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Bush affonda nello scandalo Abramoff

di Cristiano Tinazzi - 14/02/2006

Fonte: Rinascita


I senatori Repubblicani che hanno bloccato a lungo il rinnovo del Patriot Act hanno annunciato giovedì di aver raggiunto un accordo con la Casa Bianca che di fatto rende cosa quasi certa l’approvazione da parte del Senato e della Camera dei Rappresentanti di Washington delle norme antiterrorismo. Lo riferisce il ‘Washington Post’. Il compromesso annunciato sulla legge - approvata dopo l’11 settembre 2001 per estendere i poteri delle forze di sicurezza federali facilitando il ricorso alle intercettazioni telefoniche, la consultazione dei registri di biblioteche e banche e le perquisizioni - è stato criticato da diversi democratici perché non contiene importanti salvaguardie in materia di tutela delle libertà civili. Gli stessi negoziatori repubblicani hanno ammesso di aver dovuto cedere alle richieste dell’amministrazione su diversi punti. Il testo però ha ormai dalla sua quasi tutti i 55 senatori del GOP (Grand Old Party) e numerosi democratici, tanti da consentire probabilmente la sua approvazione superando il blocco in Senato da parte dei ‘filibuster’ - i senatori di opposizione che ricorrono al diritto di ostacolare il passaggio della legge attraverso una sorta di ostruzionismo - che ha congelato per mesi il rinnovo della legge. La Casa Bianca riuscirà secondo i Senatori a convincere anche la Camera, controllata dai Repubblicani.
In Senato non manca chi lamenta di aver dovuto fare troppe concessioni: “Un gruppo bipartisan al nostro interno credeva veramente di poter fare di più...a tutela delle libertà civili pur garantendo alle forze di sicurezza strumenti importanti per condurre le inchieste nella lotta al terrorismo”, ha lamentato il Repubblicano John Sununu, spiegando di essere stato costretto, così come gli altri negoziatori, a fare più concessioni all’amministrazione di quante avrebbero voluto fare ma assicurando al tempo stesso che il Congresso veglierà negli anni a venire sull’applicazione della legge. Ma Bush, nonostante l’apparente vittoria sul ‘suo’ Patriot act’ al senato, si potrebbe trovare presto in bruttissime acque. Il motivo di tutto ciò è l’amicizia da sempre smentita con il lobbista in odore di mafia Jack Abramoff: il presidente degli Stati Uniti infatti aveva sempre decisamente smentito ogni tipo di rapporto con l’ambiguo l’uomo d’affari, nonostante il settimanale ‘Time’ avesse affermato di essere in possesso di almeno cinque fotografie che ritraevano i due insieme.
Ora lo stesso Abramoff racconta di avere incontrato il presidente americano una decina di volte negli ultimi cinque anni e di essere stato persino ospitato nel ranch di Crawford, privilegio concesso a pochi, nell’estate del 2003. La sua testimonianza si ritrova in una serie di e-mail che Abramoff inviò il mese scorso ad un giornalista del magazine ‘Washingtonian’, Kim Eisler. Bush, si legge in una di queste, “ha un ottima memoria, meglio di qualunque altro politico abbia mai incontrato, ci siamo incontrati almeno una decina di volte e abbiamo scherzato su molte cose, compresi dettagli sui miei figli”. Nella stessa lettera - scrive il Washington Post, che ne riporta alcuni passaggi forniti dal web log ‘Think Progress’ e confermati dallo stesso Eisler - Abramoff ironizza sul fatto che Bush abbia detto di non ricordare incontri con il lobbista, coinvolto in un caso di corruzione che ha colpito il partito repubblicano e che potrebbe avere ripercussioni alle elezioni di ‘midterm’ del prossimo novembre. “Forse ha dimenticato tutto - ha scritto Abramoff - Chissà!”.
Forse conviene dimenticare al presidente degli Stati Uniti un personaggio come Abramoff che pare essere implicato in situazioni poco chiare: dalla gestione di numerose case da gioco di proprietà di comunità indiane, i cui proventi sarebbero in parte finiti nelle raccolte fondi per le campagne elettorali di politici repubblicani (ma anche di qualche democratico) attraverso i PACS (political action committes) in cambio di favori, agli intrecci con la combattiva e ricchissima destra cristiana di Pat Robertson (il telepredicatore evangelico-guerrafondaio) e di Ralph Reed, capo della Christian Coalition, fino alla scalata data al Sun Cruz Casino insieme al repubblicano Adam Kidan, con il quale anni fa, in Florida, ha creato un impero di case da gioco galleggianti nella cui storia, vissuta all’ombra della famiglia Gambino, c’è anche un irrisolto omicidio eccellente: quello dell’ex proprietario, il greco Konstantinos ‘Gus’ Boulis. Ma non è finita qui. Qualcuno è disposto a giurare che Mohammed Atta e altri membri del commando suicida dell’11 settembre transitassero regolarmente in uno dei Casinò galleggianti di Abramoff, l’ultima volta solo cinque giorni prima di far saltare le torri gemelle. Una casualità? Può darsi, ed è casuale anche che il vicepresidente della Sun Cruz sia Rob Tiller, appassionato di aviazione, che sempre casualmente è stato socio di Wally Hilliard, il finanziere di estrema destra proprietario della scuola di volo (la Huffman Aviation) in cui si sono addestrati i presunti terroristi suicidi dell’11 settembre.