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I Signori del Mondo

di Paolo Emiliani - 14/02/2006

Fonte: Rinascita

 

Le cause vere delle guerre sono sempre complesse e quasi mai completamente rivelate alla gente. La storia o almeno quella cosa che vorrebbe assomigliargli e che si insegna nelle scuole o viene, peggio, veicolata attraverso la televisione (documentari e film di fantasia spesso non fanno differenza) ha quindi sempre proposto l’esistenza di un avvenimento scatenante.
E’ roba antica. Persino la guerra di Troia, tra mito e realtà, si vuole scatenata da una vicenda amorosa, un tradimento, ma se invece fu veramente combattuta ben altre poterono essere le cause.
Venendo ad anni meno remoti, si vuole attribuire la Grande Guerra all’attentato di Sarajevo, ma ogni storico vero sa bene che quel conflitto era giù scritto da tempo e non fu certo scatenato da un colpo di pistola. Per non parlare della Seconda Guerra Mondiale, per la quale le origini vanno ricercate nel terremoto scatenato sulla grande finanza planetaria da un modello socialista non marxista che si andava affermando in Europa.
Succede così, spesso, che chi veramente lavora per la guerra non sia poi quello che materialmente fa la prima mossa immediatamente riconducibile al conflitto. Insomma, la guerra sarebbe scoppiata anche se la Germania non avesse invaso la Polonia o, più probabilmente, questo è avvenuto proprio perché nella consapevolezza di una guerra inevitabile i tedeschi cercarono di conquistare un vantaggio.
E’ quindi indispensabile osservare e soprattutto decifrare i segnali, spesso deboli, che precedono le guerre.
Gli americani, che dal 1945 ad oggi sono praticamente stati sempre in guerra (a parte quelli più evidenti come Corea e Vietnam sono numerosissimi i loro interventi militari fuori dagli Usa) hanno ormai consolidato un modus operandi, soprattutto negli ultimi anni, che sembra quasi immutabile e quindi per questo più facilmente comprensibile.
Prendiamo, per esempio, la guerra contro l’Iraq. Ora i media addomesticati vorrebbero in qualche modo collegarla all’11 settembre, nuovo totem atlantico per giustificare ogni nefandezza, ma così non è, perché la prima aggressione contro l’Iraq venne scatenata, da Bush padre, ben dieci anni prima di quell’evento.
Allora la responsabilità della guerra venne attribuita all’invasione del Quwait, dimenticando che quella nazione non è mai veramente esistita, che quella è terra irachena da sempre e che venne strappata a Baghdad dagli inglesi per trasformarla prima in Deposito della Compagnia delle Indie ed infine concessa ad una casa regnante fasulla ed inventata per poterne mantenere il controllo nell’epoca post coloniale.
Gli americani, o meglio gli atlantici, visto che la loro combutta con la Gran Bretagna non è mai cessata, puntano al controllo completo del pianeta, vogliono imporre un Nuovo Ordine Mondiale ed un pensiero unico che impedisca ogni ribellione.
Per far questo hanno bisogno di ritagliarsi un ruolo permanente di “buoni”, anzi si ritengono la stessa incarnazione del Bene e per questo si sono autonominati sceriffi del mondo per combattere il Male, che poi altro non è se non i loro avversari o semplicemente popoli e nazioni che rifiutano di sottomettersi.
Era quindi Male assoluto la Jugoslavia di Slobodan Milosevic, che è ora addirittura sequestrato in Olanda per essere processato da un tribunale farsa asservito ai suoi aguzzini, anche se in quel processo spesso l’imputato è diventato l’accusatore e per questo le udienze proseguono con una lentezza esasperante, forse in attesa della morte “naturale” dell’imputato. Non a caso fanno da tempo circolare notizie ad hoc che raccontano “gravi malattie” di Milosevic.
Prima ancora, come raccontavamo, fu la volta di Saddam Hussein e del suo Iraq, reo di perseguire il sogno di un panarabismo socialista libero dalle ingerenze economiche e politiche americane.
Il vero momento di svolta è però rappresentato dall’11 settembre: il grande attacco contro l’America, il primo sul suo territorio.
Il fatto è che ad oltre cinque anni dall’episodio non esistono prove concrete circa la responsabilità e non esistono in realtà nemmeno versioni univoche sui fatti. L’aereo che si sarebbe schiantato sul Pentagono, questa è la storia che ci hanno raccontato a lungo, non è mai esistito ed ora in verità gli stessi yankee non smentiscono più la teoria della bomba, ma certo non ne parlano volentieri e poiché detengono il controllo quasi assoluto dei media la verità resta quella apparsa e riapparsa migliaia di volte sui teleschermi in quei giorni.
L’11 settembre ha un responsabile presunto, al Qaida, un grande regista, Osama bin Laden, ma in verità non esistono neanche prove concrete circa la reale esistenza dell’organizzazione; in quanto al saudita si conoscono invece assai bene i legami della sua famiglia con quella di Bush fino ai giorni immediatamente precedenti gli attentati.
L’11 settembre ha però permesso agli Usa di dichiarare guerra al “terrorismo internazionale”, gli ha permesso di chiamare “operazioni di polizia internazionale” le nuove guerre. Quella, immediata, perché da tempo pianificata persino nei tempi di esecuzione, contro l’Afghanistan e l’altra, quella contro un Iraq già stremato da dodici anni di embargo infame.
Bush ha persino fatto un elenco di “nazioni canaglia”, ovvero il programma delle guerre prossime venture.
Iran, Siria e Corea del Nord sono state le nazioni più direttamente minacciate. Altre, come il Venezuela, hanno subito persino tentativi di golpe ispirati dagli americani, ma Washington non è riuscita a trovare pretesti per un attacco mediatico in grande stile.
La Corea del Nord in un certo periodo è sembrata già nel mirino yankee, ma la sua determinazione alla difesa e la sua potenza di fuoco nucleare l’hanno salvata. Sì, perché gli americani amano le guerre esportate, ma la loro voglia di esportare “democrazia” si placa quando il nemico è in grado di rispondere al fuoco e la Corea del Nord sarebbe in grado di colpire le città della costa occidentale americana in caso di conflitto.
Ultimamente le mire militari yankee si sono così concentrate sull’Iran.
L’elezione democratica del suo presidente, avverso ad ogni concessione agli atlantici, non è piaciuta a Washington e da quel momento è iniziato un vero stillicidio di provocazioni.
E veniamo ai segnali “deboli” che dovrebbero indurci alla preoccupazione circa una guerra imminente.
La vicenda delle famose vignette satiriche danesi non è stata ben raccontata agli occidentali.
Intanto la faccenda è vecchia già di mesi, sono infatti apparse nel settembre scorso, scatenando le proteste di alcuni governi di nazioni islamiche, ma non suscitando le reazioni di piazza alle quali abbiamo recentemente assistito.
Forse non a caso quelle vignette sono state nelle scorse settimane ripubblicate, non solo in Danimarca, ma un po’ ovunque: qualcuno voleva scatenare a tutti i costi la reazione violenta, gli stessi che da tempo fomentano lo scontro di civiltà.
L’integralismo religioso che da tempo si va diffondendo nel mondo islamico sta diventando, inconsapevolmente (o consapevolmente in qualche caso specifico), un prezioso alleato degli atlantici perché la falsa libertà che si vive in Occidente è percepita come un valore assoluto da difendere ed in qualche caso persino da imporre ai popoli “selvaggi”.
Nessuno ricorda che in questa civilissima Europa, terra di libertà, esistono leggi che impediscono il libero pensiero. Persino nella patria dei Lumi, in Francia, esistono leggi che vietano ogni revisionismo storico sul cosiddetto olocausto. Nessuno ricorda che insigni storici, uomini di cultura e di pensiero come Zundel o Irving sono imprigionati per reati di opinione e molti altri da tempo subiscono ogni sorta di angherie per la determinazione a non abiurare le loro idee pur senza aver mai commesso un atto violento o aver incitato alcuno a farlo.
Per secoli in nome di una fede hanno bruciato eretici, che spesso erano soltanto uomini liberi, ed ora hanno cambiato i roghi, li hanno costruiti in modo più sottile, ma non è cambiata la sostanza, anche se poi l’assoluta libertà dei costumi (che non disturbano certo i manovratori) viene invece percepita come libertà vera.
E’ però diventato “giusto” andare ad invadere l’Afghanistan per liberare le loro donne dal burqa ed ora cercano di far passare il concetto che sarebbe giusto andare a far la guerra ovunque non venga rispettata la libertà di satira, confondendo “Striscia la notizia” o “Zelig Circus” con il diritto alla sovranità nazionale.
Nessuna concessione alle dimostrazioni di intemperanza, ma non cadremo mai nel tranello. La guerra all’Iran non si deve fare. Il diritto di quel popolo a scegliere il suo governo e la sua politica energetica (e quindi anche le centrali nucleari) è inalienabile.
I disordini diffusi post vignette hanno poi mandato un altro messaggio a molte nazioni oggi non inserite tra quelle “canaglia”: anche voi potreste essere nel mirino, anche voi siete “civilmente e democraticamente discutibili”.
Infine una domanda. Come mai in Arabia Saudita o negli Emirati, dove la tolleranza religiosa è prossima allo zero, ma è ferreo il controllo Usa, non c’è stata alcuna rilevante protesta?
Già, le cause vere delle guerre si comprendono anche e soprattutto dai dettagli.