sogno. Morirono liberi, vittime di una libertà negata.

Con il rogo dei templari finisce la storia e inizia la leggenda. Una
leggenda che s'intreccia con la ricerca del Graal e il ritrovamento della
Sindone, il lenzuolo in cui fu avvolto il corpo di Gesù, massime reliquie
della cristianità. Si sa per certo che alcuni templari si rifugiarono in
Portogallo, dove parteciparono alla reconquista iberica contro gli arabi.
Altri si rifugiarono in Scozia, dove si unirono ai clan nella lotta per
l'indipendenza scozzese. E' significativo che alla battaglia di Bannockburn
(nel 1314, l'anno stesso del rogo finale dei templari) gli inglesi vengono
per la prima volta battuti in campo dagli scozzesi, grazie all'intervento di
misteriosi imbattibili cavalieri dai bianchi mantelli.
Tutto lascia ritenere che siano stati i templari a incoronare Robert Bruce
re di Scozia, dando origine alla moderna massoneria di rito scozzese.
E' certa comunque una sopravvivenza segreta dell'ordine del Tempio nella
diaspora e nella clandestinità. Se ne riscontrano tracce nella storia e
nella letteratura, principalmente tra i rosacroce e nella massoneria.
La domanda che mi sono sentito più rivolgere in questi ultimi anni,
all'uscita di ogni mio libro è: Perché il Medioevo oggi? Che senso ha
parlare di antichi imperatori, più simili ai perduti re delle favole che a
governanti credibili? Che senso addentrarsi nei misteri della cavalleria?
Che senso riesumare fatti così lontani dalla nostra sensibilità, dalla
nostra realtà odierna, come il processo dei Templari?

Paradossalmente, io che scrivo di Medio Evo anche quando ambiento le mie
storie ai nostri giorni (perché io scrivo di oggi, di me, dell'uomo
contemporaneo, non del passato) in tutta sincerità rispondo: Per attualità.

Perché nulla è più vicino alla nostra realtà - e alla nostra sensibilità
odierna - dello spirito medievale, di certi comportamenti e dei fatti che
caratterizzarono l'evolversi della società occidentale dall'originaria
barbarie alla modernità.

Franco Cuomo
Il tradimento del templare
Baldini Castoldi Dalai