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Corto circuito Occidente

di Carlo Gambescia - 14/02/2006

Fonte: lineaquotidiano.it

Il mito delle società multiculturali mostra la corda. Ma le nostre contraddizioni sono ancora più gravi

Martedì scorso, due giorni dopo
l’uccisione di padre Santoro, il
Corriere della Sera ha pubblicato
con grande rilievo in
seconda pagina le foto di “alcuni”
dei “cristiani uccisi” dal
1980 a oggi. Sorridenti, infondono nel lettore un
messaggio di serenità e tolleranza. Assai stridente,
con la foto di apertura in prima, che raffigura,
tra roghi da nuove notti dei cristalli, una folla
inferocita di islamici mentre dà l’assalto all’ambasciata
danese in Iran.
Di qua gli angeli di là i diavoli. Il senso del messaggio
è chiaro. Come pure il titolo che accompagna
le foto. Che riprende alcuni frasi dall’intervista
a un sacerdote egiziano,
docente a Roma e Beirut: «Il fanatismo
cresce, altri cristiani cadranno.
Ma il coraggio è meglio
del falso dialogo».
C’è poco da aggiungere. Il
politicamente corretto è in punto
di morte. Se il Corriere
della Sera, che in Italia ne
è il principale veicolo,
titola come un qualsiasi
foglio xenofobo è segno
che la situazione è sfuggita
di mano a tutti. A
cominciare dagli stessi
media abituati a celebrare,
appunto come politicamente
corretto, il
rispetto delle culture
altre e quindi il dialogo.
Indubbiamente il
caso delle “vignette satiriche
anti-islamiche” ha fatto da detonatore. Perché?
Di colpo i media hanno dovuto scoprire che
il dialogo tra le culture può diventare impossibile,
quando insorgono conflitti su questioni di
principio, non negoziabili.
Da un lato il diritto alla libertà di espressione,
così caro all’Occidente, dall’altro il sentimento
religioso dei credenti islamici. Da una parte la
forza dei diritti moderni, dall’altra quella di una
tradizione premoderna, che, e questo è bene sottolinearlo,
per i suoi fedeli non è antica né
moderna, ma più semplicemente eterna. “Preesiste”
all’uomo, e dunque anche ai diritti individuali.
Ma attenzione, anche la “religione dei diritti dell’uomo”,
nata nel 1789 (e quindi il conseguente
culto della totale libertà di espressione) ha valore
religioso per l’ Occidente. Anche i diritti dell’uomo
sono considerati, se non proprio eterni,
comunque “imprescrittibili” e “sacri”. E, come
talvolta si legge, addirittura presenti nel DNA
culturale della specie protetta e coccolata homo
occidentalis.
Non era perciò difficile prevedere che il conflitto,
tra due visioni così diverse ma “religiosamente”
motivate, avrebbe prima o poi scatenato forze
integraliste su entrambe le sponde. E in questo
senso la “coperta” del politicamente corretto,
intessuta di reticenze verbali, giochini lessicali,
beneficenze pubbliche, ipocrisie elettorali sul
voto agli immigrati, si è dimostrata “troppo corta”
nel momento in cui i nodi sono venuti al pettine.
Tuttavia i difensori dei diritti dell’uomo, e
in particolare i politici, avrebbero avuto
la possibilità, prima che la situazione
precipitasse di ricondurre la questione
del diritto di espressione dei
“vignettisti” danesi, nell’alveo di
quella “armoniosa” dialettica tra
diritti, così celebrata dai giuristi
liberali.Un circolo virtuoso, e per
scoprirlo basta sfogliare qualsiasi
costituzione, a cominciare da
quella americana, capace in
teoria di coniugare il diritto
alla libertà di pensiero con il
diritto al dovuto rispetto delle
varie fedi.
Grazie anche all’opera dello
stato di diritto, il cui unico scopo,
sempre in teoria, è favorire
la felice convivenza tra i diversi
diritti individuali. Ma qualcosa non
ha funzionato: i media si sono fatti prendere
la mano, dimenticando che in Medio Oriente
è in corso una guerra civile; le vignette hanno
fatto il giro dei giornali e delle Tv; i politici hanno
lasciato fare, permettendo che prorompessero
gli spiriti animali degli integralisti dei due schieramenti.
E purtroppo, secondo modalità differenti:
i difensori dei sacri diritti dell’uomo sui giornali
e a colpi di sondaggi di opinione, mentre i
difensori della “vera fede” islamica sulle piazze
e a colpi di pistola. E questo, certo, può fare la
differenza tra “noi” e “loro”.
Ma non rimescolare di nuovo le carte. Guantanamo
è ancora lì.
La violenza di “ritorno” non deve oscurare i veri
problemi dell’ Occidente. Che sono due: il rifiuto
di guardare dentro se stesso perché avrebbe
ormai scoperto la ricetta della felicità: diritti dell’uomo
e consumismo.
E di voler imporla gli altri.