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Tra Roma e i barbari il vero scontro di civiltà

di Franco Cardini - 02/12/2008

  
 
 
Franco Cardini analizza il libro La caduta di Roma e la fine della civiltà in cui Bryan Ward-Perkins sostiene la tesi di una forte cesura fra antichità e Medioevo: un’epoca segnata da forte flessione demografica, impoverimento diffuso e scomparsa delle caratteristiche cittadine della civiltà romana.
Cardini sottolinea che tale visione, in chiara opposizione con le tesi “continuiste” degli ultimi decenni, si basa soprattutto sull’analisi delle evidenze archeologiche e della cultura materiale. Per Cardini questo approccio va comunque integrato con l’analisi delle trasformazioni culturali e religiose che avvennero nell’età tardo-antica messe in luce da Peter Brown. Ma soprattutto bisogna ricordare che l’impero romano non “crollò” per l’arrivo dei barbari, bensì per una crisi interna, demografica e socio-economica e che sopravvisse a Oriente, sotto forma di impero bizantino, per tutto il Medioevo.


Che sollievo, che sollievo, è tornato il Medioevo. Per parecchi decenni un sacco di storici ‘buonisti’ e ‘continuisti’ ci hanno mortificato con le loro noiose teorie fondate sul mutamento graduale delle strutture antropologiche e dei costumi tra la ‘Tarda antichità’ e l’inizio del Medioevo, confondendoci le idee con tutte quelle storie sulle
‘invasioni barbariche’ le quali in realtà sarebbero state solo Völkerwanderungen, ‘migrazioni di popoli’, e con tutte le rasserenanti elucubrazioni sui sovrani romano-germanici in realtà innamorati delle memorie di Roma e imbevuti del suo culto.
Storie: anzi, storielle. Responsabili gli studiosi alla Peter Brown e la loro opera di cancellazione di termini come ‘decadenza’, ‘crisi’, ‘caduta’ – insomma, i termini-guida della vecchia visione d’un impero travolto dalle orde barbariche, quella messa in circolazione alla fine del Settecento da Edward Gibbon –, sostituiti da più morbide e rassicuranti parole, quali ‘transizione’ e ‘mutamento’. Invece no. La fine dell’Impero romano ci fu, eccome. E fu caratterizzata da una drastica flessione demografica, da un generale impoverimento, dalla perdita di quelle caratteristiche di vivibilità urbana, di cultura diffusa e di ordine che avevano impresso un segno speciale alla civiltà romana. La fine dell’impero fu la fine, se non della, perlomeno di una civiltà.
Abbiamo riassunto, con molta approssimazione, la tesi di fondo di un libro peraltro molto ricco e solido. V’è certo polemica, in questo La caduta di Roma e la fine della civiltà di Bryan Ward-Perkins, [...] che, nella sua traduzione italiana, è dedicato dall’autore alla memoria di Riccardo Francovich, uno dei fondatori dell’archeologia medievale. Del mio fraterno amico Riccardo, purtroppo immaturamente scomparso alcuni mesi or sono, ho ritrovato in questo libro molti tratti: la simpatia, l’entusiasmo, l’amore per la concretezza, il gusto per la scoperta e magari la voglia di polemizzare e di stupire, ma anche – e soprattutto – di capire e di far capire.
Sulle prime questo libro può portare fuori strada. In tempi di negazionismi vari e di più o meno plausibili conversioni alla teoria dello ‘scontro di civiltà’ [...] si è portati alla diffidenza. Ma, una volta letto questo libro con attenzione, ci si ricrede. Esso non è affatto un’apologia delle tesi dello scontro, anzi: molto attento ai tempi d’oggi ai quali spesso ricorre con molta misura ed efficacia, senza pedanteria, riesce molto bene ad esorcizzare le tentazioni di descrivere l’arrivo dei popoli soprattutto germanici che occuparono ed egemonizzarono la pars Occidentis dell’impero come la calata d’un branco di belve o di un’orda di bruti.
Ma la sua attenzione per l’archeologia e la cultura materiale lo conducono a non insistere tanto sulla crisi delle istituzioni e sui mutamenti religioso-culturali, quanto piuttosto sulle cose, sugli oggetti, sugli insediamenti, sui reperti. Ed ecco che dinanzi a noi si squaderna un mondo, quello grosso modo tra V e VIII-IX secolo, in cui la produzione seriale di oggetti di buona qualità, destinati a una società caratterizzata da un’alta qualità della vita, cede alla rozzezza e alla povertà; un mondo nel quale si perdono le capacità costruttive e gli edifici, anche i più importanti, divengono piccoli e maldestramente costruiti, quasi rifugi tirati su con pietre di riporto; un mondo nel quale le città si contraggono e tendono a scomparire e la gente si abitua a vivere tra i ruderi, mentre la violenza e l’insicurezza trionfano [...] Ci vorranno ancora molte generazioni, un deciso miglioramento climatico e un forte contatto con il mondo orientale prima che questa lunga crisi di civiltà dia l’avvio a una nuova sintesi.
Al di là del tono brillante e qua e là della vis polemica, siamo dinanzi a un libro serio ed equilibrato, che tuttavia non senza una punta di pessimismo ci presenta la fine dell’età classica e dell’Impero romano come la ‘bottiglia mezza vuota’: dimenticando che, come ribattono gli ottimisti, se essa è tale significa che a metà è piena, e non è poco. Soprattutto, difatti, va sgombrato il campo da un equivoco: il Medioevo come età di decadenza e d’impoverimento iniziò con le ‘invasioni’, ma non a causa di esse. I ‘barbari’ giunsero, non sempre comportandosi in modo educato, quando il processo di destrutturazione della civiltà romano-occidentale, avviato dalla crisi demografica, era già ormai irreversibile. Né si può dimenticare che l’Impero romano non cadde affatto nel V secolo: franarono le istituzioni ed entrarono in crisi i quadri socioculturali della sua pars Occidentis, che venne abbandonata al suo destino perché era impossibile fare altrimenti. Ma, arroccato attorno alle grandi metropoli del Mediterraneo orientale, l’impero sopravvisse ancora a lungo. Almeno per sette secoli: e il malvezzo secondo il quale lo si chiama
‘bizantino’ non cambia un bel niente.
Insomma, leggete Ward-Perkins, ma non dimenticate Brown. Sono le due facce della stessa medaglia. E magari, se volete recuperare il sereno, ben fondato, magistrale senso della ‘grande’ storia romana, rileggetevi la formidabile Fine del mondo antico di Santo Mazzarino, che esce in nuova edizione presso la Bollati Boringhieri. Mazzarino è grande anche quando sbaglia, diceva Arnaldo Momigliano. Che non era esattamente uno che regalava complimenti.

Bryan Ward-Perkins, La caduta di Roma e la fine della civiltà, Roma-Bari, Laterza, 2008, pp. 294, € 19.50.